Slitta ancora l’approdo in cdm del dl Bollette, questa volta per turbolenze interne alla maggioranza. A meno di 24 ora dal consiglio dei ministri convocato proprio per discutere degli aiuti anti-rincari a famiglie e imprese, la premier Giorgia Meloni ha bocciato lo schema del provvedimento preparato in tandem dal Mef e dal Mase definendolo «non soddisfacente». Ha inoltre sollecitato i due ministri competenti Giancarlo Giorgetti e Gilberto Pichetto Fratin «ad approfondire ulteriori misure, per dare una risposta più efficace a famiglie e imprese, in particolare ai soggetti più vulnerabili».
Il timore della leader di FdI è che il testo sia troppo tecnico e gli sconti risultino poco tangibili nelle bollette degli italiani. Per giunta, Meloni vorrebbe fosse destinato alla lotta ai rincari energetici un altro miliardo, da aggiungere al pacchetto di misure confezionato che prevede un impegno superiore a 3 miliardi di euro.
Una presa di posizione dura che non sarebbe andata giù al ministro dell’Economia Giorgetti, in partenza per il Sudafrica per le riunioni del G7 e del G20, perché, pur nell’ipotesi della volontà di fare dei miglioramenti al testo, si sarebbe potuto rinviare il decreto a un successivo consiglio dei ministri per motivi «tecnici», senza arrivare a un semaforo rosso. Inoltre il Mef ci ha tenuto a ribadire che è impossibile recuperare più dei 3 miliardi previsti nella bozza.
Le misure in pole position
Non sembrano però in discussione i capisaldi dello schema del decreto impostato da Mef e Mase. Metà delle risorse ipotizzate, circa 1,5 miliardi, dovrebbe essere dedicata ad ampliare la platea del bonus sociale erogato alle famiglie fragili. Se a oggi lo sconto sulle bollette di gas e luce va ai nuclei con Isee fino a 9.350 euro e massimo tre figli a carico (e a quelli con Isee fino a 20 mila euro con almeno quattro figli a carico), si punta ad alzare l’Isee a 15 mila euro. Le famiglie beneficiarie potrebbero così salire a 6 milioni. Da chiarire ancora, però, come verrà erogato il bonus, se cioè ci saranno assegni ridotti a seconda della fascia Isee.
Quanto al capitolo imprese, l’obiettivo principale per il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin sarebbe ridurre, fino a eliminare, il differenziale tra costo del gas sul mercato di riferimento europeo (l’indice Ttf di Amsterdam) e quello sul mercato all’ingrosso italiano (indice Psv). Un discorso tecnico e complesso ma decisivo: con un costo di qualche centinaio di milioni si otterrebbe un ribasso immediato immediato delle bollette, anche di quelle dell’elettricità legate in parte all’andamento del prezzo del metano, che si tradurrebbe in un risparmio per i consumatori di 1,3 miliardi di euro.
Le incognite tecniche
Sugli altri interventi invece pendono una serie di incognite tecniche e di copertura. L’ipotesi di recuperare 600 milioni dai proventi delle aste sulle emissioni di CO2, per poi destinarli alle sole imprese (energivore in primis ma anche alle pmi), potrebbe esporre l’Italia alla contestazioni di aiuti di Stato a livello europeo.
Sempre coperture permettendo, si lavora al potenziamento del cosiddetto energy release, concessione d’elettricità a prezzi calmierati per le imprese energivore che ricorrono a fonti rinnovabili, e alla sospensione della tassa sulle emissioni di anidride carbonica (Ets), contributo che i produttori con fonti fossili devono pagare per compensare maggiori emissioni. Anche in questo caso sulla scia dell’esecutivo Draghi, il governo proverà ad alzare da 150 a 600 milioni il valore delle compensazioni a favore delle imprese che comprano quote Ets e poi le scaricano in bolletta. Un modo per abbassare il prezzo per tutti, ma che potrebbe risultare troppo costoso.
Il dl prescrive inoltre maggiori controlli sugli operatori energetici, per sanzionare chi carica in bolletta costi aggiuntivi e chi non concede tutti gli sconti dovuti. Un primo passo di un processo di trasparenza dedicato alle bollette che il Mef proseguirà con un provvedimento successivo per rendere le fatture di luce e gas più leggibili.
Infine nel dl Bollette dovrebbe essere inserito anche il rinnovo o la proroga, non entrato all’ultimo nel dl Milleproroghe, delle grandi concessioni idroelettriche – l’86% delle quali è già scaduto o lo sarà entro il 2029 – che dovrebbe però essere condizionato all’assegnazione al Gse del diritto di ritirare parte dell’elettricità prodotta da questi impianti. (riproduzione riservata)
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