Il 24 febbraio del 2022 un conflitto convenzionale causato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riporta la guerra ad alta intensità in Europa, sconvolgendo l’Occidente che pure era al corrente di una tensione, anche sfociata in azione di cosiddetta “guerra ibrida” nei Paesi che un tempo erano satelliti sovietici e che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, hanno iniziato a mostrare interesse per l’Alleanza Atlantica.
La prima fase del conflitto è stata ampiamente analizzata e suddivisa in “quattro fasi“: l’attacco iniziale russo lungo tre direttrici principali – da Nord verso Kiev; da Est verso Kharkiv; da Sud verso Kherson – ; il fallimento del tentativo di conquistare di Kiev e rovesciare il governo attraverso un’operazione di decapitazione orchestrata dai russi, e osteggiata dalle intelligence occidentali; la controffensiva ucraina che ha provocato una ritirata delle forze russe da Kharkiv e da Kherson; una serie di attacchi russi che hanno messo nel mirino le infrastrutture civili ed energetiche dell’Ucraina.
L’Alba rossa e inattesa
Non possiamo non ricordare come all’alba di quel giorno tante previsioni e analisi firmate da profili più che credibili vennero spazzate via dall’inaccettabile realtà: non si era trattato di una grande esercitazione, come diverse intelligence della NATO avevano auspicato. Del resto, le immagini satellitari mostravano l’ammassarsi di brigate di meccanizzate e corazzate ma essere erano prive di “linee logistiche e di rifornimento” capaci di sostenere un’operazione terrestre di cosi vasta portata. E dunque è questo il punto da cui partire.
Dopo una lunga serie di offensive e confrontoffensive che hanno portato il fronte di scontro nel settore orientale a trincerarsi per combattere una guerra di posizione scandita dai raid e bombardamenti, scanditi dalla richiesta e dall’impiego di armi di precisione; l’enorme sacrificio di uomini, mezzi e risorse, non hanno “stravolto le linee” ad eccezione delle direttrici principali del nord, dove i russi sono stati costretti a ritirarsi, e dell’Oblast di Kursk, dove gli ucraini sono penetrati in profondità e dove i russi sono attualmente impegnati a “riconquistare” il territorio occupato dagli ucraini.
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Secondo quanto riportato dalla nostro Sistema d’informazione per la sicurezza della Repubblica in un accurato documento grafico pubblicato nel 2024, la sola invasione, ossia la fase iniziale dell’operazione militare speciale per la “denazificazione” dell’Ucraina ordinata dal presidente russo Vladimir Putin e ostacolata dalla forze speciali di reazione rapida dell’Esercito ucraino allertato dalle intelligence occidentali ha provocato oltre 7 mila morti e 11 mila feriti tra i civili, generando un flusso di sfollati interni e di rifugiati all’estero che complessivamente ammonta a circa un terzo della popolazione ucraina. Attualmente, dopo tre anni di conflitto, si parla “complessivamente” di almeno un milione di vittime tra i due schieramenti e tra le vittime civili. Sarebbero almeno 6 milioni gli sfollati. Ma queste stime sono aleatorie. Pertanto possiamo solo considerare i numeri di riferimento come prospettive, non come dati certificati.
Ciò che è certo invece è che anche dopo tre anni di guerra in Ucraina il fronte è mutato ma a guardare le carte non è “cambiato” come ci si è sempre attesi. Le grandi operazioni, costellate di piccole e medie battaglie e non da scontri decisivi, hanno dimostrato che i titoli dei giornali non hanno saputo interpretare il vero corso degli eventi. Questo perché la guerra è una cosa seria, scandita da manovre, logistica, offensive, controffensive, sacrifici estremi, meno tattica di quanto si pensi e molta, troppa morte. Tutte realtà che non vanno al tempo dell’informazione sensazionale che la stampa vorrebbe consegnare al lettore.
Falsi miti, propaganda e controinformazione
Da quel 24 febbraio del 2022 molti falsi miti e informazioni – spesso improbabili e al limite dell’inverosimile – sono state diffusi dalle agenzie e riprese da grandi e piccoli organi di stampa che si sono affidati a fonti dirette, fonti governative, fonti Osint e via dicendo. Il tempo ci ha dimostrato che molte di queste informazioni non corrispondevano alla realtà. Erano corrotte, viziate, confezionate in modo dozzinale per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica che aveva bisogno di essere orientata prima e esaltata poi attraverso svolte “sensazionali” riguardanti un conflitto che si stava cristallizzando. Ricorderete forse la battaglia dell’Isola dei Serpenti, il sacrificio e la smentita; il “Fantasma di Kiev“, misterioso pilota da caccia che era entrato nel folclore e nel cuore della popolazione ucraina sotto bombardamento; Le anziane signore che avevano “avvelenato” soldati nemici e di anziani signori che avevano colpito e abbattuto aerei da caccia di quarta generazione con vecchi fucili; Putin colpito da una malattia che gli avrebbe concesso pochi giorni; i soldati russi ridotti a combattere con le vanghe usate come “armi bianche” perché a corto di munizioni, non solo di bombe e missili di precisione.
Ricorderete i debunker che avevano certificato ogni dettaglio del sabotaggio ai gasdotto Nordstream, fino a quando non si sono dovuti ricredere. Senza comunque scusarsi per l’arroganza con cui avevano etichettato come folle un premio Pulitzer come Seymour Hersh. Potremmo portare molti altri esempi, ma non cambierebbero la nostra timida conclusione. Nell’era digitale e della guerra guerreggiata combattuta su fronti sconfinati, come nelle grandi guerre del passato, ma con la propaganda che dispone della potenza di fuoco illimitata e istantanea dei social network e dell’informazione online, saremo stati capaci di apprendere la semplice lezione che bisogna attendere prima di dare per sconfitto l’avversario?
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