”A Trento solo 5 dei 13 giudici di pace previsti. A novembre il sistema andrà in apnea quando ricadranno su di loro anche le cause condominiali”

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TRENTO. ”A Trento città sono presenti solo 5 dei 13 giudici di pace previsti in organico che al momento riescono a reggere il carico di lavoro. Oltretutto, di questi cinque, nessuno è a tempo pieno, ma prestano servizio per due giorni a settimana. E’ del tutto evidente che l’ampliamento di competenze porterà l’ufficio in affanno. Anche per questo, l’avvocatura civile è contraria all’assegnazione alla competenza del giudice di pace delle controversie condominiali e di parte della materia tavolare perché sono materie complesse, che richiedono specializzazione”. Questo l’allarme lanciato dal presidente dell’Ordine degli avvocati di Trento, Antonio Angelini, in vista dell’incontro che si terrà domani, 1 marzo dalle 10 alle 13, nella Sala delle Marangonerie del Castello del Buonconsiglio ”l’assemblea degli avvocati del Triveneto”. L’ufficio del giudice di pace di Trento, infatti, è destinato ad entrare in affanno a partire dal prossimo mese di novembre, quando la relativa competenza verrà ampliata sia in termini di valore economico delle cause sia per quanto riguarda le materie trattate, includendo tra l’altro le controversie condominiali e le esecuzioni mobiliari.

 

 

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Il richiamo del presidente dei legali di Trento arriva in occasione della riunione degli avvocati del nordest italiano che si terrà domani al castello del Buonconsiglio. “Il problema delle carenze di organico, negli uffici giudiziari di Trento, ha effettuato un salto di qualità – prosegue Angelini -. Non si tratta più e solo di riempire i posti in organico, ma di ampliare la pianta nel suo complesso. Siamo l’unico tribunale distrettuale in Italia che non ha né una sezione lavoro né una sezione immigrazione. E su un organico di soli 22 posti tra settore penale e settore civile vi sono, ad oggi, quattro scoperture. Al contenzioso lavoro è assegnato un solo magistrato in via esclusiva, mentre un altro lo tratta non in esclusiva. Per non parlare della sezione penale del tribunale: il numero ridotto di magistrati fa sì che, quando si celebra un processo con un alto numero di imputati che ha visto l’emissione di provvedimenti cautelari reali o personali, ci si trova a corto di giudici. Infatti, il giudice che ha partecipato alla decisione su una misura cautelare, ad esempio come giudice del tribunale del riesame, non può poi far parte del collegio che giudicherà il merito della stessa causa e diventa incompatibile”.

 

”Esattamente quello che è accaduto col processo “Perfido” per infiltrazioni della ‘ndrangheta calabrese in Trentino dove, per necessità, la corte d’Assise ha avuto come presidente un magistrato dirottato da Bolzano e come giudice a latere, un giudice civile – aggiunge Angelini -. Se è vero che nei prossimi due anni saranno assunti 2000 nuovi magistrati ordinari – spiega il presidente dell’Unione triveneta degli avvocati Andrea Pasqualin – ciò non risolverà ogni problema, poiché non basta coprire le attuali piante organiche, essendo proprio queste ultime che vanno riviste e ampliate per un doveroso adeguamento agli standard europei per numeri di magistrati rispetto agli abitanti. L’Italia è agli ultimi posti delle classifiche europee, con circa 12 giudici professionali ogni 100 mila abitanti, a fronte della media europea di circa 22 e con 4 pubblici ministeri per 100 mila abitanti a fronte dei circa 11 della media europea. Va più in generale rimarcata la diffusa situazione disastrosa degli uffici del giudice di pace, drammaticamente sotto organico e non più in grado di garantire un funzionamento accettabile. A Venezia ho recentemente avuto quattro rinvii al 2028: non credo che siano necessari particolari commenti”.

 

Sul fonte carcerario, il presidente trentino rilancia infine sulla richiesta di istituzione di un provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria “Il problema – spiega Angelini – è di vicinanza: l’organizzazione carceraria di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino alto Adige è centralizzata a Padova. E questo non è sufficiente: serve un provveditorato per la nostra regione in quanto il provveditorato si occupa anche del lavoro penitenziario e dei rapporti con gli enti locali. Si tratta di un’iniziativa che, a mio parere, può essere portata a compimento in base alle prerogative che abbiamo in forza dell’autonomia, attivando la commissione dei 12 per vedere se si riesce a riportare in primo piano il problema”.





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