È una maggioranza sempre più in difficoltà e sfilacciata. Il vertice dei capigruppo di ieri lo ha confermato, una riunione alquanto movimentata, «franca» per usare le parole di uno dei presenti. Il centrosinistra non riesce a trovare la quadra sui temi più “caldi”, nell’ordine: legge elettorale e norma sulle nomine regionali. Non c’è accordo su nulla, le posizioni delle diverse anime presenti in Consiglio regionale restano distanti.
Fumata nera
L’incontro si è chiuso con una fumata nera, si è deciso di gettare la palla in tribuna e prendere altro tempo. Servirà molta diplomazia per venirne fuori. Tanto più che, ieri, Azione ha messo altra carne sul fuoco: la posizione del M5s. I pentastellati hanno deciso, come ormai noto, di non rientrare in Giunta e di continuare a dare appoggio esterno al centrosinistra. Ma, questo il ragionamento dei calendiani, non si può stare oggi all’opposizione, sbandierando il tema della legalità, e domani invece entrare in coalizione andando cosi a togliere posti in Aula agli altri alleati. Azione ha posto un problema di «lealtà e coerenza»: chi non c’è oggi non può esserci tra sei-sette mesi. Una linea tutto sommato condivisa, in linea di principio, dai presenti, se non fosse che le trattative si faranno a Roma tra Schlein e Conte e la posta in palio non riguarda solo la Puglia, ci sono anche la Campania e la Toscana, dove il campo largo si è spaccato.
M5s a parte, ci sono due leggi che andrebbero cambiate ma il centrosinistra non ha dalla sua la forza dei numeri. Sul sistema elettorale ci sono posizioni molto divergenti: Azione e i civici chiedono che la soglia di sbarramento venga abbassata, passando dal 4 al 2,5%. Il Pd non ci sta, non ne vuole sentir parlare, però pretende di modificare la parte che riguarda le dimissioni dei sindaci candidati (la legge è stata impugnata ieri, ne parliamo nel pezzo accanto, ndr). «Se dobbiamo cambiare le regole del gioco, non si può soltanto accontentare le volontà del Partito democratico. Bisogna venirsi incontro e trovare un punto di equilibrio. Altrimenti lasciamo tutto com’è», commenta un esponente di maggioranza.
La doppia preferenza
C’è poi il tema della doppia preferenza: la proposta di legge è stata depositata e porta le firme di sole donne, fatta eccezione per il capogruppo del Pd, Paolo Campo. Cosa prevede? L’introduzione della doppia preferenza di genere e l’inammissibilità delle liste che non rispettino le percentuali del 60 e 40 nella presenza dei due generi. Chiaramente, se la proposta dovesse essere approvata, le possibilità di rielezione per gli attuali consiglieri regionali andrebbero a ridursi drasticamente. Già nel 2020 la pdl fu cassata. Questa volta potrebbe essere approvata, serve però il contributo dell’opposizione e pare che da Fratelli d’Italia ci sia stata un’apertura in questo senso.
Ieri, durante il vertice, si è discusso anche della legge che fissa i paletti alle nomine regionali nelle società controllate: la norma non è stata impugnata dal governo, nemmeno nella parte in cui viene vietato di scegliere tra i candidati al Consiglio regionale non eletti, i cosiddetti “trombati”. Le legge è stata approvata nel Consiglio regionale del 18 dicembre scorso, durante la sessione Bilancio, e riguarda modifiche alle procedure di nomine da parte della giunta regionale in agenzie ed enti. L’emendamento presentato da Antonella Laricchia (M5s) era stato prima approvato dall’Aula, poi dichiarato respinto sulla base di una interpretazione dello Statuto regionale, successivamente però riconosciuta erronea dall’Ufficio di presidenza: l’emendamento era stato quindi reintrodotto. Lo stesso governatore Michele Emiliano nel promulgare l’intera legge di Bilancio aveva inviato un esposto in Procura ipotizzando il reato di falso. Una mossa che ha creato un attrito con la presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone. Il centrosinistra, quindi, adesso è costretto a intervenire per modificarla, almeno nella parte dei “trombati”. Lunedì il capogruppo del Pd, Paolo Campo, contatterà Laricchia per cercare di trovare una intesa di massima su come intervenire sulla legge, senza cambiarne troppo il senso. Per la maggioranza, infatti, si pone l’ormai solito problema dei numeri in Aula: il gruppo del M5s ha più volte ribadito che quella norma non si tocca e senza i cinque voti pentastellati il rischio è che il centrosinistra non riesca a superare il test in Consiglio. Durante l’incontro la presidente Capone ha invitato tutti alla «responsabilità» e a chiudere al meglio questa legislatura. È stato anche invocato l’intervento del prossimo candidato governatore per sciogliere tutti i nodi: il messaggio verrà recapitato ad Antonio Decaro, che tuttavia sta giocando ancora a carte coperte.
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