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Una strigliata in piena regola. Cortese ma neanche troppo. Mittente: Palazzo Chigi. Destinatario: i ministeri e i loro funzionari. Sospettati di lavorare a rilento, troppo, e ingolfare così i lavori parlamentari. Pareri in ritardo, emendamenti incomprensibili, o uguali e dunque doppi, tempi che si allungano e l’agenda politica del centrodestra che si ingolfa alla Camera e al Senato. Mentre le opposizioni brindano. Ora il governo dice basta. Una circolare firmata dal ministro ai Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e dal sottosegretario Alfredo Mantovano è atterrata questa sera nella casella mail di tutti i ministeri. Tra le novità, ne svetta una: sarà il governo, anzi Palazzo Chigi, a decidere quali emendamenti parlamentari siano di “preminente interesse”. Accentrare le decisioni, stringere tempi e rituali dell’aula, con buona pace di eventuali (probabili) mal di pancia. Dettare l’agenda.
La circolare
A questo serve la circolare. Oggetto: “Coordinamento dell’attività normativa del Governo nelle sedi parlamentari”. Nei fatti, un duro richiamo all’ordine. “Sottoponiamo alla vostra attenzione alcune indicazioni dirette a superare le criticità riscontrate, principalmente, nel corso dell’iter parlamentare di conversione dei decreti-legge o di approvazione di provvedimenti legislativi con scadenze predeterminate”, scrivono Ciriani e Mantovano in premessa.
Segue un lungo cahiers de doléances rivolto ai funzionari e ai ministri puntualmente “desaparecidos” quando in Commissione la maggioranza chiede, talvolta implora entro i tempi un parere, un via libera che non arriva. “La prima criticità attiene al ritardo nell’invio dei pareri sugli emendamenti parlamentari, da parte delle singole Amministrazioni” si lamenta Palazzo Chigi nella missiva, anticipata da questo giornale. Quando anche i ministeri danno luce verde agli emendamenti in tempo, inviano i pareri, “sovente accade che essi non siano corredati da adeguate motivazioni ovvero delle relative relazioni tecniche predisposte dall’amministrazione con competenza prevalente o ancora che intervengano riformulazioni di emendamenti parlamentari durante i lavori della Commissione in sede referente”.
La stretta di Palazzo Chigi
Potranno anche sembrare quisquilie. Burocratese puro. Ma così non è. Perché la catena di ritardi, come è già accaduto in passato, ha effetti tutti politici. Ne sa qualcosa Ciriani che ha dovuto alzare i toni, lui che ha la reputazione del mite, per far approvare il milleproroghe due settimane fa, il maxi decreto con dentro un po’ di tutto, dalla riapertura della rottamazione quater allo stop alle multe per i no-vax.
Una piccola grande via crucis. Chiusa con una maratona di dodici ore in commissione, di un mercoledì, fino a tarda notte, con i capigruppo della maggioranza attaccati alla cornetta con i ministeri in un crescendo di telefonate: “I pareri dove sono? Quando ci fate sapere??”. Senza parlare della legge di bilancio, dove il caos regna (spesso) sovrano specie in dirittura d’arrivo, complici appetiti e ambizioni degli onorevoli in Parlamento intenti a piazzare un emendamento last minute.
Meloni chiede uno sprint
Di qui la strigliata a firma Ciriani-Mantovano. Che ora avvisano i dicasteri: il termine per i pareri deve essere “scrupolosamente osservato”, specie se l’emendamento in questione presenta “profili finanziari”. Tra le righe della circolare ecco un’altra novità. Sarà Palazzo Chigi, nella persona di Ciriani, d’ora in poi, a decidere prima quali emendamenti parlamentari siano “di preminente interesse del governo”. Questi, e solo loro, avranno “priorità nell’iter istruttorio”. In chiusura la lettera raccomanda “nel comune sforzo di meglio coordinare l’attività normativa del Governo anche nelle sedi parlamentari, di seguire le indicazioni sopra riportate e di garantire una costante presenza degli Uffici legislativi durante i lavori delle Camere a supporto del rappresentante del Governo”.
Insomma adeguarsi, e in fretta, alla stretta sulle regole. La firma non c’è, evidentemente. Ma la “strigliata” ai ministeri parte dal primo piano di Palazzo Chigi. Da metà gennaio, con la ripresa, Meloni ha tenuto una serie di riunioni con i sottosegretari e i capigruppo per chiedere di accelerare sull’agenda di governo in Parlamento. Riforme: giustizia, autonomia, premierato. E insieme i tanti decreti – troppi, sostiene qualcuno anche dentro l’esecutivo – da convertire. Se ci si mettono anche i funzionari distratti, o pigri, dei ministeri, non se ne esce più.
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