Libera NextGen PalermoSezione giovanile del presidio
1 marzo 2025
di Valentina Bruno, Nicole Contorno e Nino Morana
Palermo è una città movimentata, grande, multiculturale, piena di arte, quartieri, strade, profumi, rumori, persone, voci, storie. Siamo un controsenso vivente e lo scriviamo su ogni muro, lo cantiamo ai quattro venti: Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit, “Palermo conca d’oro divora i suoi e nutre gli stranieri”. Noi palermitani la critichiamo, ci lamentiamo, ma se qualcuno che non sa cosa significhi vivere qui osa dire una sola parola negativa, la difendiamo come non faremmo mai per nessun altro luogo.
Scopri Generazione Z, la rubrica de lavialibera a cura di giovani under-25
La memoria è una scelta
“Non abbiamo scelto dove nascere, né di crescere in un Paese dove la mafia esiste ancora. Però possiamo scegliere se girarci dall’altra parte o se metterci in mezzo”
Chi non la conosce bene come noi associa sempre e solo il suo nome ad alcuni dei momenti più tragici della storia del Paese: stragi, bombe, guerre di mafia, centinaia di persone innocenti uccise per le nostre strade. Purtroppo anche questi terribili e dolorosi anni sono parte della città e sono stati ricordati di generazione in generazione fino ad arrivare a noi. Studentesse e studenti, attiviste e attivisti palermitani, oltre al patrimonio genetico, dalle loro famiglie hanno ereditato questi pezzi di storia e noi li sentiamo vicini come se li avessimo visti con i nostri occhi. Non abbiamo scelto dove nascere, in che epoca vivere, quali storie ci sarebbero state consegnate. E non abbiamo scelto di crescere in un Paese dove la mafia esiste ancora. Però possiamo scegliere cosa farcene di tutto questo, se girarci dall’altra parte o se metterci in mezzo.
21 marzo, non solo commemorazione
Il 21 marzo è la giornata in cui questa scelta diventa collettiva. Quest’anno saremo a Trapani, una città che porta addosso il peso di troppi silenzi e troppe verità scomode. Saremo lì per dire che non vogliamo far finta di niente e che la nostra isola è sempre smossa da persone che vogliono parlare, raccontare, ricordare e agire per far sì che le cittadine e i cittadini non dimentichino quello che è stato. Per chi non lo ha mai vissuto, il 21 marzo può sembrare una delle tante giornate di commemorazione. Un corteo, dei discorsi, dei nomi letti al microfono. Ma se ci sei stato almeno una volta, sai che è diverso. Sai che quando quei nomi vengono pronunciati, non sono solo parole. Sono persone che qualcuno ha voluto cancellare, ed è proprio nel momento in cui li diciamo ad alta voce che li riportiamo tra noi. Quei nomi non ci appartengono, ma ci riguardano. Perché ognuna di quelle vite spezzate aveva scelto, in modi diversi, di non stare zitta, di non accettare un mondo in cui comandano i più forti, i più violenti, i più corrotti. Ricordarli non è nostalgia. È responsabilità. Ecco perché quel giorno leggiamo tutti i nomi delle vittime innocenti delle mafie. Uno per uno. Uomini e donne, magistrati, poliziotti, giornalisti, attivisti, ma anche bambini, ragazzi, persone che non c’entravano nulla e si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato.
21 marzo, dare dignità alle vittime. Quello che lo Stato non sempre fa
Vogliamo dire la nostra
“Abbiamo il desiderio di riscatto e ribellione che i nostri genitori trent’anni fa hanno avuto, ma le nostre voci spesso vengono sminuite, non vengono ascoltate o addirittura ridicolizzate”
Noi siamo “solo” studentesse e studenti, figlie e figli di questa terra e abbiamo manifestato e urlato a squarciagola per le strade di tutto il Paese, camminando fianco a fianco ad altri coetanei da tutta Italia. Abbiamo il desiderio di riscatto e ribellione che i nostri genitori trent’anni fa hanno avuto, ma le nostre voci spesso vengono sminuite, non vengono ascoltate o addirittura ridicolizzate. Ci chiediamo spesso cos’altro possiamo fare, oltre a tutto quello che proviamo a fare ogni giorno, e forse il 21 marzo è un megafono che ci da più credibilità, anche se noi l’abbiamo già, agli occhi di tutto il Paese.
Allora leggiamo di Nino Agostino e Ida Castelluccio, un poliziotto e sua moglie, uccisi mentre aspettavano un figlio. Lui indagava su pezzi di Stato che con la mafia non solo parlavano, ma trattavano. Leggiamo di Lia Pipitone, 25 anni, assassinata perché voleva essere libera, perché non accettava il ruolo che le era stato imposto da suo padre, boss dell’Arenella. Leggiamo di Giuseppe Di Matteo, rapito a 12 anni, tenuto prigioniero per 779 giorni e poi sciolto nell’acido per punire suo padre, un collaboratore di giustizia. Li leggiamo perché la mafia vorrebbe che nessuno li ricordasse. Li leggiamo perché le nostre voci sono le loro. Più lo facciamo più ci rendiamo conto che siamo l’unico contrappeso che può capovolgere la situazione per davvero. Quello che è stato fatto non si può disfare ma si può cambiare, è quello che Palermo e la Sicilia sanno fare meglio.
Siamo ragazze e ragazzi con vite normali, con la scuola, l’università, il lavoro, gli amici, il divertimento ma anche con una grande voglia di conoscere la propria storia. Ed è questo che ci tiene qui. Non la voglia di essere migliori degli altri, non il bisogno di sentirci giusti. Ma la consapevolezza che questa battaglia ci riguarda, e che abbiamo scelto da che parte stare.
Da lavialibera n° 31, È tempo di muoversi
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