L’Europa e il Canada tamponano Musk e le sue Tesla

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La nuova posizione di spicco di Elon Musk, che assiste alle riunioni dei ministri di Donald Trump senza nemmeno essere passato dalla conferma del Congresso (il suo ruolo al Doge sarebbe in teoria esterno rispetto al gabinetto presidenziale), ne fa l’uomo più potente del mondo, dato che già di suo era l’uomo più ricco del mondo. Una posizione di tutto rispetto, certo, ma che gli sta attirando parecchie critiche in tutto il mondo, al di fuori e all’interno dei confini dei 50 Stati Usa.

LA PETIZIONE CANADESE CONTRO MUSK

A iniziare da quello che Donald Trump continua a indicare come “cinquantunesimo Stato del Nord America”, ovvero il Canada. Il caso infatti vuole che Elon Musk, nato a Pretoria, in Sud Africa, abbia anche la cittadinanza americana da parte di madre.

Oltre 230mila cittadini canadesi hanno aderito alla petizione lanciata il 20 febbraio scorso da Charlie Angus, deputato del Nuovo partito democratico (Npd). Il testo chiede al primo ministro Justin Trudeau di togliere a Musk la cittadinanza e il passaporto canadesi per presunte “attività contrarie all’interesse nazionale” del Canada.

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LA REPLICA DI MUSK CHE RISCHIA DI AUMENTARE LE ADESIONI

La sua vicinanza a Donald Trump che in questo suo secondo mandato ha preso di mira non solo il confinante a Sud degli Usa, ma pure a quello a Nord, spiega insomma questa ostilità di riflesso che sta colpendo Musk. Anche perché nella petizione si sostiene che Musk “ha usato la sua ricchezza e il suo potere per influenzare” le elezioni canadesi e il testo indirizzato a Trudeau identifica senza troppi giri di parole il patron di SpaceX, Tesla, xAi e le altre innumerevoli aziende come “membro di un governo straniero che sta cercando di cancellare la sovranità canadese”.

Musk in tutta risposta sul suo X ha negato che il Canada sia un “vero stato”, rintuzzando ulteriormente le polemiche canadesi, seguite da vicino dal New York Times. Il documento con ogni probabilità, data l’enorme adesione, sarà portato e discusso alla Camera dei Comuni canadese con l’obiettivo di interpellare il governo. Di norma la cittadinanza canadese si perde solo per gravi motivi ma il fatto che Musk, da cittadino canadese qual è, faccia parte di un esecutivo che mira all’annessione del Canada, potrebbe facilmente integrare anche qualche fattispecie penale di alto tradimento.

IN EUROPA BOICOTTANO LE TESLA

Al di qua dell’Oceano sembra più di una trovata passeggera e goliardica quella che ha visto la diffusione in Inghilterra di fasulli manifesti Tesla con il logo ritoccato “Theswasticar” e lo slogan “Da 0 a 1939 in 3 secondi”, a indicare l’anno in cui la Germania invase la Polonia mandando al macero proprio le speranze inglesi di appeasement tra Londra e la cancelleria nazionalsocialista di Berlino.

Che ci sia una rinnovata ostilità verso Tesla lo dicono ormai anche i numeri: mentre Musk attaccava attraverso il suo X il premier laburista britannico Keir Starmer, nel Regno Unito chi voleva acquistare una elettrica lo faceva salendo a bordo della rivale cinese Byd. L’azienda americana ha così immatricolato, per la prima volta, meno veicoli rispetto al suo concorrente cinese più agguerrito. Le vendite di Tesla sono diminuite di quasi l’8% in un mercato, quello delle automobili alla spina, che nel medesimo periodo invece è cresciuto del 42%.

LA QUERELLE TRA MUSK, SCHOLZ E STEINMEIER HA TAGLIATO LE GOMME A TESLA?

Allo stesso modo in Germania, in cui a livello politico si è dibattuto parecchio – e ai massimi livelli – su Musk dal momento che l’ex startupper è disceso nell’agone in modo prepotente, arrogandosene il diritto (che avrebbe maturato, a suo dire, avendo aperto la gigafactory Tesla a Berlino, peraltro mal digerita dagli abitanti della zona) al fianco del partito di estrema destra, Afd, le vendite di Tesla in Germania sono calate del 59,5% a gennaio, con solo 1.277 nuove immatricolazioni.

Anche qui in molti leggono nei numeri la volontà dei tedeschi di schierarsi contro i tweet di Musk che a fine dicembre hanno preso di mira prima l’ex cancelliere tedesco Olaf Scholz, quindi il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier: “Steinmeier – aveva scritto il patron di Tesla – è un tiranno antidemocratico! Si vergogni”. In Francia, dove invece non si sono registrate particolari ingerenze da parte dell’imprenditore sudafricano, le vendite del marchio sono comunque crollate del 63 per cento.

LEGGERE BENE I NUMERI

Attenzione, però: possiamo affermare con sicumera che il crollo delle immatricolazioni Tesla sia realmente indicativo dell’esistenza di un movimento che si sta diffondendo in seno all’Europa e che intende boicottare Musk? Probabilmente in quel tonfo c’è anche quello, ma occorre considerare la sussistenza di altre ragioni, tra cui l’estrema crisi in cui è precipitato l’intero settore dell’auto elettrica, la fine di scontistiche di particolare rilievo da parte di Tesla, eventuali difficoltà legate alla distribuzione del marchio e il fatto che se si raffrontano i dati anno su anno, il calo è fisiologico dato che la Casa texana a gennaio 2024 aveva totalizzato vendite per un altisonante +86,3%. Senza dimenticare, infine, che l’offerta cinese è più invitante che mai.

GLI SCIOPERI NEL NORD EUROPA

D’altra parte c’è anche da considerare che Tesla, soprattutto nel Nord Europa, è stata bersaglio di un’ondata di scioperi che si sono diffusi a macchia d’olio, dalla Svezia alla Germania, tra il 2023 e l’anno successivo. Nei Paesi mediterranei, tra cui il nostro, se ne è parlato assai meno, mentre nel dibattito politico più a Nord Elon Musk ha perso via via carisma e attrattiva. Una cattiva pubblicità che potrebbe aver intaccato anche il suo marchio automobilistico, in difficoltà (la quota di mercato di Tesla nel Vecchio continente è scesa dall’1,8% all’1%) non a caso anche nei Paesi scandinavi: in Svezia la domanda delle auto Tesla è crollata del 44% il mese scorso, mentre le vendite in Norvegia sono scese del 38%, come riporta il New York Times.

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IL PRECEDENTE CALIFORNIANO

Del resto, fanno notare gli analisti, anche se è ancora troppo presto per dire che Tesla inchioda per colpa di Musk, bisogna comunque considerare che chi è disposto a spendere più soldi del dovuto (le auto diesel e benzina costano infatti meno) per una vettura elettrica lo fa forte delle convinzioni personali etico-politiche. E rischia oggigiorno di scontrarsi con l’agenda Trump, che promette trivellazioni a tutto spiano garantendo una seconda giovinezza ai motori a scoppio tradizionali.

LE STAR DI HOLLYWOOD VOLTANO LE SPALLE A TESLA

Nei mesi scorsi questo malumore carsico era già arrivato alla luce osservando i dati di vendita Tesla in California, patria dell’ambientalismo patinato dei Vip che popolano le colline di Hollywood. Le immatricolazioni di nuovi veicoli Tesla sono scese dell’11,6% nel 2024, nonostante le vendite complessive di auto e camion elettrici siano aumentate dell’1,2%, secondo la California New Car Dealers Association. E non sono poche le star del cinema o del mondo della musica che hanno detto pubblicamente addio a X e a Tesla.

TESLA INCHIODA ANCHE IN BORSA

Se nelle ultime settimane dell’anno in Borsa il titolo Tesla aveva registrato una corsa alle sottoscrizioni sulla spinta dell’entusiasmo dovuto proprio al nuovo ruolo politico di Musk al fianco di Trump, con l’insediamento del tycoon e le prime mosse del duo, l’entusiasmo degli azionisti pare di colpo essersi smorzato. Il titolo è arrivato a un valore di 295 dollari per azione: rispetto ai massimi di 488 raggiunti a dicembre una inchiodata del 40%.

Parallelamente anche il patrimonio netto di Musk è sceso nelle ultime settimane: per il Bloomberg Billionaire’s Index oggi è di 349 miliardi di dollari, rispetto ai 486 miliardi vantati a dicembre 2024. Pare che governare al fianco di Trump sia costato a Musk per il momento 137 miliardi in circa due mesi. Come per i numeri delle vendite di Tesla in Europa, anche qui, però, bisogna stare attenti a non lasciarsi andare a facili interpretazioni: a fine febbraio 2024 il suo patrimonio ammontava a 213 miliardi di dollari, ovvero 136 in meno di quanti ne ha ora. A prescindere da come stanno le cose un azionista Tesla potrebbe comunque pensare che alle varie sfide del periodo (Trump che tuona contro le auto elettriche, la Cina che occupa ogni mercato, ecc…) la presenza di Musk nelle sale dei bottoni della Casa Bianca rischia di essere paradossalmente uno svantaggio e non un vantaggio per i propri affari.

LE INCHIESTE GIORNALISTICHE CHE DANNO FASTIDIO

Quel che è certo è che il nuovo ruolo politico sta mettendo Elon Musk sempre più sotto i riflettori dei media. Restando nei confini statunitensi, proprio nei giorni in cui Musk agita la sua motosega nel nome del risparmio – gesto a suo dire patriottico perché gli Usa rischierebbero altrimenti la bancarotta – il Washington Post passa ha allora deciso di passare in rassegna tutti gli aiuti di Stato ricevuti dalle imprese dell’uomo più ricco del mondo che oggi osteggia la spesa pubblica.

Ed è venuto un conteggio molto lungo, che va dal finanziamento del Dipartimento dell’Energia nel 2008 per il primo modello Tesla quando la Casa all’epoca californiana versava in serie difficoltà economiche, ai contratti governativi di SpaceX. In totale per il WP, tra contratti governativi, prestiti, sussidi e crediti d’imposta, le sue aziende avrebbero beneficiato di 38 miliardi di dollari dei contribuenti americani.

Di recente è saltato fuori che il governo Trump avrebbe deciso di non acquistare Cybertruck da Musk per non incorrere in fin troppo facili polemiche: inutile dire che si sarebbe trattato solo della punta dell’iceberg dato che i precedenti portati a galla dal Washington Post abbondano e dovrebbero rendere più difficile a Musk scagliarsi contro l’amministrazione pubblica definita a più riprese spendacciona.

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