Sciopero dei magistrati: l’intervento di Giuseppe Iannaccone – Associazione Nazionale Magistrati

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Buongiorno a Tutti,

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vorrei, innanzitutto, ringraziare l’Associazione Nazionale Magistrati per avermi invitato a questo evento, che è un’importante occasione di confronto sul tema della separazione delle carriere.

Confronto che, invece, è il grande assente dell’iniziativa del Governo, che ha avviato una procedura di riforma costituzionale con grandi proclami, ma senza aprire un dialogo costruttivo tra tutte le parti in causa, siano essi Magistrati, Avvocati o cittadini comuni, i primi ad essere interessati alle questioni legate alla Giustizia.

Il confronto è stato sostituito da un monologo, in cui il tema della separazione delle carriere ha acquisito una centralità tale da far svanire, dal dibattito sulla

Giustizia, altri e ben più pressanti problemi che affliggono i nostri Tribunali.

Il Paese soffre di un cronico sovraccarico dei Tribunali e di una severa carenza di Magistrati. Eppure, di questo non si parla più. Adesso, sembra che la priorità degli italiani sia il divorzio tra Giudici e Pubblici Ministeri.

L’esigenza, che viene reclamata a gran voce, sarebbe quella di garantire l’indipendenza della Magistratura giudicante da quella requirente; preoccupazione questa davvero peculiare, soprattutto in un Paese che non è certamente caratterizzato da qualche sorta di servilismo della Magistratura giudicante rispetto a quella requirente.

Già la mia semplice esperienza nel Foro di Milano ne è prova evidente. Sono molte le inchieste di rilievo, avviate dalla Procura milanese, che, negli ultimi anni, non hanno superato il vaglio dibattimentale.

Se penso ai casi che ho trattato personalmente, mi viene subito in mente la vicenda MPS, che ha visto contrapposta la Procura di Milano già con l’ufficio GIP, su vari tronconi della vicenda, e poi con l’Autorità Giudicante, che sino ad oggi ha sempre assolto gli imputati, a dispetto delle richieste della Procura della Repubblica.

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Il caso Eni Nigeria, balzato alle cronache nazionali per aver visto la Procura sconfessata, e il caso dei camici durante il Covid, che il Giudice dell’Udienza Preliminare non ha neppure consentito finisse a giudizio.

Per non parlare dei casi che hanno avuto un rilievo, oltre che mediatico, anche politico; casi che, negli ultimi tempi, sono sempre stati caratterizzati da decisioni della Magistratura giudicante contrapposte a quelle della Magistratura requirente. Come è avvenuto, ad esempio, nel processo Fondazione Open, con il proscioglimento dell’ex premier Renzi dalle accuse sollevate dalla Procura di Firenze.

È, quindi, evidente che non esista alcun problema di patologica commistione tra Giudici e Pubblici Ministeri. Eppure, non passa giorno senza che questa accusa venga elevata, accompagnata da continui attacchi nei confronti della Magistratura.

Attacchi sordi, qualunque sia la decisione assunta dai Giudici: condanne o proscioglimenti, non fa differenza, la Magistratura è comunque responsabile di abusi.

Ma attenzione, perché questo continuo riferimento ad asseriti abusi confonde i cittadini: i non addetti ai lavori potrebbero pensare che la separazione delle carriere sia la panacea di tutti i mali della Giustizia italiana. Ma così non è perché, come ho detto, in questo Paese non esiste un problema di indebita commistione tra Magistratura giudicante e requirente.

Senza contare che questo clima di contrasto tra il ceto politico e la Magistratura crea un terreno fertile per interventi esterni come quello di Elon Musk, che si è trovato nella condizione di poter esprimere dichiarazioni invadenti e irrispettose nei confronti della Magistratura italiana, nel silenzio più assoluto tanto della maggioranza quanto dell’opposizione.

Dichiarazioni intollerabili di fronte alle quali ho sentito il bisogno di scrivere una lettera indirizzata ai Direttori dei principali quotidiani nazionali per ricordare che difendere la Magistratura significa difendere la nostra democrazia, perché ogni attacco alla dignità delle nostre istituzioni e di chi le rappresenta ferisce il nostro senso di comunità.

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Da qual momento in avanti, se possibile, la mia preoccupazione è aumentata. Continuo a percepire un notevole disagio quando assisto al contraddittorio comportamento di chi, prima, celebra i Giudici garantisti, perché assolvono il Ministro Salvini, nel processo Open Arms, salvo poi affermare che la vicenda in questione sarebbe la prova dell’esigenza di procedere quanto prima alla separazione delle carriere, laddove la logica, mi pare, direbbe esattamente il contrario, dato che l’assoluzione è avvenuta a dispetto delle richieste della Procura.

Poi, dopo poco, si denigrano i Magistrati, perché sarebbero politicizzati, avendo condannato il Sottosegretario Delmastro, ma non si dice ai cittadini che, prima di esprimere un giudizio sulle sentenze e sul loro preteso carattere politico, bisogna prima leggere le motivazioni di quelle decisioni. È mai possibile che basti un dispositivo per dire che i Giudici sono politicizzati?

E soprattutto non si dice che, in quel processo, un autorevole Pubblico Ministero aveva chiesto l’assoluzione del Sottosegretario Delmastro. Per carità, è giusto che ognuno sia libero di rivendicare la propria innocenza e tutti sappiamo che le sentenze possono essere ribaltate nei successivi gradi di giudizio. Ma non si possono accompagnare le legittime rivendicazioni della propria innocenza con offese gratuite nei confronti della Magistratura, perché questo clima di contrapposizione tra i poteri dello Stato è nocivo.

In questo modo, l’unico effetto che si ottiene è quello di screditare la Magistratura agli occhi dei cittadini, che ovviamente perdono fiducia nei confronti della Magistratura stessa. Soprattutto quando leggono dichiarazioni come quella della Sottosegretaria Siracusano, che – all’indomani della sentenza sul caso Cospito – ha affermato, testualmente, «noi andremo avanti sulla separazione e per dare argini al PM, fatevene una ragione»1.

Come volete che siano interpretate dichiarazioni come questa? Esattamente nel senso che ho indicato prima, e cioè che di fronte ai presunti abusi della Magistratura occorra limitare i poteri dei Pubblici Ministeri. Ma se vi è un intendimento di limitare i poteri dei Pubblici Ministeri significa che vi è una certa insofferenza verso la funzione giurisdizionale della Magistratura requirente.

Una funzione giurisdizionale che, come noi avvocati sappiamo bene, è proprio quella che ci ha consentito, in tutti questi anni, di rappresentare ai Pubblici Ministeri le nostre ragioni, portando ad altrettante richieste di archiviazione. E ciò è potuto accadere, perché i Pubblici Ministeri rispondono solo alla legge.

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Non dobbiamo rinunciare alla funzione giurisdizionale dei Pubblici Ministeri, perché è quella che consente loro di respingere pretese di invasioni di altri poteri, come i poteri economici e i poteri politici.

Non posso, quindi, che esprimere una seria inquietudine, sia come cittadino che come avvocato, quando si veicola l’idea che la riforma costituzionale sia volta a limitare lo strapotere dei Pubblici Ministeri, come se fosse il punto di partenza di un futuro condizionamento da parte del potere politico. La riforma sulla separazione delle carriere non deve comportare la compressione della funzione giurisdizionale della Procura della Repubblica,perché è la più alta forma di garanzia per ogni cittadino.

Concludo ricordando, e lo dico veramente senza retorica, che bisogna portare rispetto alla Magistratura, non foss’altro per la storia della Magistratura: se viviamo in un Paese più libero, se oggi leggiamo sui giornali che la mafia è molto più debole, lo dobbiamo all’impegno, al coraggio e al sacrificio dei Magistrati. Fosse solo per questo, chi oggi ha lo scettro del potere non deve mancare di rispetto alla Magistratura.

Mi auguro quindi che, d’ora in avanti, cessino gli attacchi rivolti a Giudici e Pubblici Ministeri e si interrompa questa disinformazione sull’attività svolta dalla Magistratura.

Anche perché gli strumenti di divulgazione pubblica, che sono a disposizione del ceto politico, hanno una portata ben più ampia ed incisiva rispetto a quelli della Magistratura. E questa asimmetria nella diffusione delle informazioni pesa, perché sono certo che, ad oggi, l’opinione pubblica non abbia chiari i termini e gli effetti di questo disegno di legge.

Se il Governo vuole avviare un confronto serio su una riforma costituzionale di tale portata deve iniziare ad invertire la rotta: il rispetto nei confronti della Magistratura è il punto di partenza necessario per avviare qualsiasi dialogo sulla separazione delle carriere. Indipendentemente da quale sia la propria idea al riguardo.

È essenziale che un processo di riforma costituzionale avvenga in un clima di serenità, lontano da ogni forma di strumentalizzazione ideologica, che possa compromettere la qualità del confronto democratico.

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Il mio invito è questo: apriamo un dialogo, parliamo tutti, perché tacere oggi è l’assunzione di gravi responsabilità per il nostro domani.

 

1 Fonte la Repubblica del 22 febbraio 2025 nel testo dell’articolo «Anm contro il governo “attacchi sconcertanti” Delmastro: “Ayatollah”»



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