i 13 mesi in Antartide del meteorologo di Arpa Liguria – SNPA – Sistema nazionale protezione ambiente

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È il luogo più freddo e inospitale della Terra, più simile per certi versi alla superficie lunare che a quella del nostro pianeta: il plateau Antartico a oltre 3mila metri di altezza e a 1.200 chilometri dalla costa. 

Eppure è proprio lì, tra temperature per mesi intorno agli -80 gradi centigradi (le temperature più basse in Antartide si registrano a luglio/agosto) e una lunga notte polare di ben 100 giorni, che ogni anno un gruppo di ricercatori vive per 13 mesi: a Concordia, la base di ricerca permanente italo-francese costruita grazie ad un accordo congiunto tra PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) l’Istituto Polare Francese Paul-Èmile Victor.

Il tutto per portare avanti fondamentali attività di ricerca nei campi più disparati: dalle osservazioni astronomiche al cambiamento climatico, dallo studio dei fenomeni atmosferici alla sismologia e geomagnetismo. Infatti l’ambiente antartico è particolarmente attraente dal punto di visto scientifico dal momento che i contributi antropici sono pressoché nulli (lunga notte polare per le osservazioni astronomiche, inquinamento atmosferico inesistente, condizioni estreme non replicabili da nessuna altra parte del pianeta.

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Il sole visto dalla base Concordia

Mario Lecca, sardo di origine ma genovese di adozione, meteorologo di Arpa Liguria dal 2017, da novembre 2023 a dicembre 2024 ha fatto parte della  trentanovesima missione estiva e della ventesima missione invernale a Concordia

Tredici i partecipanti, due i medici presenti, uno dei quali arrivato direttamente dall’ESA per studiare la capacità di adattamento dei ricercatori alle condizioni estreme dell’Altopiano Antartico, che, con le dovute differenze, ricordano quelle che potrebbe vivere un astronauta nelle future missioni sulla Luna o su Marte. 

“Siamo stati monitorati costantemente – racconta Mario – adattarsi non è facile, ma con i consigli giusti si può vivere bene anche in un luogo così ameno; devo dire che ci si ammala poco in Antartide, a quelle temperature e non resistono nemmeno i batteri”

Da gennaio a novembre c’è il cosiddetto ‘winter over’, quando l’isolamento alla base è completo. Le condizioni e le temperature sono talmente estreme che nessun mezzo è in grado di operare, anche nel caso di un’emergenza medica e gli aerei non arrivano e non partono più. Per questa ragione le selezioni sono durissime sia dal punto di vista fisico che psicologico.

La base è composta da due edifici circolari, sollevati dal ghiaccio sottostante e alimentati da un grosso generatore, più tre di emergenza.

 “Si tratta di due edifici sul ghiaccio – spiega Lecca– in una c’è un piccolo ospedale, i laboratori e le camere dei ricercatori. Nell’altra le officine, magazzini, una piccola palestra, la cucina e la living room con una biblioteca”.

“Le uscite giornaliere per raccogliere dati e informazioni sul campo possono durare al massimo 1-2 ore, non di più – continua il meteorologo – anche in presenza di temperature così estreme le attività esterne proseguono: il discrimine è dato dall’intensità del vento (oltre i 10 nodi/20 km/h infatti le attività esterne non essenziali vengono sospese) o dalla presenza di un fenomeno particolare, il whiteout. In questo caso la sospensione dei cristalli di ghiaccio nell’aria è così fitta che non si riesce a vedere nulla se non una coltre bianca tutt’attorno, perdendo quindi la capacità di orientamento.”

Queste attività possono essere svolte solo grazie a particolari indumenti realizzati appositamente per le missioni antartiche.

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Mario Lecca alle prese con i carotaggi

“Ci  sono attività da fare quotidianamente, e a causa delle condizioni estreme del plateau le giornate sono molto impegnative e già poche ore all’esterno risultano sfiancanti, così la sera normalmente ci si ritrova tutti nella living room, continua Lecca, dove è presente, oltre ad una grande libreria, anche un calcetto, un tavolo da ping pong ed un biliardino, per passare del tempo di relax assieme”. 

“Sono molte però le altre attività che vengono portate avanti a Concordia – continua il ricercatore – la natura da certi punti di vista è avara e inospitale ma gli spettacoli che regala sono sempre diversi e incantevoli. Ho all’attivo 20 aurore boreali viste e non dimenticherò mai la prima alba che abbiamo rivisto dopo 4 mesi di buio”

L’Antartide in generale e la base Concordia in particolare rappresentano dei favolosi laboratori a cielo aperto per tantissime attivitàInnanzitutto, l’analisi paleoclimatica è il cardine della ragione d’essere di Concordia, e sul plateau antartico i carotaggi di ghiaccio hanno già permesso di ricostruire il passato climatico del nostro pianeta fino a circa 800 mila anni fa con un progetto denominato EPICA. Proprio quest’anno invece si è conclusa una nuova campagna di carotaggi chiamata ‘beyond Epica’ che ha raggiunto la base di roccia a una profondità di 2800 m e si stima possa fornire dati per ricostruire il clima fino a 1.2 milioni di anni fa.

“È stata un’esperienza incredibile – conclude Mario – da cui ho tratto molti insegnamenti. Bisogne condividere e collaborare, è l’unico modo perché il lavoro di gruppo funzioni davvero e in quelle condizioni non si può scindere da questo paradigma. Si fanno poi amicizie e si stringono legami, nonostante la lingua ufficiale fosse l’inglese a fine missione si parlava un misto di francese e italiano, quasi come una vera e propria lingua che scherzosamente abbiamo battezzato ‘concordiano’.”

Aurora Arpal Antartide
Le aurore meravigliose dell’Antartide



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