Cacciato via. Nessun accordo, nessuna firma, nessuna pace. Solo un debordante conflitto politico e umano: la stizza del capo supremo che sbatte fuori della porta l’interlocutore che non si sottomette. “Stai giocando d’azzardo con la Terza guerra mondiale” è l’accusa di Donald Trump a Volodymyr Zelensky che, da leader di paese aggredito, rinnova la richiesta di una garanzia “cruciale” degli Stati Uniti per una pace vera, perché Vladimir Putin è “un assassino”, ricorda (mostrando foto di massacri).
L’incontro di Washington tra Trump e Zelensky per la supposta firma dell’intesa quadro con gli Stati Uniti per la ricostruzione dell’Ucraina – premessa al vero accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie di Kiev a vantaggio di Washington – si chiude con la defenestrazione del leader ucraino dallo Studio Ovale. Qualcosa di mai visto prima a livello diplomatico. La bullizzazione e delegittimazione del leader ucraino presunto “dittatore” e “comico modesto” già avviata da Trump e dai suoi bad boys (Vance, Hegseth, Waltz, Kellogg, Musk), a partire dal 19 febbraio, diventa esecuzione mediatica sotto gli occhi esterefatti del mondo. Una sequenza di attacchi verbali ai limiti dell’insulto, che dà la misura della visione dell’attuale amministrazione statunitense. Così certa della resa diplomatica ed economica della controparte da voler a tutti i costi imbastire una cerimonia di firma nonostante le distanze mai taciute da Kiev.
Convenevoli di rito, ma già sgradevoli. “Oh, guarda, è tutto vestito elegante! Oggi è tutto vestito elegante!”, esclama Trump indicando e sfottendo l’ospite (in felpa basic con stemma ucraino) fedele al look scabro, di impronta militare, scelto dal primo giorno del conflitto. Zelensky abbozza. La tensione è evidente. Trump è nervoso perché l’accordo quadro non contiene il riconoscimento di debito dell’Ucraina preteso dal tycoon per dare un segnale di forza e vantaggio al proprio elettorato. Zelensky è in ambasce perché si illude di poter ancora ottenere garanzie stabili di pace e protezione contro la prepotenza russa. “Non voglio un cessate il fuoco”, dice ripercorrendo il conflitto, perché Putin ha già “violato il cessate il fuoco 25 volte”.
I toni si scaldano. “Vedete l’odio che lui ha per Putin – replica Trump davanti ai media schierati –. Per me è davvero dura fare un accordo con quel tipo di odio”. Ma Washington sta con Kiev o con Mosca? “Non sono allineato con nessuno: solo con gli Stati Uniti e per il bene del mondo. Voglio che si arrivi a un accordo”, s’inalbera Trump. E accusa Zelensky di “non essere riconoscente”. Poi infiocchetta un brutale ultimatum: “O facciamo l’accordo o siamo fuori – è la minaccia di Trump a Zelensky, in pratica un’estorsione –, e se noi usciamo, dovrai vedertela da solo e non hai le carte. Stai giocando con la vita di milioni di persone, stai giocando d’azzardo con la Terza guerra mondiale”, è lo sguaiato addebito al presidente di un paese che sta provando a resistere.
Zelensky reagisce mantenendo la freddezza: “Non sono venuto qui per giocare a carte”. Il vicepresidente JD Vance partecipa alla resa dei conti: “Non si viene alla Casa Bianca a mancare di rispetto al presidente davanti agli americani”. L’ambasciatrice ucraina a Washington, Oksana Makarova, si accascia sulla sedia con la testa tra le mani. E Trump, ancora più minaccioso: “Non sei davvero in una bella posizione, ora”, dice all’ospite. Poi, consapevole che lo show non può proseguire, chiude il sipario: “Mi pare che le televisioni abbiano abbastanza materiale”.
A quel punto il padrone di casa intima al ministro degli Esteri Marco Rubio di sbattere fuori il leader ucraino. Il verdetto arriva via Truth: “Il presidente Zelensky non è pronto per la pace. Potrà tornare quando sarà pronto”. Il Cremlino gongola. Accordo sulle risorse ucraine rinviato sine die. Così come la fine del conflitto. “Mi hai fatto venire qui per umiliarmi”, rinfaccia Zelensky a Trump. Poi si congeda con un messaggio ambivalente su X: “Grazie America. L’Ucraina ha bisogno di una pace giusta e duratura, e stiamo lavorando esattamente per questo”. E dopo una giornata così, tutt’Europa si schiera con Kiev, mentre Washington fa trapelare la possibilità di uno stop immediato a tutti gli aiuti militari.
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