Smartphone: ecco come influenzano il rendimento a scuola

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Vantaggi ma anche svantaggi per i nativi digitali alle prese con la tecnologia. Ormai siamo abituati a vedere bimbi piccolissimi che fanno scorrere il ditino sullo schermo dello smartphone dei genitori. E questo anche se la ‘tata digitale’ è stata stigmatizzata dai pediatri, che raccomandano di non dareil telefonino ai bambini fino agli 8 anni, e di concederlo con forti limitazioni fino ai 12 anni. Adesso una ricerca italiana ci dice perché.

Gli studenti che hanno aperto un profilo social in prima media, dunque intorno agli 11 anni, ottengono punteggi mediamente più bassi nelle prove Invalsi di italiano e matematica rispetto a chi aspetta i 14 anni. Insomma, non sempre l’abilità tech dei nostri ragazzi si traduce in voti migliori a scuola. Anzi.

Lo studio

Ormai abbiamo le prove che l’uso precoce di smartphone e social media influenza il rendimento scolastico dei bambini. A dircelo sono i risultati dello studio EYES UP (EarlY Exposure to Screens and Unequal Performance), condotto su su 6.609 studenti dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, l’Associazione Sloworking, il Centro Studi Socialis (e con il finanziamento della Fondazione Cariplo).

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La ricerca ha analizzato il legame tra l’età del debutto con smartphone e social network e il rendimento scolastico, abbinando le risposte degli studenti a un questionario con i loro risultati nei test Invalsi.

I risultati

Ma quali sono gli effetti dei social network sulle competenze linguistiche e matematiche dei ragazzi? L’impatto negativo appare trasversale, ma è maggiore tra i maschi, in termini di capacità di concentrazione e di buoni risultati in italiano e matematica.

L’impatto sulla performance scolastica

“L’accesso precoce ai social network incide negativamente sulle competenze fondamentali”, ha sintetizzato Giovanni Abbiati, associato del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia e docente di Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro. “Gli studenti che iniziano prima, ottengono risultati peggiori a fine ciclo rispetto a chi aspetta i 14 anni. Il fenomeno è più diffuso tra figli di migranti e di famiglie meno istruite, e questo suggerisce che stiamo osservando un meccanismo che amplifica le disuguaglianze educative”.

Quando lo smartphone arriva prima di un libro

Il fatto è che gli studenti con genitori meno istruiti ricevono il primo smartphone in anticipo rispetto ai coetanei con background privilegiati. Gli studenti che debuttano prima su Instagram, TikTok e affini tendono a poi ad avere minori stimoli educativi a casa. E ancora, l’accesso anticipato ai social network è più diffuso tra i figli di famiglie migranti e con basso livello di istruzione.

Giovanissimi e smartphone

C’è anche da dire che ormai il telefonino è diventato una sorta di protesi dei nativi digitali. Oltre il 50% lo utilizza sempre appena sveglio e il 22% lo consulta con la stessa frequenza anche durante la notte, interrompendo il riposo. Inoltre il 51% ammette di usare lo smartphone durante i pasti in famiglia, sebbene solo il 10% lo faccia in modo sistematico.

Il 94% degli studenti inoltre utilizza Internet per cercare informazioni su argomenti di interesse personale, mentre l’83% legge notizie online e il 99% ascolta musica online e il 98% guarda video brevi su TikTok, Instagram Reels e YouTube Shorts, con un uso quotidiano diffuso.

Non solo spettatori

I nativi digitali non sono solo fuitori dei device: il 42% degli studenti crea contenuti propri, come video o musica e il 18% scrive testi online. C’è poi un approccio diverso tra maschi e femmine.

Le ragazze usano di più i social network e ci investono emotivamente di più. Risentendone anche in termini di benessere emotivo. Inoltre queste ultime riferiscono un utilizzo più pervasivo dello smartphone nella vita quotidiana, specialmente nelle interazioni sociali digitali.

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I ragazzi dal canto loro, utilizzano più frequentemente lo smartphone per videogiochi online e contenuti in streaming di lunga durata, come Twitch e YouTube. Ma proprio l’overdose di videogiochi può interferire con la concentrazione nello studio e con la gestione del tempo, rilevano gli autori dell’indagine.

Gli sviluppi

E adesso? Tornare indietro è molto difficile. Ma qualcosa si può fare, anche con l’aiuto della ricerca. Come ha spiegato Marco Gui, professore associato del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e coordinatore della ricerca, “dobbiamo ora lavorare per capire come favorire un uso più consapevole delle tecnologie digitali, attraverso nuove norme sociali, strumenti educativi efficaci e policy mirate”.



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