I partiti italiani in ordine sparso sul futuro dell’Ucraina e sul ruolo europeo

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Sulla politica estera. il ruolo dell’Europa sulla questione Ucraina e quello del governo non esiste unità e compattezza. Non esiste tra tutte le forze politiche come esistono divisioni anche in maggioranza e fra le opposizioni. In attesa del 15 marzo, giorno della piazza a favore dell’Europa proposta da Michele Serra, in diverse parti d’Italia si manifesta a sostegno di Kiev e del presidente Zelensky. L’iniziativa, lanciata da Carlo Calenda, ha il suo epicentro a Roma dov’è lo stesso leader di Azione a chiamare alla mobilitazione: “Ci siamo stancati di vedere leader europei e ucraini bullizzati da Trump e Putin. L’Europa deve ritrovare dignità e forza, altrimenti verrà schiacciata”. Ed è dalle ragioni di questa piazza che parte la proposta, annunciata da Calenda ai cronisti, di una “norma” che crei “uno scudo democratico per rilevare le interferenze straniere sui processi” decisionali, prevedendo una relazione trimestrale dei Servizi segreti. 

Il segretario di Azione Carlo Calenda (LaPresse)

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Con Azione ci sono, tra gli altri, +Europa e una delegazione del Pd. Non il M5S che, per voce di Giuseppe Conte, punta sulla sua di piazza, quella del 5 aprile, che sarà “contro l’Italia e l’Europa delle armi” a favore “dell’Italia e dell’Europa che investono in sanità e welfare”.  

Centinaia di manifestanti anche a Milano e a Torino per chiedere che Kiev entri nell’Ue. Diecimila, in tutto, secondo gli organizzatori. Dopo lo scontro tra Trump e Zelensky, il ruolo dell’Europa è al centro dell’agenda politica. Anche se i potenziali alleati di Schlein lo declinano in modo diverso. 

Il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte

Il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte (ANSA)

“Mi fa rabbia pensare che il governo sia andato in Europa a chiedere a una Commissione europea con l’elmetto di spendere più in armi e spese militari anziché in sanità. Dobbiamo fermare questo disastro”, osserva Conte. Mentre Calenda chiede l’aumento delle spese militari e un esercito comune. Da +Europa, Riccardo Magi punta il dito contro “la grande confusione nella maggioranza in un momento delicatissimo non solo per l’Ucraina ma per la sicurezza dell’Europa”. E “speriamo che su questo – è il suo auspicio – si compatti anche l’opposizione”. Se Angelo Bonelli rilancia la richiesta a Meloni di riferire in Parlamento prima del Consiglio Europeo straordinario del 6 marzo, dal Pd – che ha aderito ufficialmente alla manifestazione del 15 senza bandiere di partito – interviene Paolo Gentiloni. Per l’ex Commissario Ue, la premier “cerca di essere in sintonia con l’estrema destra americana sui temi identitari e ideologici, senza rompere con gli europei sulle questioni economiche e di geopolitica. Ma, con l’accentuarsi delle divisioni, stare in questi due binari diventerà impraticabile”. 

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Matteo Salvini

Matteo Salvini (Rai)

Nella maggioranza se Forza Italia puntualizza che sono Palazzo Chigi e Farnesina a dover dettare la linea in politica estera, a sera la Lega ribadisce il suo no al riarmo, perseguito da “Ursula von der Leyen e Macron“, e plaude invece al lavoro “per la pace” che sta facendo anche il governo italiano con l’impulso “di Donald Trump“. Toni più morbidi rispetto ai giorni scorsi e un riconoscimento all’impegno dell’Esecutivo per “tenere unito l’Occidente”, si evidenziano nella nota con cui via Bellerio non rinuncia, però, a schierarsi dalla parte del Tycoon che lavora per far cessare la guerra. La mattinata si apre con le parole del solitamente silente Massimo Garavaglia, leghista della prima ora: “Matteo Salvini fa il capo di partito e fa il suo mestiere e lo fa molto bene” ma “la politica estera deve vedere quantomeno la maggioranza senza fratture”, dice in tv il senatore leghista. Poi corregge un po’ il tiro, precisando che il suo non era uno strappo rispetto alla linea di Salvini o un monito al centrodestra. “Faccio notare che la maggioranza ha sempre votato compatta a differenza dell’opposizione che spesso si trova a votare in maniera difforme. Ma se parliamo di politica estera la maggioranza vota unita”. 

MInistro Antonio Tajani

MInistro Antonio Tajani (imagoeconomica)

Sotto la compattezza ufficiale del partito nei confronti del leader, nella Lega serpeggia però una certa preoccupazione, soprattutto per i dazi annunciati da Trump, da parte di militanti e parlamentari del nord. In particolare di Veneto e Lombardia, dove si concentrano molte imprese che vivono principalmente di export e subirebbero l’impatto più pesante per le nuove barriere doganali. Dubbi che però quasi nessuno vuol esternare. Meglio sarebbe – è il ragionamento che i leghisti più scettici fanno a taccuini chiusi – focalizzarsi invece sulla difesa degli interessi delle imprese e in generale sulle istanze locali, anziché sulle questioni internazionali. 

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Fratelli d’Italia resta distante, come spesso accade, dal duello tra azzurri e leghisti, anche perché sull’Ucraina, dato il momento delicatissimo, l’ordine di scuderia è quello di non parlare o di farlo il meno possibile. 



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