La fuga dei sovranisti dall’Organizzazione mondiale della sanità

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La 156esima sessione del Comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), tenutasi a inizio febbraio a Ginevra, ha inesorabilmente subito i contraccolpi sismici di uno degli ordini esecutivi più simbolici firmati da Donald Trump nel giorno della sua investitura: quello che sancisce l’uscita degli Usa dall’istituzione.

Il timore era nell’aria, man mano che la rielezione di Trump si profilava come più che realistica. Nel 2020 Trump aveva già notificato una prima decisione di uscire dall’Oms, poi neutralizzata da Biden. Le accuse allora rimandavano alla cattiva gestione della pandemia da Covid-19; l’incapacità dell’Oms di adottare riforme “urgentemente necessarie”; l’assoggettamento a “inappropriate forme di influenza politica degli Stati membri”. Il decreto emanato a gennaio rinnova l’iniziativa sferrata in piena pandemia.

È il primo passo di una fuga Usa dal sistema Onu che -dopo Oms e Consiglio dei diritti umani- investe più luoghi del multilateralismo. A inizio febbraio gli Stati Uniti si sono ritirati dal nuovo negoziato per una convenzione globale sulle politiche fiscali avviato a New York.

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Che possa trattarsi di un colpo definitivo, come quello sferrato alla Società delle Nazioni dopo la Prima guerra mondiale, è difficile sostenerlo. Al contrario dell’inizio del secolo scorso, la comunità internazionale oggi comprende 194 Paesi. Le possibilità di assorbire lo shock ci sono, anche finanziariamente, con una risposta collettiva forte e decisa.

Invece le sirene della fuga ammaliano altri, portandoli all’emulazione. L’Argentina ha già comunicato all’Oms la sua uscita, l’Ungheria medita di seguirla, voci di corridoio intercettate a Ginevra alludono ad altri Paesi -Russia, Nicaragua, Guatemala- prossimi in uscita. E poi c’è l’ineffabile manipolo di parlamentari della Lega che in Senato e sui social impazzano per chiedere il ritiro dall’Oms dell’Italia. La Regione Lombardia ha varato una mozione per una exit strategy da Ginevra, iniziativa surreale, solo pensando all’inadeguatezza della risposta lombarda al Covid-19, un caso di studio ormai.

La domanda è inevitabile. Perché tanto accanimento, tanto veleno contro l’Oms, “inutile stipendificio” secondo Salvini (pontifica il parlamentare europeo con record di assenteismo)? Questa spinta centrifuga è il sintomo di un “long-Covid” politico diffuso tra governi che si trovarono allora impreparati a gestire un virus ripetutamente annunciato, mentre l’Oms affrontava le fasi iniziali dell’emergenza, debole e sottofinanziata.

ll budget dell’Oms è di 4,9 miliardi di dollari. Per il biennio 2024-2025 era pari a 6,8 miliardi. È stato ridotto a causa del ritiro degli Stati Uniti

I focolai infettivi sono sempre bestie intrattabili. Nel 2020 governi e capi di Stato ignorarono Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell’Oms, che già il 30 gennaio allertava sulla gravità internazionale del nuovo contagio. Ignorarono anche le indicazioni del gruppo scientifico dell’Oms sulla necessità di condividere subito la conoscenza tra i centri di ricerca, in barba ai brevetti, per affrontare l’infezione sconosciuta e montante. Le cose andarono diversamente, qualcuno forse ricorda. E forse ricorda anche che i governi più ostili all’Oms oggi, all’epoca oscillarono tra negazionismo e sovranismo sanitario nei primi decisivi mesi di Sars-CoV-2, dilatando la strada alla pandemia.

La questione è che il terreno della salute, fertile di ricostruzione della convivenza subito dopo la Seconda guerra mondiale, poggia esistenzialmente su principi e forme operative -cooperazione internazionale, solidarietà, reciprocità- in collisione frontale con il piglio immobiliarista di nazionalismi, gerarchie di popoli e diritti. L’internazionale sovranista si scaglia contro il diritto alla salute in nome di una libertà estrattiva, egoista, caotica, inconsapevole di lanciare boomerang contro sé stessa. Purtroppo, oltre alla retorica recitativa sulla centralità dell’Oms, a Ginevra si è discusso poco dell’impatto sanitario della decisione statunitense. E nel frattempo non si vedono cavalieri bianchi pronti a salvare l’agenzia.

Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development

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