Dazi all’Italia, i settori più colpiti dalla guerra commerciale di Trump

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Lo spettro del protezionismo made in Usa torna a mordere e questa volta a finire nella rete dei dazi è l’Europa intera. L’ultima mossa dell’amministrazione Trump promette di complicare non poco i giochi per le imprese italiane, che sull’export verso gli States hanno costruito buona parte del proprio successo. Settori chiave come siderurgia, automotive, chimica e agroalimentare rischiano un colpo, mentre Confindustria e le associazioni di categoria cercano disperatamente di far suonare l’allarme a Bruxelles, sperando in una reazione che non sia solo una stretta di spalle.

Dazi Usa, la reazione del mondo produttivo

Il nuovo giro di vite con i dazi al 25% deciso dall’amministrazione Trump manda in fibrillazione le imprese italiane. Emanuele Orsini, numero uno di Confindustria, suona la sirena d’allarme: “La preoccupazione è innegabile”. Servirebbe una contromossa europea degna di questo nome, perché il rischio è quello di una frustata che potrebbe far vacillare interi settori produttivi.

La scossa è arrivata dritta nel cuore di Confindustria durante il Consiglio Generale, con il presidente di BusinessEurope, Fredrik Persson, testimone di un clima da resa dei conti. Claudio Feltrin, leader di FederlegnoArredo, non ha usato giri di parole: “Non possiamo restare indifferenti a provvedimenti che mettono in pericolo la nostra economia“.

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L’export italiano sotto scacco

Nel 2024, l’export italiano verso gli Usa ha toccato i 65 miliardi di euro, una cifra che evidenzia quanto il Belpaese sia esposto più di altri alle turbolenze oltreoceano. Il Centro studi di Confindustria individua tra le potenziali vittime eccellenti:

  • chimica;
  • farmaceutico;
  • trasporti;
  • macchinari;
  • alimentari e bevande.

Gli esperti di Confindustria avvertono che anche la sola minaccia di una guerra dei dazi può innescare effetti a catena difficili da arginare, con ripercussioni su scala globale.

Le possibili ripercussioni economiche

Secondo Confartigianato, il nuovo tsunami protezionistico rischia di spazzare via oltre 11 miliardi di euro di esportazioni italiane, con un crollo del 16,8% sulle vendite dirette agli Stati Uniti. A tremare sono anche i settori chiave del Made in Italy, che potrebbero finire nel tritacarne commerciale senza un paracadute:

  • moda;
  • arredamento;
  • lavorazioni del legno;
  • metalli;
  • gioielleria;
  • occhialeria.

Le regioni che rischiano di più con i dazi sono Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte e Lazio, con province simbolo come Milano, Firenze, Modena, Torino, Bologna e Vicenza.

Sul fronte agroalimentare, il dazio del 25% potrebbe assestare un colpo secco alla domanda Usa, con un aumento dei prezzi per i consumatori americani che, secondo Coldiretti, potrebbe arrivare a 2 miliardi di euro.

Le industrie europee nel mirino

La nuova bordata protezionistica americana mette nel mirino i pezzi grossi dell’industria europea. Tra i settori sotto attacco, la siderurgia, l’automotive, la chimica e l’agroalimentare, con un incremento dei dazi al 25% che rischia di trasformarsi in un cappio per le aziende del Vecchio Continente. Con un surplus commerciale di 157 miliardi di euro rispetto agli Stati Uniti, l’Europa si trova ora a fronteggiare una mina piazzata direttamente sotto i piedi.

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Per la siderurgia, già zavorrata dalla crisi dell’auto e dalla domanda in frenata, questa mossa è una mazzata. Secondo la società di consulenza Roland Berger, un quarto dell’acciaio europeo è destinato agli Stati Uniti, e un ulteriore rialzo delle tariffe potrebbe mettere al tappeto più di un’azienda.

Il settore automobilistico è nel pieno del tornado. Più di un milione di veicoli europei prendono la via del Nord America ogni anno, con la Germania a reggere la bandiera dell’export.

Sul fronte chimico e farmaceutico, le big dell’industria europea iniziano a sudare freddo. Giganti come Bayer e Basf vedono la loro fetta di mercato statunitense a rischio, mentre Francia, Irlanda, Belgio e Svizzera temono di dover rivedere i conti con numeri ben meno generosi.

Non va meglio all’agroalimentare, dove il dazio del 25% potrebbe trasformarsi in un muro contro il vino, i formaggi e le eccellenze gastronomiche italiane e francesi. Il taglio delle esportazioni si tradurrebbe in un calo della domanda e in prezzi gonfiati per i consumatori americani.

A salvarsi dal disastro annunciato sembrano essere solo il settore aeronautico e quello del lusso. Airbus ha già fatto sapere di dormire sonni tranquilli, forte della sua produzione a stelle e strisce. Nel frattempo, gli esperti di McKinsey prevedono comunque una riduzione della spesa per il lusso tra i 46 e i 78 miliardi di dollari annui, segno che nemmeno chi opera ai piani alti dell’economia può stare davvero sereno.





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