La Germania volta pagina e da un cancelliere di centrosinistra, Olaf Scholz, passerà a uno di centrodestra, Friedrich Merz. È il capo della CDU il vincitore chiaro delle elezioni: ha raccolto il 28,6% dei consensi in una tornata elettorale che ha visto la maggior affluenza al voto dal 1990 (82,5%). In un momento di forte crisi i tedeschi sono accorsi alle urne per dare un segno di cambiamento, ma l’hanno dato anche in un’altra direzione: l’Alternative für Deutschland ha raggiunto il 20,8%, raddoppiando i voti rispetto al 2021, ed è la prima forza nelle regioni della vecchia Germania Est. La formazione di Alice Weidel rimarrà all’opposizione, il suo successo pone però una sfida sempre maggiore alla democrazia tedesca, in un paese che pare ancora più spaccato politicamente, nonostante la riunificazione di trentacinque anni fa. Merz potrà formare una coalizione con la SPD di Scholz, ma la maggioranza relativa, sarebbe minima, 329 voti sui 326 necessari, e forse potrebbe essere necessario ampliarla. Sarà quindi la Grosse Koalition, allargata magari ai Verdi, a succedere al Semaforo, l’alleanza che negli ultimi quattro anni ha retto il paese, con enormi difficoltà.
Come previsto le formazioni di governo infatti sono andate a fondo: i socialdemocratici del cancelliere Scholz sono scesi al gradino più basso della storia (16,4%), i verdi di Robert Habeck hanno perso oltre tre punti (11,6%), ma peggio è toccato ai liberali della FDP che sono rimasti fuori dal Bundestag per non essere riusciti a superare la soglia del 5% e il leader Christian Lindner si è già dimesso. Il disastro era annunciato e dovuto proprio alla legislatura appena trascorsa, caratterizzata da difficoltà interne e contingenti che hanno trascinato il Semaforo verso il baratro. Da questo punto di vista il voto dei tedeschi è stato chiaro e la bocciatura per Scholz e compagni netta.
Nonostante la sonora sconfitta comunque i socialdemocratici hanno la possibilità di ritornare al governo come junior partner in una coalizione con la CDU. Da chiarire ci sarà la posizione di Scholz, che potrà essere sostituito come uomo di punta dal collega di partito Boris Pistorius, attuale ministro della Difesa e nei sondaggi il politico più popolare in assoluto in Germania. Le prossime settimane porteranno chiarezza sulla formazione del governo e sul tipo di coalizione. Merz ha già dichiarato che vuole accelerare i tempi e chiudere le trattative entro Pasqua.
Se i partiti del passato governo hanno dovuto registrare piccoli e grandi arretramenti e l’Unione tra CDU e CSU ha confermato l’attitudine a partito tradizionale di massa, pur lontano dai fasti di Angela Merkel che nel 2013 aveva raccolto ancora il 41,5%, lo spettro politico tedesco si è rafforzato agli estremi, con l’AfD che ha occupato stabilmente l’area dell’estrema destra e all’estrema sinistra la Linke ha trovato nuovo consenso, grazie anche alla nuova star dei social media Heidi Reichinnek. Non si tratta solo di protesta degli elettori moderati che si spostano verso le ali, ma di voti basati sempre più su convinzioni ideologiche, aderenti ai temi cavalcati dai rispettivi partiti: sicurezza e immigrazione per i nazionalisti in ascesa, solidarietà e giustizia sociale per la sinistra rinata.
Nei rispettivi angoli ha giocato anche un ruolo il posizionamento internazionale, riguardante soprattutto la guerra in Ucraina. Sia AfD che Linke hanno tenuto una linea in campagna elettorale favorevole alla risoluzione del conflitto tra Kiev e Mosca, collocandosi più sul versante russo che su quello occidentale e raccogliendo consenso proprio su questioni di politica estera che solitamente ricoprono ruoli secondari. Questa ricetta non ha però funzionato per Sahra Wagenknecht, il cui partito, il BWS, che lo scorso anno alle regionali in Sassonia, Turingia e Brandenburgo aveva sfondato, è rimasto per poco fuori dal parlamento (4,97%).
Friedrich Merz sarà dunque il prossimo cancelliere e il suo compito sarà molto difficile, al di là del tipo della coalizione che guiderà, bi o tripartitica. Da un lato ci sono i problemi che gravano sul Paese, da quelli economici, con lo scorso anno che si è chiuso in recessione e le previsioni per l’immediato futuro sono tutt’altro che rosee, a quelli più politici, relativi alle questioni della sicurezza e dell’immigrazione, passando per il peso delle crisi internazionali, tra la guerra in Ucraina e la ridefinizione dei rapporti transatlantici. Dall’altro c’è proprio l’incognita sul ruolo che sarà richiamato a coprire.
Tutti i suoi predecessori, a partire dal primo cancelliere del Dopoguerra Konrad Adenauer, prima di arrivare al Kanzleramt hanno avuto cariche come sindaci di grandi città, governatori regionali, ministri, nessuno escluso. Da questo punto di vista il leader della CDU rappresenta un’eccezione: a quasi settant’anni non ha mai avuto un incarico politico esecutivo, mentre al di fuori della politica è stato tra l’altro al vertice del consiglio di vigilanza del ramo tedesco di Blackrock, la società statunitense d’investimento più grande del mondo. Ora Friedrich Merz dovrà guidare la Germania e traghettarla fuori da una delle peggiori crisi dalla riunificazione del 1990, in un contesto internazionale ricco di punti interrogativi: resta da vedere se potrà passare davvero alla Storia, seguendo le orme, oltre che di Adenauer, degli ultimi due cancellieri della CDU, Helmut Kohl e Angela Merkel.
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