la denuncia di decine di poliziotti

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“L’Amministrazione della polizia e il Ministero dell’Interno ci hanno prima promossi con onore e poi hanno bloccato le nostre carriere”: perché alcuni poliziotti hanno fatto ricorso al Tar e al Consiglio di Stato.

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C’è chi è stato promosso con onore per aver arrestato importanti latitanti di mafia. C’è chi ha partecipato a un conflitto a fuoco salvando una persona che rischiava di essere vittima di un attentato mafioso ma anche chi ha salvato i passeggeri di un bus avvolto dalle fiamme. Ora decine e decine di poliziotti protagonisti di simili imprese stanno facendo ricorso al Tar del Lazio “perché l’Amministrazione della polizia e il Ministero dell’Interno ci hanno prima promossi e poi hanno bloccato le nostre carriere“.

Così in questi mesi il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato stanno vagliando i ricorsi di decine e decine di poliziotti. Ma cosa sta succedendo? Tutto parte da una promozione per merito (da assistente capo a vice sovrintendente) che però ha bloccato le successive promozioni.

Dalla promozione per merito alle carriere bloccate

I poliziotti coinvolti spiegano tramite una nota a Fanpage.it cosa sta accadendo: “Ci accomuna il fatto di essere stati promossi alla qualifica iniziale di vice sovrintendente per meriti straordinari, ovvero per aver compiuto operazioni di servizio di particolare importanza dando prova di eccezionale capacità correndo grave pericolo di vita per tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica“. Quindi “siamo dunque, poliziotti che abbiamo ottenuto questo beneficio per aver messo a rischio la nostra incolumità partecipando a pericolose operazioni che hanno permesso il raggiungimento di risultati di eccezionale rilevanza, garantendo lustro all’Amministrazione“.

La loro carriera – ovvero la promozione ai successivi gradi di sovrintendente, sovrintendente capo, vice ispettore ecc – sarebbe stata bloccata da questioni burocratiche e procedurali della Polizia. Chi era stato promosso con merito, nei successivi concorsi sarebbe sempre stato svantaggiato e scavalcato – così denunciano – da chi aveva meno titoli e da più giovani.

Lo spiegano i poliziotti, assistiti dall’avvocato Alessandro Scalia di Palermo: “Siamo stati promossi per merito straordinario, ottenendo la nomina con effetto dalla data del verificarsi dei fatti. Noi eravamo stati promossi al ruolo di sovrintendenti per merito straordinario e che già svolgevamo da anni le relative mansioni, ci siamo visti ingiustamente scavalcati in termini di anzianità giuridica, e quindi di progressione di carriera da altri colleghi, provenienti da qualifiche inferiori e spesso più giovani“. Alla base ci sarebbero dei decreti ministeriali che avrebbero sfavorito gran parte dei poliziotti promossi per merito. Costringendo questi a fare ricorso al Tar e successivamente alla Corte Costituzionale che nel 2020 ha riconosciuto una illegittimità costituzionale.

Perché la decisione della Corte Costituzionale è stata inutile

Con la sentenza della Corte “credevamo – spiegano i poliziotti – che la disparità di trattamento ai nostri danni fosse finalmente finita e, così, confidando nella nostra Amministrazione, abbiamo presentato la richiesta di retrodatazione della nomina per beneficiare di quello che la Corte Costituzionale aveva affermato come un nostro sacro santo diritto“. Il Ministero dell’Interno avrebbe cercato di risolvere l’intoppo nel 2020 facendo uscire un concorso per titoli per la copertura di 2662 posti di vice ispettori riservato al ruolo di sovrintendenti.

Ma anche in questo concorso chi era diventato vice sovrintendente per merito d’onore è rimasto svantaggiato: perché da “una parte tutti noi promossi per merito straordinario alla qualifica di vice-sovrintendente abbiamo ottenuto punteggi inferiori a quelli ad essi spettanti per i titoli di servizio. Dall’altra alcuni di noi sono stati danneggiati anche nella misura in cui non abbiamo potuto concorrere all’aliquota del 50 per cento dei posti riservati ai sovrintendenti capo“.

“Abbiamo frequentato inutilmente un corso di formazione”

E la storia continua. Da qui il ricorso al Tar del Lazio che avrebbe dato ragione ai poliziotti. Ma ancora una volta “la pronuncia del giudice amministrativo è stata ignorata dall’Amministrazione“, ribadiscono i poliziotti. Non solo: il Tar gli avrebbe anche ammessi al corso di formazione per ispettori. Corso che è stato frequentato, nonostante il Ministero avesse provato senza riuscirci ad appellare l’ordinanza del Tar al Consiglio di Stato: “Quando abbiamo finito il corso attendevamo di essere ammessi nella funzioni di vice ispettori ma così non è stato“.

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Per questo i poliziotti si sono rivolti a Fanpage.it:

Ora ci chiediamo, conclamato e accertato l’errore dell’Amministrazione nella gestione di tutte le procedure concorsuali che hanno generato questa assurda disparità, per quale motivo debbiamo essere noi a pagare, mentre chi ha sbagliato e aveva il dovere di rimediare continua a progredire nella propria carriera incurante del danno provocato? Ci saremmo aspettati che l’Amministrazione e il Ministro dell’Interno, preso atto dell’errore, come più volte promesso, ponessero fine a questa annosa vicenda, mettendoci alla pari di quei colleghi che loro malgrado, grazie ai concorsi in questione, nel giro di pochi anni, scavalcandoci nel ruolo, si ritrovano oggi a rivestire la qualifica di Ispettori della Polizia di Stato, mentre noi poveri malcapitati ci ritroviamo a non poter progredire e rimpiangere quei gesti “eccezionali” che ci hanno prima eretti “eroi” portando lustro all’Amministrazione e poi pregiudicati a vita. Malgrado tutto, a testa alta continuiamo a servire con orgoglio il nostro Stato sperando che qualcuno faccia riconoscere il nostro diritto, che non richiederà nessun ulteriore impegno economico per i contribuenti, oltre a quello ingente già utilizzato per la nostra formazione.





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