Al secondo piano di un palazzo in via Verkhnij Val, in uno dei distretti centrali di Kiev, le porte dell’ascensore aprono direttamente nell’ufficio di Veteran Hub, un’organizzazione non governativa ucraina che assiste i reduci della guerra nel loro reinserimento nella vita civile.
Tutto sembra funzionare regolarmente, ma da oltre un mese, da quando si è insediato il presidente statunitense Donald Trump alla Casa bianca, il destino dell’ong è appeso a un filo. Veteran Hub, come altre migliaia di organizzazioni provenienti da 177 paesi, ha beneficiato degli aiuti finanziari destinati a progetti internazionali tramite USAid, l’Agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati uniti.
CON UNA DECISIONE improvvida, Trump e il suo capo al Doge Elon Musk hanno imposto un blocco immediato di 90 giorni su tutti gli aiuti esteri statunitensi, consentito pochi giorni fa dalla Corte suprema. Durante questo periodo, verrà effettuata una revisione per allineare gli interventi con l’agenda «America First» dell’amministrazione di Trump.
Per l’Ucraina significa una perdita enorme di finanziamenti: dal febbraio 2022 e dall’invasione russa, Kiev è stata la principale destinataria degli aiuti USAid, per un totale di 37,6 miliardi di dollari, di cui 2,6 in assistenza umanitaria, cinque in assistenza allo sviluppo e circa 30 in sostegno al budget interno.
Come molte organizzazioni, anche Veteran Hub è stata costretta a fermare alcune sue attività, come il servizio di supporto psicologico telefonico e la formazione di consulenti e specialisti in salute mentale. Circa 400 richieste di aiuto sono rimaste inevase quando la linea di assistenza telefonica è rimasta inattiva per una settimana dopo lo stop imposto dall’amministrazione Trump. «Le 400 chiamate senza risposta rappresentano persone in crisi, che avevano bisogno urgente di supporto», racconta al manifesto la co-fondatrice della ong, Ivona Kostyna, spiegando che lei e i suoi colleghi non hanno avuto altra scelta che sospendere la linea di assistenza per una settimana.
L’ong riceve circa 1.300 chiamate al mese, molte provengono da famiglie di soldati che hanno appreso della morte del loro caro al fronte. Altre chiamate sono di veterani feriti, che lottano per adattarsi alla vita civile o necessitano di supporto legale e burocratico. In alcuni casi, le richieste di aiuto possono fare la differenza per chi sta affrontando gravi problemi di salute mentale, tra cui depressione, ansia e disturbo post-traumatico da stress.
«Nessuno sa quale altra linea di assistenza queste persone abbiano potuto raggiungere e quale significato avesse per loro il fatto che la nostra fosse l’unica su cui potevano fare affidamento – continua- Il fatto che non siamo riusciti a rispondere è una perdita enorme, di cui non conosceremo mai l’impatto. Ci siamo presi la responsabilità di offrire aiuto a queste persone, e quella responsabilità rimane nostra».
A SOLI 17 ANNI, Kostyna ha sperimentato sulla propria pelle il dolore della perdita di un amico ucciso da un cecchino a Maidan, o Piazza dell’Indipendenza, a Kiev durante le proteste del 2014. L’impatto psicologico per quel lutto fu devastante. «Non pensavo nemmeno di cercare aiuto psicologico: era una possibilità che non mi sfiorava», racconta Kostyna, ricordando come le siano serviti sei mesi per recuperare una parvenza di normalità.
Con l’invasione della Crimea, diversi amici di Kostyna si arruolarono nell’esercito e lei iniziò a viaggiare per portare aiuti alle linee del fronte. Fu in quel momento che si rese conto che molti dei suoi compagni non comprendevano appieno la gravità della situazione che li attendeva. «Molti associavano la parola ‘veterano’ a un anziano della Seconda Guerra Mondiale, non a un giovane che andava dal fronte», ricorda Kostyna che oggi, come volontaria, offre supporto a chi sta affrontando le stesse difficoltà che ha vissuto undici anni fa.
Le ong hanno avuto un ruolo cruciale nel diffondere l’immagine dell’Euromaidan a livello internazionale: dopo la Rivoluzione della Dignità, con uno Stato indebolito dalla protesta, dalla corruzione e dalla guerra, il terzo settore è emerso come uno degli attori più forti nel panorama ucraino. E lo è tuttora.
Quando Veteran Hub ha aperto i battenti nel 2016, ha dovuto subito affrontare la difficoltà principale: il finanziamento. «Abbiamo imparato che per offrire sostegno a persone in crisi è fondamentale essere sostenibili e stabili. Una persona in difficoltà non può fare affidamento su chi non è stabile», ci spiega. Di fronte all’assenza di un intervento concreto da parte del governo ucraino (perché la maggior parte del bilancio statale va all’esercito), l’ong si è rivolta alla società civile.
Nel 2018 Veteran Hub ha ottenuto finanziamenti dalla Victor Pinchuk Foundation per avviare e sostenere il centro a Kiev che contava 25 volontari. Con il tempo, è emersa la necessità di espandere le attività anche in altre regioni dell’Ucraina, arrivando ad aprire un’altra sede a Vinnytsia, a 250 km dalla capitale.
Lo stop ai finanziamenti da parte di USAid potrebbe avere un impatto immediato sull’organizzazione, mettendo a rischio il 31% dei fondi garantiti. Per far fronte a questa situazione, l’ong ha nuovamente fatto appello alla società civile e alle imprese ucraine, lanciando una campagna di crowdfunding. In soli tre giorni, sono stati raccolti fondi sufficienti per garantire la continuità del centro per i successivi tre mesi, assicurando anche il sostegno economico ai dipendenti. Ma l’incertezza sul futuro rimane.
«DIECI ANNI FA, non eravamo preparati per una guerra nel XXI secolo in Europa, né avevamo capito come trattare i veterani di guerra in questa era», precisa Kostyna, che lancia un monito sulla necessità di rimodulare il sostegno psicologico per chi torna dal fronte.
«Questo è un insegnamento che altri paesi dovrebbero prendere dall’Ucraina: non solo su come combattere una guerra nel XXI secolo, ma anche su come accogliere i veterani di ritorno in un paese democratico. Mentre la Russia fallisce in questo, l’Ucraina ha sviluppato modelli di supporto efficaci che possono essere un esempio per altri paesi, specialmente quelli che sono realisti riguardo ai cambiamenti nell’ambiente di sicurezza europeo».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link