Prepariamoci a gestire una ”economia di guerra”. Compito difficile eppure necessario: l’ammontare economico che si muoverà è immenso. Non c’è solo la proposta Von der Leyen degli 800 miliardi: la Germania di Merz (cancelliere in pectore: auguri a lui), al grido di «whatever it takes» di draghiana memoria, pone sul tavolo altri 400 miliardi di riarmi. In entrambi i casi i soldi non ci sono: ci penseranno i debiti sovrani a finanziarli. Il via libera di Von der Leyen viene con la proposta di 150 miliardi di prestiti agli Stati membri e lo scorporo della spese militari dai vincoli di bilancio per un totale di 650 miliardi di euro. Soluzione che sa tanto di maxiburocrazia: mi permetterei di far notare che il problema è restituire i debiti, non la regolarità delle poste di bilancio e l’autorizzazione a deroghe. E’ bene inoltre non dimenticare che questi investimenti riguarderebbero la difesa europea: i contributi alla NATO – con richiesta americana di aumentarli – sono aggiuntivi? Forse si. Si attendono chiarimenti.
In ogni caso la spinta ad un rimbalzo dell’economia sarebbe forte. In Italia le imprese del settore sono circa 140 – Leonardo in testa – e sono apprezzate nel mondo per la qualità del prodotto. Se ci aggiungiamo indotti e allargamenti dell’area produttiva l’impatto sul PIL sarebbe abbastanza forte. Ma c’è una importante concentrazione delle fabbriche di armi nelle mani di pochi grandi attori, che dominano il mercato nazionale. Questa concentrazione potrebbe aver implicazioni significative per la competizione e l’accessibilità del settore per le altre società. Oligopolio ed economia sociale non sono affini.
Questo capitolo è tutto da sviluppare non solo sotto l’aspetto della concorrenza. La distribuzione dei vantaggi che questo maxi-investimento produrrebbe sul PIL come si potrebbe trasformare in vantaggi per la collettività? L’aumento dell’occupazione potrebbe esserci (ma vi sono molti dubbi e i precedenti non convincono) ed anche il miglioramento della bilancia commerciale, se mantenessimo l’attuale livello di capacità di esportazione: molto alto perché, grazie alla loro costante ricerca e innovazione, queste fabbriche italiane si confermano un punto di riferimento internazionale. Ma ci fermiamo qui? Al di là delle solite sciocchezze come quelle della “tassazione degli extraprofitti” cosa altro si può mettere in campo per la distribuzione del reddito prodotto, magari ricordando che le maggiori imprese interessate sono a partecipazione statale?
I cagnetti parlanti del nostro amico Plebeo si domandano perché, anziché aspettare (non Godot ma Meloni) in Parlamento, ceux qui attendent non vadano anche loro per il mondo. Per capire. Concordo: e suggerirei di andare nella vicina Germania che, assieme ai 400 miliardi per il riarmo, si ripropone altri 500 miliardi di investimenti per infrastrutture e welfare. La Germania ha ampio margine di manovra fiscale, avendo Angela Merkel lasciato le finanze in ordine, con il debito di poco superiore al 60% del Pil. Nessun altro Paese del G7 ha simili numeri. Noi meno di tutti. Ma riusciamo a capire come fare per muovere, non 500 ma 50 miliardi? E come finanziarli? O ci limitiamo a guardare alla Francia che pensa ad una “tassa sui ricchi” e, com’è uso di Macron, dietro un’etichetta accattivante non mette nulla? E anziché accettare che ogni Paese trovi una sua strada, mettiamo finalmente sul tavolo cosa e come contrattare con la grande finanza? E riusciamo a farlo assieme, in Europa, anziché – ha ragione Veronese – votarci al suicidio da soli?
Si, perché dietro il vituperato – a buona ragione – Trump, vi è la finanza internazionale che si muove. Quella che non fa sconti e non si pone neanche il problema di un consenso sociale, ancor meno di una ventata di aiuto a situazioni inaccettabili. Quel potere che è invisibile ma pesa, eccome.
A proposito. Panama è diventata americana, come Trump aveva dichiarato sarebbe stato. Le truppe di assalto? Macché: se la sono comprata. Quella BlackRock che qualcuno finge che non esista (assieme all’Italiana Aponte ???) ha speso qualche miliarduccio ed ora gli USA controllano il canale. Il resto tra qualche mese.
La grande finanza: quella che metterà le mani sui capitali del riarmo dell’Europa. Per questa strada può comprare ben altro che Panama.
E la vera autonomia, per non dire libertà, da costruire è da questi. Sveglia!!!
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