“Mi addormentai povero e mi svegliai ricco”. Pisacane e l’aneddoto cinese su Mertens

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Questo club cinese era di proprietà dell’Atletico Madrid e avevano mandato diversi giocatori in Cina”, racconta Pisacane.

Vincenzo Pisacane, agente dei calciatori, ha raccontato alcuni aspetti della sua vita e della sua carriera. Prima di entrare nel mondo del calcio ha fatto diversi lavori prima, poi la decisione di mollare tutto per realizzare il sogno di diventare procuratore. 


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“I muscoli non te li fai il primo giorno, né li vedi al secondo… ci vogliono tempo, esperienza e costanza”, ha spiegato a “Codice 1% podcast”. “Ogni mattina mi alzo credendo di avere un rosso pazzesco sul conto. Perché? Per avere sempre l’enfasi giusta, la bava alla bocca per fare bene il mio mestiere. Gli inizi sono stati molto duri, ho dovuto barcamenarmi. Ma tutte quelle agitazioni e quelle sofferenze mi hanno insegnato tanto”.


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L’aneddoto su Danilo D’Ambrosio, il primo calciatore che ha creduto in lui. Il difensore passa al Torino all’Inter e tutto cambia: “Mi licenziai dalla Coca Cola, mia moglie mi disse che era incinta. Mi sono addormentato povero e mi sono svegliato ricco, mio figlio Giuseppe mi ha portato fortuna. In quel momento io ero un pesce piccolo – ha spiegato a Giacomo Freddi -. Tanti lo chiamavano dicendogli vieni con noi che ti portiamo in un grande club e lui non ha mai voluto cambiare. Ricordo ancora cosa mi disse: “Stai tranquillo che io inizio con te e proseguo con te”.

“Presi un biglietto con uno sconto particolare, al costo di 36 euro. Avevo il ritorno nello stesso giorno per risparmiare e non dormire a Milano. Parlai con Ausilio e Branca in un albergo segreto e io dissi che per me la cifra offerta come commissione era irrisoria e non mi interessava. Era di un milione e dissi di no e mi venne un magone così perché pensavo a tutti quei soldi. In seguito mi richiamarono e trovammo un accordo importante sia per me sia per il calciatore”.

Ed ha aggiunto: “Branca mi disse: adesso gli facciamo uno scherzo. E gli telefonarono in viva voce con me davanti, lui non sapeva che stessi ascoltando. Gli dissero che l’operazione non si poteva fare perché il suo procuratore faceva troppe richieste economiche. E lui rispose: a me la vita è già cambiata, 100 mila euro in più o in meno non fanno la differenza per me, ma se non cambia la vita anche al mio agente io non firmo. Era pazzesco quello che aveva detto… trovare una persona come lui è stato eccezionale”.

Poi sulla banca: “Quando andavo in banca era solo per pagare bollette. C’era un signore che mi guardava e mi diceva: che devi fare? Compila il foglio e poi vieni qua. Facevo sempre la fila poi un bel giorno mi accolsero in maniera diversa… Venni chiamato dall’istituto di credito e mi informarono che era arrivato un bonifico molto importante sul conto. Conobbi la direttrice che non avevo mai conosciuto… e mi chiesero: perché si mette fila? Che ci fa qua? Ma vada al private. Io andai su, al primo piano, e chiusi i conti perché non mi piaceva questo atteggiamento: non potevo pensare di essere trattato in maniera diversa, per me era una mancanza di rispetto e passai con un’altra banca”.

“Quando D’Ambrosio passò all’Inter suo padre aveva una Fiat Panda di 20 anni, gli dissi che mi avrebbe fatto piacere compragliene un modello più nuovo. Lui mi rispose: Non devi comprarmi nulla. Quello è il tuo lavoro, io con questa ci cammino e se la voglio me ne compro un’altra. È questione di mentalità e Danilo ha avuto questo tipo di educazione. Non s’è mai montato la testa, è rimasto umile… e non ce ne sono molti come lui in giro. Pensa che il mio primo Rolex me l’ha regalato proprio lui e lui stesso il primo acquisto importante lo ha fatto dopo anni di carriera all’Inter”.

Poi il retroscena su Mertens: “Mi chiamò un procuratore per chiedermi se fossi ancora in buoni rapporti con Dries. Lui era in scadenza con il Napoli. C’era una squadra cinese che lo voleva. Lo chiamai e lui disse che dipendeva anche da cosa voleva fare il club partenopeo. Parlammo dell’operazione, facemmo tutto. Questo club cinese era di proprietà dell’Atletico Madrid e avevano mandato diversi giocatori in Cina. Mi addormentai con i biglietti fatti e con una commissione da 10 milioni. Due dovevo darli a chi aveva fatto l’operazione, un milione il procuratore cinese e il resto era mio. Mi addormentai con 7 milioni in più, la mattina dopo mi svegliai per prendere il volo da Malpensa, ma l’operazione era saltata perché un giocatore non voleva spostarsi. Capita”.

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