Il libro sull’Abruzzo di Paride Vitale: intervista

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Paride Vitale è nato in un paese di duemila abitanti all’interno del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, uno dei parchi più antichi d’Italia che ha festeggiato il centenario proprio due anni fa. «La distanza da casa mia a un bosco era la stessa da quella da una casa a un supermercato per un bambino che nasce in città. Sono cresciuto immerso nella natura». I ricordi olfattivi di quella fase dell’esistenza sono la base su cui ha realizzato un profumo, Parco 1923, il cui simbolo è un orso marsicano intarsiato in oro. Il marchio ha avuto un grande successo ed è sul mercato da otto anni.

Paride Vitale si trasferisce a Bologna per l’università e successivamente comincia una carriera nel settore della comunicazione a Milano: sette anni in un’agenzia dove collabora tra gli altri con marchi come Mini e tre in qualità di responsabile eventi di Sky.

Infine apre la sua attività, la sua agenzia di comunicazione allo scopo di restituire, rendere, descrivere il posto che ama, dal quale proviene e che così intimamente lo abita.

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Tra le altre cose, Paride Vitale organizza ogni anno Arteparco, un festival che si svolge dentro il parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: un artista di fama che si sia cimentato nel complicato rapporto tra la natura e il paesaggio viene invitato a creare personalmente un sentiero, un percorso in cui l’arte si mimetizzi tra i faggi secolari di patrimonio dell’Unesco. Gli artisti finora invitati vanno da Sissi, famosa per aver realizzato nel 2022 il monumento a Margherita Hack in largo Richini a Milano, al celebre Valerio Berruti, originario di Alba. Quando l’artista arriva a compiere un sopralluogo succede quasi sempre che l’idea originaria si modifichi, cambi radicalmente, perché la natura svolge il suo lavoro d’ispirazione sul momento.

Anche in televisione, a Pechino Express – che peraltro ha vinto – con l’amica Victoria Cabello è riuscito a parlare d’Abruzzo. «Ovunque io mi trovi, che sia in Cappadocia o in Finlandia», ammette in tono divertito.

La proposta di Cairo Editore di immaginare un libro sul suo rapporto emotivo, pratico, affettivo e territoriale con quei luoghi gli è parsa dunque quasi pleonastica. È in effetti un vero e proprio tour turistico e sentimentale. D’amore e d’Abruzzo diventerà presto anche un programma televisivo in onda a partire dall’autunno e che sarà realizzato in collaborazione con Davide Nanni, il famoso chef che prepara ricette nei boschi abruzzesi.

Appartiene alla ironica cultura popolare della nazione avere a lungo rimosso il centro Italia dai propri riferimenti geografici e turistici. Quando secondo te le cose hanno cominciato a cambiare?

Credo che da questo punto di vista si stia tornando indietro. Negli anni Sessanta e Settanta se eri di Roma non prendevi certo la macchina per andare a sciare, perché il viaggio costava ore e ore di tragitto. Tant’è che l’Abruzzo era il luogo dei divi del cinema. Basti pensare a Vittorio Gassman, Ettore Scola, Dacia Maraini. Tra gli anni Novanta e Duemila, l’arrivo del turismo di massa che si sposta facilmente ha fatto sì che queste regioni registrassero un crollo. Ecco, credo che la pandemia ci abbia indotto ad apprezzare nuovamente il turismo di prossimità. Ci ha spinti a riscoprire il valore della natura. Una volta andando in montagna si voleva la discoteca, si voleva ricreare la città dappertutto. Oggi il cambiamento climatico guarda agli Appennini anche perché sono zone in cui le temperature sono più fresche. E l’Abruzzo regala tanto da questo punto di vista: ha tre parchi nazionali tra loro molto diversi, è ammantato di storia e per giunta si spende meno che altrove.

pinterest

Luca Parisse

Quali sono i ricordi più cari che hai della tua infanzia e della tua adolescenza in Abruzzo?

Innanzitutto le grandi nevicate. D’inverno la neve era talmente tanto alta che io e il mio vicino di casa eravamo abituati a calarci dalla finestra del primo piano per uscire! Oppure ricordo che per andare ogni giorno al liceo ci voleva un’ora e mezza di autobus. Gli autobus degli anni Novanta, soprattutto alle sei di mattina, non erano esattamente riscaldati. Le temperature erano molto al di sotto dello zero, tanto che i primi dieci minuti si passavano in piedi in attesa che il sedile si riscaldasse. Durante il tragitto, affacciandosi al finestrino, si vedevano cervi, volpi, lupi. Spesso, in una vallata vicino a Gioia Vecchio, un piccolo borgo, passava perfino l’orso. Il contatto con la natura era tale che al ritorno chiedevamo all’autista di fermarsi in un punto pieno di alberi carichi di mele, per poterne cogliere una e risalire.

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Mi viene in mente un episodio d’attualità tra i più tragici della storia recente: il terremoto a L’Aquila del 2009. Allora l’Abruzzo rimbalzò di bocca in bocca e i più famosi cantanti del momento si riunirono per registrare una canzone che ebbe una profonda eco mediatica. La popolazione allora appariva massacrata, in lotta, ma senza retorica. Che ricordo hai di quel momento e come ha modificato la percezione collettiva della regione?

Ho sempre amato L’Aquila. Andavo lì dal dentista quando ero piccolo. Tra me e mia madre c’era un tacito accordo: subito dopo la visita, avremmo fatto una passeggiata in centro e lei mi avrebbe regalato qualcosa. Dopo il terremoto, mi è rimasto il forte trauma delle immagini che vedevo. Così non sono più tornato per molto tempo. Solo quando nel 2017 ho lanciato il mono-marca delle mie fragranze olfattive legate ai boschi e alle piante del parco nazionale, mi sono deciso a farlo: per entrare in centro a L’Aquila si respirava ancora talmente tanta polvere che bisognava tenere un fazzoletto sulla bocca. I palazzi erano sventrati. Sembrava uno scenario di guerra. Adesso fortunatamente le cose vanno meglio. Ricordo che quella volta andai a cercare la profumeria Di Bartolomeo per proporle di vendere i miei profumi. Era sempre stata in centro, ma non la trovavo. L’ho inserita su Google e sono finito in un parcheggio. I tre negozi più belli de L’Aquila, lo storico negozio d’abbigliamento Raffaelli Panarelli, la storica gioielleria Ranieri e la profumeria Di Bartolomeo avevano riprodotto laggiù il loro negozio, con la vetrina e tutto il resto. Questo rende un’idea dell’abusatissima parola “resilienza”. Se dovessi descrivere L’Aquila oggi, direi che è una città antica che sa di nuovo. Paradossalmente, è una “nuova” città del Seicento. La ristrutturazione è stata perfetta. È essenziale però che in centro tornino anche i servizi, le scuole, tutto ciò che serve alle sue funzioni essenziali.

Di recente, per citare un altro episodio d’attualità, Roccaraso è una località sciistica meta di moltissimi campani, soprattutto napoletani, che una volta avevano lì le seconde case. Oggi è preda di un turismo selvaggio che ha costretto il sindaco a imporre misure di contenimento piuttosto stringenti. Come interpreti il fenomeno?

Roccaraso è una piccola perla. Facendo parte del patrimonio mondiale dei Parchi nazionali, ha sviluppato impianti sciistici che non hanno nulla da invidiare a quelli del Nord. A pochi passi da Roccaraso si trova un curatissimo borgo del Trecento, Pescocostanzo che accoglie invece una villeggiatura più ricca, più selezionata. Roccaraso alimenta un’atmosfera di grande fascino perché sembra rimasto fermo, incastonato nel tempo e ultimamente ha subito una pubblicità negativa che non si merita. Anche perché ci si rende conto dei problemi solo quando esplodono mediaticamente. Gli autobus di turisti che arrivano a Roccaraso esistono da tempo, spesso mossi da influencer da migliaia di follower. È un turismo, quello fomentato dai social, spregiudicato e poco consapevole. Basti pensare che gli autobus li lasciano a bordo di una strada, non potendo inerpicarsi in cima alle alture dove si trovano gli impianti. Questo implica il blocco totale delle statali e anche la mancanza di attrezzature per accogliere un numero così ingente di visitatori. Ultimamente sono arrivati a quota dodicimila. È evidente che questo incrementa episodi di micro-vandalismo, l’assalto ai servizi igienici, spazzatura lasciata in giro e così via.

landscape illustration featuring a lake surrounded by hills and treespinterest

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Non posso non chiederti quali sono le tre mete che consiglieresti a chi arriva in Abruzzo per la prima volta.

Intanto bisogna andare a Scanno: lo considero una sorta di “bignami” d’Abruzzo. Oltre a essere uno dei borghi più belli e caratteristici d’Italia, immortalato da Cartier Bresson e di cui due riproduzioni si trovano attualmente al Moma di New York. Oltre a dare mostra di una natura maestosa, tra cui un lago a forma di cuore perfettamente instagrammabile, è radicata un’antica tradizione di gioielleria del tombolo e tutto il luogo è intriso di storia. Poi c’è Pescara, la Miami d’Abruzzo. Una città piena d’arte moderna e contemporanea. Anzi, forse direi che è Miami a essere la Pescara d’America, perché Pescara è molto più divertente di Miami. E infine Bominaco, all’oratorio di San Pellegrino: una piccola chiesetta di quattro pietre con una croce sopra di cui si occupano una signora di nome Chiara e suo figlio Christian. Quando aprono la chiesa, di solito lasciano i visitatori al buio per qualche istante. Poi accendono all’improvviso la luce: ecco, a quel punto lo sguardo è letteralmente invaso da affreschi del 1200, voluti da Carlo Magno e che risalgono a prima di Giotto, i meglio conservati in Europa. È detta, non a caso, la cappella Sistina abruzzese.

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E tre attività?

Andando in canoa sul Tirino, il fiume più limpido d’Europa, sembra di essere sospesi nell’aria. La cooperativa Il Bosso che gestisce le escursioni impone di restare in silenzio quando si ridiscende il canale. Questo la rende un’esperienza al limite del mistico, una surreale scena di Game of Thrones, ma senza morti. Poi bisogna andare in bicicletta a Tirino: affittando un’assistita a Ortona si percorre l’intera Costa dei Trabocchi. Si tratta di 42 chilometri circa, ma si può accorciare fermandosi a San Salvo o a San Vito. La pista è stata ricavata da un vecchio tratto ferroviario ormai in disuso, e tutto intorno sorgono i trabocchi, vecchie costruzioni in legno a ridosso del mare che anticamente servivano alla pesca. Oggi sono diventati ristoranti con un affaccio mozzafiato. Consiglio di portarsi un asciugamano, non sia mai che scappi un bagno, laggiù il mare è limpidissimo. Del resto, diffondo consigli agli amici che decidono di andare in vacanza in Abruzzo da sempre nonostante io viva a Milano, anche in un modo un po’ dittatoriale [ride, ndr].

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Ne ho uno piuttosto importante che un po’ mi toglie il sonno. Si tratta dell’apertura di Villa Parco, un boutique hotel immerso nei boschi. La sua posizione lo rende un posto da cui partire, e non una meta da raggiungere. Prevede esperienze in mezzo alla natura, in bici, a cavallo oppure a piedi per scoprire il parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. Proprio sotto l’hotel sorgerà un maneggio. Sì, sono un grande appassionato di equitazione e vado a cavallo da sempre.

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