Per sostenere la sanità pubblica rompiamo il silenzio

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Dopo molte mobilitazioni sui temi della sanità – spesso circoscritte a ambiti specifici o a vertenze sindacali – si apre l’occasione di una convergenza inedita. Sono oltre 120 le associazioni che hanno aderito all’appello «Non possiamo restare in silenzio» per sostenere la sanità pubblica e che si sono incontrate di recente a Firenze. Oltre ai promotori – Salute Diritto Fondamentale, Associazione Giovanni Bissoni, Laboratorio Salute e Sanità, Associazione Prima la Comunità, Associazione Alessandro Liberati, Salute internazionale, Cittadinanzattiva, Gruppo Abele, Forum Diseguaglianze e Diversità – molte altre associazioni hanno condiviso l’impegno per il rilancio e rafforzamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn), nella necessità di invertire la rotta delle politiche attuali.

SE SOLO SI GUARDA alla Legge di Bilancio, come ha sottolineato Nerina Dirindin, le risorse reali per la sanità pubblica per il 2025-2027 sono del tutto insufficienti: in rapporto al Pil la spesa per quest’ultima si ferma a poco più del 6%, e si prevede un’ulteriore diminuzione. Non ci sono risorse aggiuntive per il personale sanitario a cui da tempo non viene dato il necessario riconoscimento professionale e salariale; e viceversa si permette un aumento del 2% del tetto di spesa per l’acquisto di prestazioni dal privato.

Da anni assistiamo all’indebolimento della sanità pubblica, a un dirottamento delle risorse pubbliche al privato accreditato, e anche la questione delle liste di attesa viene oggi affrontata con queste modalità. Le scelte politiche rafforzano gli spazi del mercato – un mercato sempre e comunque assistito dal pubblico -, le logiche di profitto, gli interessi particolaristici che aggravano le diseguaglianze sociali e le disparità territoriali. Si estendono approcci prestazionali ben lontani dai bisogni reali delle persone, con un’impostazione che considera la salute una merce, invece che un diritto garantito dal welfare pubblico, un diritto sociale e di libertà come sancito dalla Costituzione. Anziché rafforzare la rete dei servizi territoriali, fare in modo che strutture di prossimità funzionino adeguatamente per rispondere ai bisogni socio-sanitari della popolazione si continuano a privilegiare logiche corporative e interessi di settore. La prevenzione continua a restare la Cenerentola del sistema, e anzi viene confusa con la diagnosi precoce, senza una visione sistemica su come intervenire sui determinanti della salute, che riguardano le condizioni di vita, ambientali e di lavoro delle singole persone e della collettività.

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LE POLITICHE DEL GOVERNO e di regioni come la Lombardia si muovono sulla base di una declinazione selettiva dell’universalismo, un regionalismo competitivo lontano da prospettive cooperative e solidali, una messa in discussione dei principi di uguaglianza e di uniformità territoriale dei servizi all’origine del Ssn.

Si punta alla costruzione di un “secondo pilastro” mutualistico-integrativo-assicurativo del sistema sanitario. Tutto questo nonostante sia evidente che le coperture assicurative non migliorano il livello di assistenza, non garantiscono alcuna equità, né tanto meno la tutela della salute di tutti e tutte. La sanità privata viene a disegnarsi su misura degli interessi economici e finanziari delle grandi società che considerano la salute un mercato con grandi opportunità di crescita e profitto.

SUI NODI DELL’AUTONOMIA differenziata, Gaetano Azzariti, Gianfranco Viesti e Vasco Errani hanno sottolineato come la dichiarazione di incostituzionalità della legge Calderoli sancita dalla Consulta apra una nuova partita, sia sul piano parlamentare, sia su quello sociale, rispetto alla quale è necessaria una forte volontà politica. Rosy Bindi ha ricordato che i problemi della sanità riguardano l’intero paese, e ha prospettato la possibilità che i gruppi parlamentari di opposizione presentino un disegno di legge volto a recepire le indicazioni della Corte costituzionale in materia.

Dall’incontro fiorentino si avvia un percorso di analisi e proposte comuni alla luce di una crescente partecipazione. Serve una visione alternativa alla retorica secondo cui non possiamo più permetterci un Servizio sanitario pubblico, falsamente dichiarato «insostenibile». Quello che non possiamo permetterci è invece il silenzio. La scommessa è costruire – a partire dalle mobilitazioni in corso – convergenze sulla priorità della salute tanto nell’allocazione delle risorse nazionali, quanto in un rinnovato modello di sanità pubblica e di cura.



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