Ore d’ansia. Papa Francesco ieri pomeriggio ha avuto di nuovo un’altra crisi respiratoria, stavolta meno grave della prima, quella terribile che aveva pesantemente segnato la giornata di sabato 15 febbraio, tuttavia ugualmente importante.
Da non sottovalutare. Come una spia che improvvisamente si è andata ad accendere e che forse non ci voleva. E dire che la mattinata era trascorsa bene, Bergoglio aveva riposato tutta la notte, aveva fatto colazione, letto i giornali in poltrona ed era andato in cappella a pregare senza trascurare di prendere l’eucarestia, come fa ogni mattina. Poi erano arrivati i fisioterapisti per continuare le cure previste.
GUARIGIONE
Appena dopo pranzo si sono consumate, invece, autentiche ore di paura ed è chiaro che il percorso verso la guarigione che è stato avviato con la nuova cura si sta presentando più complicato del previsto. Il bollettino dei medici diffuso dal Vaticano in serata spiega nel dettaglio, senza tralasciare nulla. Dapprima c’è stata «una crisi isolata di broncospasmo», che probabilmente per la sua violenza ha «determinato un episodio di vomito con inalazione e un repentino peggioramento del quadro respiratorio». Sono immediatamente intervenuti i medici per avviare l’aspirazione, con la raccolta delle secrezioni bronchiali, certamente anche con lo scopo di isolare e identificare i microrganismi delle infezioni in corso. A questo punto al decimo piano del Gemelli non restava che avviare di nuovo la ventilazione meccanica ad alti flussi di ossigeno. I medici sottolineano però la «non invasività» del procedimento (per intenderci non è stato intubato) e questo ha comportato subito «una buona risposta sugli scambi gassosi» attraverso l’uso della maschera che ora gli copre naso e bocca e miscela ossigeno.
Francesco, 88 anni compiuti a dicembre, ha collaborato in ogni momento e ha risposto alle manovre, dimostrandosi un autentico combattente. In quei passaggi «è rimasto vigile e orientato», cooperando con gli infermieri che si avvicendavano attorno al suo letto per le operazioni terapeutiche previste in queste circostanze di emergenza. «La prognosi permanente pertanto è ancora riservata», ma fonti mediche fanno capire che questo episodio di crisi non compromette la risalita. Fonti vaticane hanno fatto poi notare che per fare una valutazione di come questa crisi inciderà sul quadro clinico sono necessarie altre 24-48 ore.
LE PREGHIERE
La notizia non positiva ha immediatamente fatto il giro del mondo alzando il livello di attenzione e andando a incrementare le preghiere dei gruppi di fedeli che si sono ritrovati anche sotto al Gemelli e in piazza san Pietro, dove continuano le veglie. La stanza al decimo piano resta isolata e dall’andamento del quadro nel frattempo emerso si capisce che il cammino intrapreso è più accidentato che mai. La situazione è assai complessa. Non c’è solo la polmonite bilaterale, ma pure la bronchite asmatica cronica curata per mesi a Santa Marta con dosi massicce di cortisone usato per sfiammare, che a lungo andare avrebbe causato effetti collaterali importanti altrove. Il cuore di Papa Francesco però è fortissimo. Lo hanno ripetuto anche i medici del Gemelli nell’unica conferenza stampa fatta, venerdì scorso, in cui hanno messo in evidenza la grande capacità reattiva del suo organismo.
IL DOCUMENTO
Dopo oltre due settimane di degenza e una prospettiva di guarigione che non si presenta breve, Papa Francesco ieri mattina ha proseguito il suo “governo ospedaliero” e per la prima volta ha firmato un documento licenziandolo direttamente «Dal Policlinico Gemelli», con la data del 26 febbraio 2025. Se per Giovanni Paolo II il Gemelli era diventato il suo Vaticano numero due, per Bergoglio l’ospedale è ormai la sua Santa Marta 2. E proprio con l’annotazione in calce al messaggio inviato ai partecipanti del corso per responsabili delle celebrazioni liturgiche che ha voluto specificare il luogo in cui si trova, una notazione estremamente significativa del fatto che il Pontefice ufficializza così la sua attività lavorativa in ospedale. Nel messaggio diretto al Pontificio ateneo di Sant’Anselmo si esortano i partecipanti a «favorire uno stile liturgico che esprima la sequela di Gesùevitando inutili sfarzi o protagonismi». Si legge: «Vi invito inoltre a svolgere il vostro ministero nella discrezione, senza vantarvi dei risultati del vostro servizio. E vi incoraggio a trasmettere questi atteggiamenti ai ministranti, ai lettori e ai cantori, secondo le parole del salmo 115 citate nel Prologo della Regola benedettina: «Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome da’ gloria». Infine Francesco dispensa un ultimo consiglio: di tenere lo sguardo sempre rivolto al popolo.
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