Era arrivato in Venezuela con una ong francese. Arrestato il 15 novembre, di lui si è persa ogni traccia. L’appello della famiglia: “Confidiamo nello stesso impegno che ha portato alla liberazione della giornalista”
«Dal 15 novembre, mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito ed è stato fermato ad un posto di blocco insieme all’autista della ong Humanity e Inclusion, a parte scarse e informali informazioni nessuna notizia ufficiale ci è mai stata comunicata dalle autorità del Venezuela, né italiane. Di fatto, da quasi due mesi nulla sappiamo sulle sorti di Alberto. Siamo molto preoccupati, soprattutto tenendo conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità». Con questo appello, affidato all’associazione Articolo 21, la famiglia di Alberto Trentini, un cooperante italiano che operava nel Paese sudamericano dall’ottobre 2024, ha rotto il silenzio sul suo arresto.
Nessuna informazione ufficiale sulle accuse
Trentini, originario di Venezia Lido, è scomparso nel nulla, suscitando una crescente preoccupazione tra i suoi familiari, amici e colleghi. Impegnato nel sociale e stimato per il suo lavoro in favore delle persone con disabilità, il nostro connazionale era arrivato in Venezuela il 17 ottobre dove lavorava per un’organizzazione non governativa francese. Secondo le poche notizie filtrate finora dal Paese, il fermo è avvenuto a un checkpoint, dove era stato bloccato mentre si recava a Guasdalito, città situata nello Stato di Apure a ottocento chilometri dalla capitale venezuelana Caracas. Da quel momento, non sono state fornite informazioni ufficiali sulle accuse che hanno portato alla sua detenzione, contrariamente alle normali pratiche che richiederebbero la formulazione di un’imputazione formale.
La struttura di detenzione per dissidenti
Secondo indiscrezioni fornite da oppositori del regime di Maduro, si tratterebbe di accuse per «attentato alla sicurezza del Paese». Sul suo cellulare la polizia militare avrebbe trovato prove dell’appoggio all’opposizione che contesta il rieletto presidente Maduro. Dopo l’arresto Trentini è stato trasferito a Caracas, dove è attualmente “prigioniero” in una struttura di detenzione per dissidenti. L’assenza assoluta di notizie e di comunicazioni, persino da parte dell’ambasciata italiana, ha reso la situazione ancora più inquietante.
L’appello della famiglia al governo: tentare ogni sforzo diplomatico
Solo nelle ultime ore il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fatto sapere via social che ha fatto convocare per oggi (ndr 15 gennaio) l’incaricato d’affari del Venezuela per protestare con forza per la mancanza di informazioni sulla detenzione di Trentini e «per contestare l’espulsione di tre nostri diplomatici da Caracas. L’Italia continuerà a chiedere al Venezuela di rispettare leggi internazionali e volontà democratica del suo popolo» la sua rassicurazione. I familiari di Trentini e l’avvocato Alessandra Ballerini, che lo assiste legalmente, attraverso l’appello al governo italiano chiedono che si compia ogni sforzo diplomatico necessario per garantire il rientro in sicurezza del loro congiunto.
«Neppure il nostro ambasciatore è riuscito a comunicare con lui»
«Dal suo arresto, e cioè dal 15 novembre ad oggi, a quanto sappiamo nessuno è riuscito a vederlo, né a parlargli. Neppure il nostro ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi» sostiene la famiglia Trentini, chiaramente molto angosciata per questa drammatica vicenda, sottolineando che «fin dal primo giorno, è stato chiesto di poter comunicare con Alberto, di essere rassicurata sul suo stato di salute, sulla tutela dei suoi diritti fondamentali e che possa fare rientro in Italia il prima possibile».
Meloni e il governo adoperino con lo stesso impegno dimostrato per Cecilia Sala
Ma, ad oggi, nulla di tutto ciò è accaduto e nessuna notizia circa il destino di Alberto è stata riferita ai suoi genitori e al loro avvocato. «Questa assenza di informazioni non fa che accrescere le nostre preoccupazioni. È inaccettabile che cittadini italiani che si trovano a lavorare o visitare altri Paesi con l’unica finalità di contribuire a migliorare le condizioni di vita dei loro abitanti, si trovino privati delle libertà e dei diritti fondamentali senza poter ricevere nessuna tutela effettiva dal proprio Paese. Confidiamo che la presidente del Consiglio e i ministri interessati, si adoperino con lo stesso impegno e dedizione recentemente dimostrati a tutela di una nostra connazionale, per riportare presto, incolume, Alberto in Italia» lo sfogo finale dei familiari del cooperante».
L’interrogazione parlamentare
Anche in Parlamento si sono attivati per Trentini. Alcuni deputati del Partito democratico, tra cui Giuseppe Provenzano e Gianni Cuperlo, hanno sollevato la questione con un’interrogazione al ministro degli Esteri Tajani evidenziando «l’urgenza della situazione» e chiedendo che il governo prenda immediate misure per “attivare” il dialogo con le autorità venezuelane e garantire che siano rispettati i diritti fondamentali di «un cittadino italiano che stava svolgendo un’importante missione umanitaria» come si legge nell’atto depositato a Montecitorio. La famiglia di Trentini è particolarmente preoccupata per le condizioni fisiche di Alberto.
I problemi di salute e la necessità di medicine
Il cooperante soffre di problemi di salute e non ha accesso alle sue medicine, fatto che aumenta il timore per il suo benessere. Nel contesto venezuelano, dove molte persone rischiano la loro libertà e la sicurezza per aiutare la popolazione in difficoltà, la storia di Alberto Trentini è una conferma di quanto sia fragile la tutela per i cittadini stranieri nell’instabile Paese sudamericano. A fronte di ciò, appare fondamentale il supporto delle istituzioni nazionali per garantire la loro salvaguardia. È inaccettabile che un operatore umanitario, il cui unico scopo era quello di migliorare le condizioni di vita di persone vulnerabili, si trovi privato dei diritti più essenziali senza alcuna risposta da parte dei governi coinvolti.
Le tensioni tra Italia e Venezuela
La comunità italiana e le organizzazioni per i diritti umani seguono con attenzione questa vicenda, auspicando che il governo italiano agisca con urgenza e determinazione. La situazione è resa complicata dalla tensione tra i due Paesi. Venerdi scorso, nel giorno del controverso insediamento del presidente venezuelano, accusato di aver rubato con i brogli la vittoria alle elezioni di luglio e di soffocare con la violenza le proteste (finora 28 morti 200 feriti e 2.400 arresti), la premier Giorgia Meloni ha dichiarato che «non riconosciamo la proclamata vittoria elettorale e Intendiamo continuare a lavorare per una transizione democratica e pacifica». A queste parole, il giorno dopo, è seguita l’espulsione di tre diplomatici italiani. E il silenzio su Trentini continua.
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