Hospitality digitale e parità di tariffe: i chiarimenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 264/23 – Prima parte

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Piattaforma di intermediazione – Booking.com – OTA – Autorità Garante Concorrenza e Mercato (AGCM) – Rinvio pregiudiziale – Corte di Giustizia Europea – CGUE – Concorrenza – Parità ampia – Parità ristretta – Articolo 101 TFUE – Accordi fra imprese – Contratti conclusi tra una piattaforma di prenotazione online e albergatori – Restrizione accessoria oggettivamente necessaria – Esenzione per categoria – Accordi verticali – Regolamento (UE) n. 330/2010 – Articolo 3, paragrafo 1 – Definizione del mercato rilevante – Corte giustizia Unione Europea, Sez. II, Sent., (data ud. 19/09/2024) 19/09/2024, n. 264/23

Sintesi

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La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’articolo 101 TFUE rivolta alla Corte di Giustizia europea (CGUE) da un Tribunale olandese coinvolge la società Booking.com BV (e Booking.com (Deutschland) GmbH) che offre un servizio di intermediazione per la prenotazione di alloggi mediante la sua piattaforma online, da una parte, e 63 strutture alberghiere tedesche, dall’altra, relativamente alla validità delle clausole di c.d. “parità” delle tariffe usate da Booking.com. Le clausole di parità ampia e ristretta, che impongono ai prestatori di non offrire tariffe più basse su altri canali, non sono considerate oggettivamente necessarie né proporzionate per la realizzazione dei servizi di prenotazione online. Sebbene possano aumentare l’efficienza della piattaforma, non sono essenziali per il suo funzionamento. In particolare, “l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri, non esulano dall’applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi.”

Contesto storico e normativo

Come noto, l’art. 101, par. 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) vieta gli accordi tra aziende che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri dell’Unione europea e che impediscano, limitino o distorcano la concorrenza.

Nel 2006, Booking.com (società di diritto olandese con sede in Amsterdam, Paesi Bassi) entra nel mercato tedesco inserendo nelle proprie condizioni generali di contratto una clausola definita di «parità ampia». Si tratta di un divieto che Booking.com pone agli alberghi e agli altri prestatori di servizi ricettivi di offrire gli alloggi su altri canali di vendita, inclusi altri OTA concorrenti, a prezzi inferiori a quelli indicati su Booking.

Nel 2013, l’Autorità Federale Garante della Concorrenza tedesca stabilisce che la clausola di parità ampia contrasta con il divieto di intese previsto dal diritto dell’Unione e dal diritto tedesco, ordinando la cessazione del suo utilizzo.

Pertanto, dal 1º luglio 2015, Booking.com, si impegna, di concerto con le autorità francesi, svedesi e italiane (AGCM) garanti della concorrenza, a rimuovere la clausola di parità ampia, sostituendola con una «parità ristretta», che limita la restrizione ai soli canali di vendita diretti del prestatore di servizi alberghieri.

Il 22 dicembre 2015, l’Autorità federale tedesca ritiene che anche la clausola di parità ristretta limiti la concorrenza in modo significativo e impone la cessazione dell’utilizzo di tale clausola, affermando che non soddisfa i requisiti di esenzione previsti dal regolamento UE e dal diritto tedesco.

Con sentenza del 4 giugno 2019, il Tribunale tedesco accoglie parzialmente il ricorso di Booking.com contro la pronuncia del 2015, affermando che la clausola di parità ristretta, pur limitando la concorrenza, possa essere considerata una restrizione accessoria necessaria per garantire un’equa remunerazione, quindi non in contrasto con il divieto di intese.

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Il 18 maggio 2021, la Corte federale di giustizia tedesca annulla la sentenza del 4 giugno 2019, affermando che la clausola di parità ristretta limita sostanzialmente la concorrenza e non può essere qualificata come «restrizione accessoria» necessaria, né beneficiare di esenzioni legali.

Il 23 ottobre 2020, Booking.com si rivolge al Tribunale di Amsterdam chiedendo di dichiarare che le clausole di parità non violano l’articolo 101 TFUE e che non causano danni ai convenuti.

Secondo il giudice, autore del rinvio, “la questione da chiarire in primo luogo è se le clausole di parità della tariffa, tanto ampie quanto ristrette, che sono inserite nei contratti conclusi tra le OTA e i prestatori di servizi alberghieri, debbano, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, essere qualificate come «restrizioni accessorie». In secondo luogo, nell’ipotesi in cui si dovesse considerare che le clausole di parità controverse non possono essere qualificate come «restrizione accessoria», il giudice del rinvio ritiene che occorrerebbe allora chiarire se tali clausole possano essere esentate. Ai fini dell’applicazione del regolamento n. 330/2010, sarebbe necessario sapere come definire il mercato dei prodotti rilevante. Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che la maniera di definire il mercato rilevante, che riveste un carattere «multilaterale», manchi di chiarezza.”

Il Giudice ha, dunque, deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se le clausole di parità, ampie e ristrette, nel contesto dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, debbano essere considerate una restrizione accessoria.

2) Come debba essere definito il mercato rilevante in sede di applicazione del regolamento [n. 330/2010] allorché le transazioni sono effettuate tramite l’intermediazione di una [OTA] dove strutture ricettive possono offrire camere e entrare in contatto con viaggiatori che possono prenotare una camera mediante la piattaforma».

Sulla prima questione

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Il giudice del rinvio chiede se le clausole di parità (ampia e ristretta) negli accordi tra piattaforme di prenotazione alberghiera online e prestatori di servizi alberghieri siano escluse dall’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per essere considerate accessorie agli accordi principali.

Secondo la giurisprudenza costante “se un’operazione o una determinata attività non ricade nell’ambito di applicazione del principio di divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per la sua neutralità o per il suo effetto positivo sul piano della concorrenza, neppure una restrizione dell’autonomia commerciale di uno o più partecipanti a tale operazione o a tale attività ricade nel citato principio di divieto qualora detta restrizione sia oggettivamente necessaria per l’attuazione di tale operazione o attività e proporzionata agli obiettivi dell’una o dell’altra” E così “qualora non sia possibile dissociare una siffatta restrizione dall’operazione o dall’attività principale senza compromettere l’esistenza e gli obiettivi di tale operazione o attività, occorre esaminare la compatibilità con l’articolo 101 TFUE della restrizione in parola congiuntamente con la compatibilità dell’operazione o dell’attività principale cui essa è accessoria, e ciò sebbene, considerata isolatamente, tale restrizione possa rientrare, a prima vista, nel principio di divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE”.

Una restrizione può essere qualificata come “accessoria” solo se è oggettivamente necessaria per la realizzazione dell’operazione principale, senza compromettere l’esistenza dell’attività. L’esame di tali clausole deve, pertanto, stabilire se siano indispensabili per l’operazione principale e proporzionate agli obiettivi dell’attività. Nell’ambito di tale analisi devono essere inoltre valutate anche le soluzioni alternative meno restrittive.

“Nel caso di specie, spetta in linea di principio al solo giudice del rinvio, tenendo conto di tutti gli elementi di fatto che gli sono sottoposti, stabilire se ricorrano le condizioni che consentono di ravvisare l’esistenza di una restrizione accessoria.”

La Corte ha, però, ritenuto opportuno dare indicazioni sul punto, al fine di orientare il giudice ordinario nell’analisi.

  1. Risulta che l’operazione principale oggetto del caso di specie, ossia la fornitura di servizi di prenotazione alberghiera online da parte di piattaforme come Booking.com, ha prodotto un effetto neutrale, se non addirittura positivo, sulla concorrenza. Tali servizi inducono significativi incrementi di efficienza, consentendo, da un lato, ai consumatori di accedere ad un’ampia gamma di offerte di alloggio e di confrontare tali offerte in modo semplice e rapido secondo diversi criteri e, dall’altro, ai prestatori di servizi alberghieri di acquisire una maggiore visibilità nonché di aumentare, in tal modo, il numero di potenziali clienti.
  2. Non è dimostrato, per contro, che le clausole di parità della tariffa, da una parte, siano:
  • oggettivamente necessarie per la realizzazione di tale operazione principale e, dall’altra,
  • proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito da quest’ultima.

Le clausole di parità ampia e ristretta, che impongono ai prestatori di non offrire tariffe più basse su altri canali, non sono considerate oggettivamente necessarie né proporzionate per la realizzazione dei servizi di prenotazione online. Sebbene possano aumentare l’efficienza della piattaforma, non sono essenziali per il suo funzionamento.

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Il fatto che l’assenza di queste clausole possa influire sulla redditività della piattaforma non implica che siano necessarie. Tali restrizioni potrebbero essere considerate nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, ma non sono accessorie ai fini dell’articolo 101, paragrafo 1. Pertanto, le clausole di parità non sono escluse dall’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per il fatto di essere “accessorie”, con il significato ivi attribuito.

“Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, inserite negli accordi conclusi tra le piattaforme di prenotazione alberghiera online e i prestatori di servizi alberghieri, non esulano dall’applicazione di tale disposizione per il fatto che sarebbero accessorie a detti accordi.”



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