Dal minorile al carcere di Bologna, Nordio pronto a firmare il trasferimento di 50 giovani detenuti. Le proteste

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Il ministro autorizza lo spostamento di un gruppo under 25 reclusi nei penitenziari minorili. Saranno traferiti al Dozza assieme agli adulti, dove non mancano i problemi tra sovraffollamento e atti di autolesionismo. Garanti e associazioni protestano

Il decreto Caivano ha segnato un punto di svolta nella gestione della giustizia minorile, riducendo le possibilità di misure alternative alla detenzione e ampliando il numero di reati per cui i minori possono essere reclusi. Una delle conseguenze immediate è stato l’aumento della popolazione carceraria minorile, con strutture ormai oltre i limiti della capienza.

Da giorni si discuteva della possibilità di trasferire giovani adulti dalle carceri minorili di tutta Italia al carcere per adulti di Bologna, ma ora c’è una data: il 25 febbraio. Quel giorno, il ministro Carlo Nordio firmerà il provvedimento attuativo che prevede la traduzione di cinquanta detenuti sotto i 25 anni – che per legge potrebbero ancora rimanere nel circuito della giustizia minorile – nella casa circondariale della Dozza.

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La conferma arriva dall’intervista rilasciata da Domenico Maldarizzi, Segretario nazionale UIL Polizia Penitenziaria, a Radio Carcere il 13 febbraio.

Il trasferimento solleva preoccupazioni significative, a partire dall’impossibilità di garantire la separazione tra i giovani e i detenuti adulti, un principio fondamentale dell’ordinamento penitenziario minorile. Si creerebbe così un grave precedente, che permetterebbe di ricorrere ai trasferimenti punitivi per tutti i ragazzi considerati problematici, interrompendo così i percorsi rieducativi e riducendo le probabilità di un reinserimento efficace.

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Un’altra questione riguarda la scelta del carcere di destinazione, che registra un grave problema di sovraffollamento con 853 persone detenute a fronte di una capienza di 483 posti. Le condizioni della struttura sono già critiche: tre docce ogni cinquanta detenuti, una presenza di detenuti con problemi di tossicodipendenza del 30 per cento e un numero preoccupante di episodi di autolesionismo e aggressioni. In un contesto come questo l’arrivo dei ragazzi dalle carceri minorili significa sconvolgere i già precari equilibri di una struttura penitenziaria in crisi e “sfrattare” intere sezioni, stipando le persone recluse ancora più di quanto non accada già.

Un carcere sovraffollato è una bomba a orologeria: aumentano le risse e gli eventi critici mentre l’accesso al godimento dei diritti – frequentare la scuola, accedere ai percorsi trattamentali, ai colloqui, alle attività lavorativo o sportive – diventa sempre più difficile.

«Che fine faranno i detenuti che saranno ricollocati e spostati di sezione? Chi sta frequentando corsi universitari potrà ancora accedere alla biblioteca e agli spazi dedicati? Il Ministero e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria devono chiarire quali saranno le conseguenze di questa decisione», chiede Gianluca Guerra di Volt, partito attivo sulla questione carceri.

«È grave che si sia deciso di spostare i cinquanta minori tutti nello stesso carcere, invece di distribuirli in strutture diverse. Bologna ha già difficoltà a garantire i servizi necessari alla popolazione detenuta. Ci sono carceri in Emilia-Romagna meno affollate, come Parma o Ravenna, che avrebbero potuto accogliere una parte di questi ragazzi, garantendo più attenzione alle loro esigenze anche per le loro dimensioni più ridotte. Per di più questi ragazzi provengono da tutta Italia e non hanno radici sul territorio bolognese, il che rende la decisione ancora più insensata» afferma Silvia Panini di Volt.

Le proteste

Il Garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, e il Garante locale di Bologna, Antonio Ianniello, avevano chiesto al Capo del Dipartimento della Giustizia Minorile, Giuseppe Sangermano, di convocare un tavolo tecnico con Regione, Comune e altri attori coinvolti. Ma l’incontro è stato posticipato a dopo il 25 febbraio, quando il trasferimento sarà probabilmente già avvenuto.

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Nel frattempo, Volt e altre organizzazioni hanno convocato un presidio davanti al carcere della Dozza per il 25 febbraio, con l’adesione di sindacati, partiti e associazioni. L’iniziativa nasce dall’opposizione a un provvedimento che, più che una necessità logistica, sembra rispondere a una scelta politica.

Il rischio è quello di alimentare un clima di insicurezza in una città che si avvicina alle elezioni, previste per il 2026. «Bologna, storicamente di sinistra, sta diventando il bersaglio di un’operazione che strumentalizza il tema della sicurezza a fini elettorali», denunciano i promotori del presidio, che avanzano richieste precise: fermare il trasferimento prima che sia troppo tardi e avviare un confronto istituzionale per tutelare i diritti dei detenuti, giovani e adulti.

«Se davvero si vuole favorire il reinserimento dei minori che hanno commesso reati, la soluzione non può essere solo la detenzione. Servono alternative concrete, che garantiscano percorsi di crescita senza compromettere la sicurezza dell’intero sistema penitenziario», conclude Silvia Panini.

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