Roma e Washington, un caso studio tra arte e architettura per l’etica urbanistica

La ricerca del prof. Massimo Vittorio, nell’ambito del programma Fulbright, è incentrata sulle connessioni storico-culturali tra Italia e Stati Uniti 

La funzione dell’architettura e, in generale, dell’arte, nel veicolare messaggi politici e sociali sono al centro del caso studio Roma-Washington che il ricercatore Massimo Vittorio sta conducendo nell’ambito del programma Fulbright.

Un programma – ideato nel 1946 dal Senatore J. William Fulbright – che mira a favorire il processo di pace attraverso lo scambio di idee e di cultura tra gli Stati Uniti e le altre nazioni e che ad oggi rappresenta il più antico e più vasto programma governativo di scambi culturali nel mondo che opera in più di 155 paesi con quasi 300mila partecipanti dalla sua attivazione.

Grazie a questo programma, Massimo Vittorio, docente di Antropologia Filosofica al Dipartimento di Scienze umanistiche dell’ateneo catanese, è attualmente impegnato (fino al mese di maggio) come Fulbright Distinguished Chair alla University of Notre Dame negli Stati Uniti dove sta conducendo due casi studio sul senso dell’arte e dell’architettura.

Il Golden Dome, l’edificio storico del campus della University of Notre Dame, sormontato da una statua della Vergine Maria, la più grande degli Stati Uniti, realizzata dallo scultore di origine palermitana Giovanni Meli

Studi che vedono il docente coinvolto in collaborazioni con il Nanovic Institute for European Studies, il Center for Italian Studies, l’Institute for Ethics and the Common Good e l’IBM Technology Ethics Lab, nell’ottica di dare vita ad un programma sulle Ethical Cities.

E proprio sul corso in Urban Ethics, il docente precisa che si «tratta di una nuova disciplina che, pur in un chiaro contesto filosofico, attira interessi variegati». Un corso trasversale – tra tutti e quattro gli anni accademici americani (Freshman, Sophomore, Junior, Senior) – che vede la partecipazione di studenti provenienti da una moltitudine di corsi di studi: da architettura a ingegneria, da arte a economia, da biologia a chimica, per citarne alcuni. 

«Nella prima parte del corso in Urban Ethics, dedicata alla città antica, con gli studenti, ci siamo soffermati sul ruolo che la religione ricopriva in tutte le fasi della vita urbana degli antichi Romani, dalla fondazione alla pianificazione», spiega il prof. Massimo Vittorio.

Un momento della lezione con gli studenti del corso di Urban Ethics

«Nell’ambito del programma Fulbright, che mette in risalto le connessioni storico-culturali tra Italia e Stati Uniti, abbiamo analizzato un possibile parallelo tra Roma antica e la capitale degli Stati Uniti, Washington – continua il docente -. Basti pensare alla presenza del fiume Potomac con l’insenatura denominata Tiber Creek, la costruzione e l’utilizzo del nome Capitol Hill e anche di specifici elementi architettonici e stilistici che rimandano ad una chiara influenza romana e a una valenza volutamente simbolica».

«Il caso studio Roma-Washington – sottolinea il docente – ci ha permesso di interrogarci sulla possibile funzione dell’architettura e, più in generale, dell’arte, nel veicolare messaggi politici e sociali, a partire da due prospettive filosofiche contrapposte, anche in questo caso rimando alla cultura italiana e a quella statunitense: da un lato, Benedetto Croce e la sua visione dell’arte come indipendente da ogni possibile giudizio morale; dall’altro, John Dewey che, al contrario, considera l’arte come diretta espressione del livello di progresso di una civiltà».

«In questa dialettica sul senso dell’arte e dell’architettura, specialmente in relazione alla dimensione urbana, è stato anche analizzato il caso di Gibellina e il ruolo svolto dall’arte dopo il terremoto del 1968: la sessione in aula ha dato vita ad un vivace dibattito tra gli studenti statunitensi sul significato etico del Cretto di Burri – precisa il ricercatore italiano -. Ancora in connessione Italia-Stati Uniti, abbiamo discusso il cortometraggio di Petra Noordkamp, finanziato dal Guggenheim Museum di New York, Il Grande Cretto di Gibellina».

Una foto di gruppo all’inizio del corso

«Questi due casi studio hanno permesso agli studenti di avvicinarsi ad un’idea di arte, di architettura e di spazi urbani con un approccio complesso, contrario a ogni semplicistico riduzionismo – ci tiene a sottolineare il docente -. L’arte, nel suo poter essere problematica, svolge una funzione di provocazione, di interruzione della routine, e si rivela connessa alla dinamica della catastrofe, del terremoto, ponendosi come strumento di passaggio da earthquake a artquake: l’arte come inciampo, come attività creatrice in connessione a energie profonde, come quelle di un dramma, individuale o collettivo».  

Non a caso, in linea con queste e altre tematiche affini, il prof. Vittorio è impegnato nella visione di progetti di ricerca di alcuni studenti dell’ateneo americano. «Per una studentessa, Yeji Kwon (Architecture Senior), in particolar modo, sono stato referee per un progetto urbanistico che coinvolge il Cimitero Monumentale di Milano, in cui l’architettura si lega al tema della memoria. A seguito de lavoro di revisione, la studentessa è riuscita ad ottenere una Sellick Travel Grant, con cui potrà recarsi a Milano», ha aggiunto il docente. 

Il suo assignment paper, insieme a quelli degli altri studenti del corso, verranno pubblicati successivamente in una sezione appositamente creata di un blog della University of Notre Dame.

Una coffee chat con Yeji Kwon, Architecture Senior, per la revisione del suo progetto di ricerca