Calunnia e falso ideologico, nonché di truffa militare e minaccia finalizzata a far commettere un reato.-
Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 6526 Anno 2025 Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI Relatore: RICCIO STEFANIA Data Udienza: 13/11/2024 SENTENZA sui ricorsi proposti da- l) M.M., nato a N. il ........ 2) A.M.nato a M. il ........... avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari del 22/10/2019 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Stefania Riccio; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Raffaele Piccirillo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi; udita la discussione dell'avv. Franco Villa e dell'avv. Paolo Giuseppe Pilia, che si sono riportati ai rispettivi ricorsi chiedendone l'accoglimento, nonché dei difensori delle parti civili, avv. Rosella Oppo e avv. Rita Chiara Furneri, che hanno chiesto dichiararsi la inammissibilità ovvero il rigetto dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma di quella pronunciata il 14 novembre 2017 dal Tribunale di Oristano nei confronti di M.M. e M. A., rispettivamente appuntato scelto e maresciallo capo dei Carabinieri, ai tempi in servizio presso il Nucleo operativo radio mobile di Mogoro: - ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M. in ordine al reato di cui al capo D, limitatamente all'episodio del 24 e 25 maggio 2011 perché estinto per prescrizione; - riconosciute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, ha ridotto la pena nei confronti di M. alla pena di un anno, un mese e diciotto giorni di reclusione per i residui reati di cui ai capi D e H e a due anni e quattro mesi di reclusione per i reati A(II), B(II), C (II); - ha condannato M. e A. al risarcimento dei danni, liquidati in euro 1500,00, nonché alla refusione delle spese relative al grado, in favore delle parti civili costituite; - ha dichiarato inammissibile l'appello della parte civile U.Z:; - ha confermato le ulteriori statuizioni, con gli accessori di legge. I ricorrenti sono stati ritenuti responsabili di reati di calunnia e falso ideologico, nonché di truffa militare e minaccia finalizzata a far commettere un reato. 2. Hanno proposto ricorso gli imputati, in cui sono articolati i motivi di seguito sintetizzati, conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 3. Ricorso nell'interesse di M.M. 3.1. Inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione all'art. 368 cod. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, quanto alla sussistenza del delitto di calunnia di cui al capo B (II), nei suoi presupposti oggettivi e soggettivi. - In relazione all'elemento oggettivo del reato, la Corte di appello, ricostruita correttamente la sequenza cronologica degli atti del procedimento a carico di M.S., avrebbe dovuto rilevare che le condotte di cui al capo A (II), consistite nella falsificazione ideologica delle sommarie informazioni di U.Z. del 19 dicembre 2011 e di C.V. del 21 dicembre 2011 non hanno mai concretizzato il pericolo dell'istaurazione di un procedimento nuovo e giuridicamente autonomo rispetto a quello già in essere nei confronti del predetto S., originato dalla perquisizione domiciliare del 5 settembre 2011, nel corso della quale vennero rinvenute nella sua disponibilità e tratte in sequestro dieci dosi di sostanza stupefacente di tipo hashish, unitamente a strumentazione per il confezionamento (dato non emergente dal verbale allegato agli atti) ed in relazione al quale lo stesso era stato sottoposto a misura cautelare per il reato di cui all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in data 7 novembre 2011; - parimenti insussistente sarebbe il coefficiente soggettivo di imputazione del delitto di calunnia. Il ricorrente M. non ha avuto alcuna consapevolezza della innocenza di M. S,, in quanto la illiceità della condotta di questi era fondata su elementi oggettivi - desunti dalla operazione esitata nel pregresso arresto - idonei ad ingenerare ragionevole dubbio in una persona di media cultura e normale capacità di discernimento. 3.2. Erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 110 e 479 cod. pen., illogicità della sentenza quanto al reato di cui al capo A (II). Diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice, M. non ha mai sottoscritto il verbale di sommarie informazioni testimoniali di C.V., né mai si è recato a casa dello stesso, con il quale non risulta avere mai intrattenuto alcun contatto telefonico; la Corte territoriale ha indebitamente valutato come ininfluente il travisamento del dato probatorio e ha attribuito al ricorrente un contributo di natura morale alla alterazione del verbale per il solo fatto che il suo superiore, maresciallo capo M.A. gli aveva palesato, in termini del tutto generici, l'intenzione di predisporre tale verbalizzazione. Non sussisterebbe alcuna falsificazione, posto che il verbale era stato solo precompilato nella intestazione e non nel contenuto dichiarativo, secondo una prassi diffusa nell'ufficio. 3.3. Inosservanza dell'art. 522 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110 e 479 cod. pen., quanto al reato di cui al capo A (II). La condanna a titolo di concorso morale, quanto alla falsificazione del verbale di C.V., riguarda un fatto diverso da quello originariamente contestato a M., relativo alla materiale alterazione delle dichiarzioni di V. ed alla falsa attestazione di avere personalmente escusso il predetto nei locali della caserma dei Carabinieri, e rispetto a tale fatto il ricorrente non ha potuto esercitare le proprie prerogative difensive. 3.4. Erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 110 e 479 cod. pen., quanto al capo D. Con riguardo alla contestata falsificazione del memoriale di servizio di cui al capo D), la Corte di merito non ha individuato un effettivo contributo prestato da M., posto che legittimato alla compilazione di tale atto era esclusivamente il comandante capo del NORM. La Corte ha ritenuto integrato il concorso del ricorrente M. con ragionamento inferenziale, desumendo dalla percezione, da parte del medesimo, degli emolumenti non dovuti (perché corrispondenti a prestazioni mai eseguite), la prova di un accordo collusivo, diretto primariamente alla falsificazione dell'atto sulla cui base venivano calcolate le retribuzioni. Per converso, al più, egli ha tenuto un contegno meramente passivo rispetto alla condotta illecita del suo superiore, che non integra alcun raggiro riconducibile alla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 234 del cod. pen. mil . di pace. 3.5. Inosservanza dell'art. 522 cod. proc. pen. A fronte di una originaria contestazione di falso in atto pubblico, costituito dal memoriale di servizio, che M. avrebbe realizzato mediante l'induzione in errore, ai sensi dell'art. 48 cod. pen. del Comandante del NORM intestatario delle password, C. dunque con condotta commissiva, è stata ritenuta dalla Corte una condotta di natura concorsuale omissiva, estrinsecatasi nel silenzio consapevole. La condanna è stata resa, dunque, per un fatto diverso nelle sue connotazioni oggettive rispetto a quello in addebito, in violazione dei diritti di difesa. 4. Ricorso nell'interesse di M.A. 4.1. Il primo motivo è sovrapponibile al primo motivo del ricorso nell'interesse di M., relativamente alla insussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato di calunnia di cui al capo A (II) della rubrica. Quanto al reato di falso ideologico relativo alle sommarie informazioni testimoniali rese da V.e da Z., finalizzato a perpetrare la calunnia descritta al capo B, la Corte, assunta come pacifica la falsità del verbale di sommarie informazioni di V. ne ha evinto la veridicità delle dichiarazioni eteroaccusatorie di U.Z. , attesa la perfetta identità del contenuto dei due verbali. Di contro, V. ha sempre recisamente contestato la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni a sua firma, mentre Z., laddove ha affermato che il verbale recante la sua sottoscrizione fu precostituito dai militari operanti e da lui sottoscritto dietro minaccia di un procedimento penale, ha reso dichiarazioni che avrebbero dovuto essere vagliate criticamente, essendo egli portatore di interesse all'esito del giudizio, in quanto costituito parte civile. Sotto altro profilo, l'avere dichiarato che il verbale fu redatto presso la caserma dei Carabinieri, e non presso l'abitazione di V. configura un falso innocuo. Anche la responsabilità per il delitto di violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato ex art. 611 cod. pen. è costruita sulla attendibilità delle dichiarazioni accusatorie di U.Z., il quale, lungi dal fornire una versione fluida e lineare, ha palesato incertezze ed incoerenza nel riferire delle intimidazioni che avrebbe subito, tra gli altri, dal ricorrente. 4.2. Inosservanza ed erronea applicazione di legge; mancanza, o contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha ritenuto inammissibile il gravame, relativo alla determinazione della pena base per il delitto di calunnia di cui al capo B - pena alla quale la sentenza di primo grado è pervenuta, con uno scostannento dal minimo edittale, in ragione della intensità del dolo e dalle modalità dell'azione - a cagione di una asserita aspecificità dei motivi. In un atto di impugnazione a critica libera, quale l'appello, il requisito della specificità non può essere parametrato ai canoni del ricorso per cassazione, quale atto a critica vincolata, essendo sufficiente che l'appellante individui i motivi e i temi di doglianza in ordine agli argomenti spesi dal giudice di primo grado; e comunque, la specificità è direttamente proporzionale alla specificità con cui sono state esposte le ragioni di fatto e di diritto poste a base della decisione impugnata, ragioni che, nella specie, erano del tutto generiche. Nella specie si era rimarcato che il fatto che Stella fosse già sottoposto a procedimento penale era elemento in grado di incidere sulla intensità del dolo, e dunque sulla dosimetria della pena, supportando l'assunto difensivo sulla eccessività degli aumenti applicati ai sensi dell'art. 81 cpv. cod. pen. A favore del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avrebbe dovuto tenersi conto che il ricorrente ha scelto di definire la sua posizione con il rito del patteggiamento per una parte delle originarie contestazioni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni che di seguito si espongono. 2. Ricorso M.M. 2.1. I temi posti con il primo motivo, inerenti al reato di calunnia, sono reiterativi di analoghe doglianze già formulate innanzi alla Corte di appello e dalla stessa disattese con argomentazioni ineccepibili. Le conformi sentenze di merito hanno linearmente ricostruito la prova delle condotte di falsificazione ideologica delle sommarie informazioni di U.Z. del 19 dicembre 2011 e di C.V. del 21 dicembre 2011, secondo le quali i due avrebbero ricevuto da S. due spinelli di hashish e un pippotto di cocaina, sulla base di un ampio corredo dimostrativo, costituito dalle dichiarazioni testimoniali acquisite e dall'analisi ragionata di numerose intercettazioni. La falsificazione delle sommarie informazioni dei due pretesi cessionari integra la materialità del delitto di calunnia reale (aggravata, avuto riguardo alla pena edittale prevista per il reato oggetto di incolpazione), essendosi precostituiti a carico di M.S. elementi accusatori del reato di cessione di sostanze stupefacenti ai sensi dell'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. Venendo in rilievo un reato di pericolo, ai fini della sua integrazione non è necessario l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile (v. Sez. 6, n. 20064 del 03/04/2024, Baiardo, Rv. 286509 - 01; Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017, dep. 2018, Lusi, Rv. 272754 - 01). La tesi del reato impossibile, formulata dalla difesa sull'assunto che S. fosse ai tempi già indagato - sicché dalle sommarie informazioni incriminate non sarebbe potuta scaturire l'apertura di un nuovo procedimento penale nei suoi confronti - è stata valutata dalla Corte di merito, in perfetta adesione alla tesi dei primi Giudici, suggestiva ma del tutto scorretta e fuorviante. Il reato di cessione di sostanze stupefacenti (degli spinelli e del provino di cocaina), che si delinea dalle sommarie informazioni apparentemente riferibili a V. e Z., è fatto distinto dalla detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti contestata in esito alla perquisizione del 5 settembre 2011 - ancorché tra le condotte fosse astrattamente configurabile un vincolo di connessione - non fosse altro perché riferibile ad una condotta cronologicamente anteriore, che i dichiaranti collocano nella notte tra il 3 e il 4 settembre. La droga per la cui detenzione S. sarebbe stato indagato e anche sottoposto a misura cautelare, sequestrata presso la sua abitazione il 5 settembre, per certo non poteva essere quella che, secondo le false dichiarazioni dei predetti V. e Z., fu ceduta agli stessi la notte precedente. Del resto, altro è il possesso di una modesta quantità di droga che si ipotizzava - sulla base di indici presuntivi da verificare - essere destinata allo spaccio; altro è una condotta specifica e circostanziata di cessione in favore di soggetti individuati. La categoria giuridica del reato impossibile, evocata dalla difesa, è dunque non pertinente, postulando essa che l'inidoneità dell'azione, da valutarsi con riferimento al tempo del commesso reato in base al criterio di accertamento della prognosi postuma, sia assoluta, nel senso che la condotta dell'agente deve essere priva di astratta determinabilità causale nella produzione dell'evento, per inefficienza strutturale o strumentale del mezzo adoperato (tra le molte, Sez. 1, n. 870 del 17/10/2019, dep. 2020, Mazzarella, Rv. 278085 - 01). Inoltre, proprio con riguardo alla calunnia, si è precisato che - oltre che nell'ipotesi in cui l'inizio del procedimento sia giuridicamente impossibile - è da ritenere insussistente l'elemento materiale del delitto nell'ipotesi in cui l'addebito non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso - la concreta ipotizzabilità del reato denunciato (Sez. 6, n. 20064 del 03/04/2024, cit.; Sez. 2, n. 14761 del 19/12/2017, dep. 2018, cit.). Sotto altro profilo, l'elemento soggettivo della calunnia deve estendersi alla consapevolezza di esporre al rischio di un procedimento penale l'accusato che si sa innocente. Al riguardo si è dunque osservato dal Giudici di merito, in termini esaustivi e logicamente coerenti, che, nel caso di specie: a) l'avvio di un procedimento penale, anche dalla prospettiva dei ricorrenti (avuto riguardo alla loro specifica professionalità), era da ritenersi evenienza tutt'altro che giuridicamente impossibile; b) la creazione di verbali ideologicamente falsi è logicamente incompatibile con l'esistenza di un dubbio ragionevole sulla colpevolezza di M. S., dubbio che, per come è strutturata la fattispecie incriminatrice, avrebbe eliso il dolo. In sintesi, si è argomentato come l'invenzione radicale di un'accusa inesistente - in cui viene dato atto che erano stati sequestrati elementi idonei al confezionamento di sostanze stupefacenti, invero mai rinvenuti in danno di S. - e, in generale, le concrete modalità esecutive del fatto per cui si procede siano nella specie incompatibili con la buona fede e, dunque, con il ragionevole dubbio prospettato dalla difesa sulla colpevolezza di S. Né per certo l'invenzione di circostanze false può ritenersi giustificata dalla esigenza di accreditare la responsabilità del soggetto falsamente incolpato per fatti diversi. 2.2. Il secondo motivo articolato nell'interesse di M. verte sulla dedotta assenza di un contributo, ancorché di natura solo morale, da parte del medesimo alla condotta di falsificazione del verbale di sommarie informazioni di C.V., sub capo A (II) posto che, contrariamente a quanto era stato erroneamente ritenuto dal Tribunale, M. non lo ha mai materialmente sottoscritto. Anche questo motivo è aspecifico, perché reiterativo di analoga questione già affrontata dai Giudici di merito in una motivazione con la quale la difesa non si confronta, oltre che manifestamente infondato. Ritiene il Collegio che la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione dei principi regolativi della responsabilità concorsuale, laddove ha ritenuto che il non essersi M. opposto alla falsificazione, materialmente realizzata da altri ma di cui certo egli non poteva essere inconsapevole, e il non avere, in particolare, obiettato alcunché all'inserimento del proprio nominativo tra i militari che assunsero a sommarie informazioni Z. e V. - anche a prescindere dalla mancanza della sua sottoscrizione in calce al verbale - integri una condotta rafforzatrice dell'altrui proposito criminoso, in quanto avvalora l'apparenza del compimento di un atto di indagine mai avvenuto, cui l'immutatio era preordinata. La Corte di appello ha poi spiegato come non varrebbe ad escludere il delitto l'esistenza di una prassi per cui detti verbali venivano solo precompilati nella intestazione e nella indicazione dei dati anagrafici dei soggetti escussi, ma non certo nel contenuto dichiarativo; e ciò in quanto Z. - la cui attendibilità è stata ampiamente vagliata con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, stanti i limiti ontologici del giudizio di legittimità - ha chiarito che quanto i verbalizzanti scrissero alla sua presenza sulla pretesa cessione di stupefacente avvenuta in suo favore non corrispondeva affatto a sue dichiarazioni. 2.3. Analogamente reiterativo e manifestamente infondato è il terzo motivo. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito da tempo come debba essere strutturato il tema del processo nella contestazione, quale primo atto in cui si invera la garanzia del contraddittorio. Le Sezioni Unite, con due risalenti pronunce, hanno delineato la nozione di mutamento del fatto determinativo di nullità ai sensi degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., per difetto di correlazione tra accusa e sentenza, specificando che esso implica una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta (condotta, evento, nesso causale) da cui derivino: a) incertezza sull'oggetto dell'imputazione; b) reale pregiudizio dei diritti della difesa. Ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (sent. n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619; sent. n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051). Nello stesso senso, più di recente, v. Sez. 6 , n. 38061 del 17/04/2019; Rango, Rv. 277365 - 01. Ciò posto, la condanna a titolo di concorso morale nella condotta di falsificazione del verbale di C.V. non integra un fatto diverso, nell'accezione sopra precisata, da quello originariamente contestato a M., inerente alla alterazione materiale delle dichiarzioni di V. e alla falsa attestazione di avere personalmente escusso il predetto nei locali della caserma dei Carabinieri, invece che nella sua abitazione. Invero, è principio consolidato che non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui l'imputato, al quale sia stato contestato di essere l'autore materiale del fatto, sia riconosciuto responsabile a titolo di concorso morale, giacché tale modifica non comporta una trasformazione essenziale del fatto addebitato, né può provocare menomazioni del diritto di difesa, ponendosi in rapporto di continenza e non di eterogeneità rispetto alla originaria contestazione (Sez. 2, n. 30488 del 09/12/2022, dep. 2023, Mangini, Rv. 284953 - 01). 2.4. Il quarto motivo, avente ad oggetto la erronea applicazione degli artt. 110 e 479 cod. pen., in riferimento al reato di cui al capo D) è proposto per ragioni non consentite, in quanto declinato in fatto e di tenore meramente confutativo. I Giudici di appello hanno ricostruito l'apporto materiale prestato da M. alla falsificazione del memoriale di servizio - alla cui compilazione era esclusivamente legittimato il comandante capo del Nucleo operativo radiomobile - in forza del criterio del cui prodest; l'entità degli emolumenti per prestazioni mai eseguite che dallo stesso sono stati percepiti nella unità di tempo (diverse centinaia di euro in pochi mesi) denota l'esistenza di un accordo collusivo, che non poteva non riguardare la falsificazione delle registrazioni sulla cui base erano computati i compensi, ossia dell'atto che ha avuto portata decettiva per l'amministrazione. E' esistito, dunque, un accordo collusivo c.d. di natura programmatica, nel senso che in forza dello stesso, C. avrebbe indicato nuovo turni o variato quelli già previsti nella consapevolezza del tacito assenso dei colleghi (i quali conoscevano, peraltro, la password del pc in uso al predetto e vi accedevano, anche con delega, nei giorni successivi all'espletamento del servizio per le necessarie annotazioni integrative). Dunque, più che una condotta inerte, una condotta collusiva. Chiaro che, attraverso le deduzioni formulate, la difesa sollecita una diversa ricostruzione della vicenda processuale; operazione preclusa in questa sede, poiché esula dai compiti di questa Corte sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta nel merito, attraverso una diversa interpretazione, benché anch'essa logica, dei dati processuali od una diversa ricostruzione storica dei fatti o, ancora, un diverso giudizio di rilevanza o di attendibilità delle fonti di prova, dovendosi in questa sede piuttosto stabilire se quei giudici abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 nonché in precedenza Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv. 203428; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601). 2.5. Anche il quinto motivo è aspecifico, perché reitera deduzioni già svolte, senza dialogare con la motivazione della sentenza impugnata. La condanna resa, quanto alla falsificazione del memoriale di servizio, per una condotta di natura concorsuale omissiva - il silenzio consapevole - a fronte di una originaria contestazione di induzione in errore, ai sensi dell'art. 48 cod. pen. del Comandante del NORM, non attiene a un fatto diverso nelle sue connotazioni materiali. Come questa Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare ed appare al Collegio condivisibile, non dà luogo a violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza ed è quindi legittima la riqualificazione giuridica del fatto, originariamente contestato all'imputato per avere tratto in inganno e indotto in errore gli autori della condotta di falso, ex artt. 48 e 479 cod. pen., ai sensi invece dell'art. 110 cod. pen., ossia come commesso a titolo di concorso personale con gli stessi autori. (Sez. 5, n. 27133 del 15/06/2006, Mercurio, Rv. 235010 - 01, in relazione a fattispecie nella quale la Corte ha annullato la decisione del Giudice dell'udienza preliminare che aveva assolto l'imputato dal reato di falsità ideologica per induzione sostenendo che la diversa prospettiva dei fatti emersa nel giudizio non potesse dare luogo a mera riqualificazione giuridica, ma, se ritenuta in sentenza, l'avrebbe inficiata della nullità di cui all'art. 522 cod. pen.). 3. Ricorso M.A: 3.1. Il primo motivo corrisponde al primo motivo del ricorso nell'interesse di M., relativamente alla insussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato di calunnia di cui al capo A della rubrica. A quanto già evidenziato in quella sede deve aggiungersi che il motivo inerente al reato di falso ideologico delle sommarie informazioni testimoniali rese da V.e da Z. - finalizzato a perpetrare la calunnia descritta al capo B - è declinato in fatto e soggiace ai limiti connaturati al giudizio di legittimità, innanzi richiamati. Nel contestare a Z. di non avere reso una dichiarazione fluida e lineare, la difesa sollecita una differente apprezzamento delle risultanze istruttorie. La falsità del verbale di sommarie informazioni di V. è stata inferita dalla veridicità delle dichiarazioni di U.Z. - laddove ha negato di avere reso le dichiarazioni di cui al pregresso verbale a sua firma - attesa la perfetta identità del contenuto di tali verbalizzazioni. In realtà, i Giudici di merito hanno operato una assai analitica valutazione della attendibilità di Z. - apprezzata in relazione a plurimi profili, anche con riguardo alla condotta induttiva ex art. 611 cod. pen. - comparando le sue dichiarazioni a quelle di V. ed evidenziando che il fatto che Z. sia portatore di interessi in posizione di antagonismo con quelli dell'imputato, siccome costituitosi parte civile, a fronte degli elementi di riscontro logico ricavabili dall'istruttoria, non è significativo ex se di inattendibilità. La falsità relativa al luogo di redazione del verbale non è irrilevante, perché volta ad accreditare la regolarità dell'atto investigativo, nel senso che si è in precedenza precisato, e comunque il rilievo non avrebbe decisiva rilevanza, a fronte delle ulteriori condotte di falsificazione. 3.2. L'ultimo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, riproduce analoghe questioni già poste all'attenzione della Corte di appello e dalla stessa riscontrate con motivazione del tutto congrua. La Corte di merito, al di là della rilevata inammissibilità di talune doglianze, ha esercitato i poteri discrezionali che le competono in tema di dosimetria della pena senza sottrarsi all'obbligo di motivare. Con stringate, ma compiute, aroomentazioni si è evidenziata l'assenza di presupposti per mitigare il trattamento sanzionatorio. Quanto alla pena base del reato di calunnia, determinata in misura di poco superiore ai minimo edittale, ma comunque di molto inferiore alla pena mediana, la difesa non ha tenuto conto della aggravante contestata. Nel dettaglio, la Corte di appello ha ritenuto inammissibile il gravame sul punto, a causa della aspecificità dei motivi; in realtà l'aspetto non valutato - ossia che Stella fosse già sottoposto a procedimento penale - è stato invece ritenuto dichiaratamente inconferente, per non esserne stata precisata la incidenza sul trattamento sanzionatorio. Rispetto al quadro complessivamente delineato, l'ulteriore profilo rimarcato dalla difesa - il contegno processuale dell'imputato, che ha formulato la richiesta di parziale definizione della posizione processuale con il patteggiamento - è stato valutato ininfluente rispetto alla richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, essendo stata l'opzione per il rito alternativo formulata in relazione a reati diversi. Quanto agli aumenti ai sensi dell'art. 81 cpv. cod. pen., in realtà pari a due mesi per ciascuno dei quattro reati satellite in addebito, si è spiegato come la quantificazione sia stata operata in termini puntuali e contenuti. 4. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Gli imputati vanno altresì condannati alla refusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili U.Z. e M.S. che si ritiene di liquidare per ciascuno di essi nella misura indicata in dispositivo, oltre accessori di legge La cancelleria curerà gli adempimenti comunicativi di cui all'art. 154-ter disp. att. cod. proc. pen. P.Q. M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Z. U. e S. M. che liquida per ciascuno in euro 3686,00 oltre accessori di legge. Manda alla Cancelleria per gli avvisi di cui all'art. 154-ter disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 13/11/2024
28-02-2025 20:45
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