Sanità, salute, ambiente, vaccini: ne parliamo con Antonella Viola

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


Pubblichiamo l’intervista con Antonella Viola, Scienziata, Professoressa Ordinaria di Patologia Generale all’Università di Padova e divulgatrice scientifica, realizzata per il 3° Rapporto su Sanità e Sistema sanitario del 2024 di Eurispes-Enpam.

Professoressa Viola, considerando la crescente domanda di cure mediche (e questo per diversi fattori: invecchiamento demografico, stili di vita errati, etc.), dal suo punto di vista di esperta e studiosa, quali riforme o interventi ritiene indispensabili per garantire la sostenibilità a lungo termine del Sistema sanitario nazionale?

Come è facile immaginare, non c’è una risposta semplice a questa domanda. Oltre alla crescente richiesta di cure, stiamo assistendo anche ad un allontanamento dei giovani professionisti dalla Sanità pubblica, a partire dai medici e dagli infermieri. Agli ultimi test di ingresso per Scienze Infermieristiche ci sono state 2.377 domande in meno dello scorso anno, una preoccupante riduzione del 10%. E sebbene ci siano molti studenti di Medicina, diverse scuole di specializzazione non riescono ad assegnare tutti i posti disponibili. I futuri medici scelgono quelle specializzazioni che garantiscono l’attività privata, mentre aree importantissime della medicina, come la radiologia, la microbiologia o l’anatomia patologica, sono in forte sofferenza. Per non parlare della medicina d’urgenza. Come risolvere questa fuga dalla Sanità pubblica? Ripensando ai percorsi di formazione, agli stipendi, agli orari di lavoro e alle prospettive di carriera. Se vogliamo che i giovani investano in una formazione universitaria per diventare infermieri, bisogna poter offrire migliori condizioni di lavoro, salari adeguati, crescita professionale. E per i medici, credo sia necessario rivedere gli accordi sull’attività privata dei dipendenti pubblici, naturalmente premiando chi sceglie il pubblico, sia economicamente sia attraverso le prospettive di carriera. Un altro tema su cui tutti sembrano essere sempre d’accordo ma che finora è sempre rimasto sulla carta è quello del rafforzamento della medicina territoriale e l’assistenza domiciliare, che ridurrebbero il carico sugli ospedali e migliorerebbero la gestione delle cronicità. In questo senso, le nuove tecnologie ‒ come la telemedicina ‒ potrebbero aiutare. Ma bisogna che sia un passaggio graduale perché i nostri anziani spesso non sanno neanche usare un computer! Infine, ma non in ultimo, c’è il grande tema della prevenzione delle malattie croniche e di quelle infettive: è necessario investire in campagne educative che promuovano stili di vita sani e facilitino l’accesso alla medicina preventiva.

La prevenzione delle malattie croniche è sempre più al centro del dibattito sulla salute pubblica. Quali strategie ritiene più efficaci per potenziare la prevenzione, non solo quella secondaria, ma anche la prevenzione primaria e pre-primaria?

La prevenzione primaria e pre-primaria devono essere potenziate attraverso interventi su più fronti. Occorre sviluppare programmi educativi che promuovano uno stile di vita salutare sin dall’infanzia, migliorare l’accesso ai servizi di screening, e ridurre le disparità sociali. Le politiche di salute pubblica dovrebbero includere incentivi per chi adotta stili di vita salutari, come l’alimentazione corretta e l’attività fisica regolare, e politiche più stringenti per il controllo dei fattori di rischio ambientali, come l’inquinamento. Ma tutto passa attraverso una trasparenza nella comunicazione della salute, dall’assenza di conflitti di interesse che spesso condizionano la politica, il mondo della comunicazione e persino della sanità. Troppo spesso si insegue l’interesse dei produttori e si sacrifica il benessere collettivo.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Alla luce dei recenti sviluppi scientifici, inclusa l’assegnazione del Premio Nobel a Victor Ambros e Gary Ruvkun per le loro scoperte sui microRNA, quale ruolo prevede per i vaccini nel futuro, non solo nella prevenzione delle malattie infettive, ma anche nel contrasto a malattie croniche come alcuni tipi di cancro?

Le tecnologie legate all’RNA, in particolare l’mRNA e i microRNA, offrono grandi promesse nel campo delle malattie croniche e oncologiche. I vaccini a mRNA rappresentano una svolta nella prevenzione delle malattie infettive, come dimostrato durante la pandemia da Covid-19. La loro tecnologia innovativa offre numerosi vantaggi rispetto ai vaccini tradizionali, come la rapidità di sviluppo, la flessibilità nel design e la maggiore sicurezza. Ma queste nuove tecnologie possono giocare un ruolo chiave anche nella lotta contro il cancro. La loro capacità di programmare il sistema immunitario per attaccare specifiche proteine tumorali, potenzialmente su misura per ogni paziente, apre la strada alla personalizzazione delle terapie oncologiche. Questa flessibilità tecnologica permetterà di generare terapie mirate: una volta identificati i potenziali bersagli del sistema immunitario presenti sulle cellule tumorali del paziente (neoantigeni), si potranno disegnare vaccini a mRNA specifici, riducendo i danni ai tessuti sani e migliorando l’efficacia delle terapie. Parallelamente, la scoperta dei miRNA come regolatori chiave dell’espressione genica ha rivelato nuove opportunità terapeutiche, non solo per il cancro, ma anche per altre malattie croniche come quelle cardiovascolari e neurodegenerative. I miRNA possono essere utilizzati sia come biomarcatori diagnostici sia come bersagli terapeutici, aprendo una nuova frontiera nella medicina personalizzata. È quindi evidente che i vaccini del futuro non si limiteranno alla protezione contro infezioni, ma saranno strumenti potenti nel contrastare le malattie croniche e oncologiche.

L’impatto dell’inquinamento ambientale e del cambiamento climatico sulla salute sembra ancora poco compreso dall’opinione pubblica. Lei ha recentemente evidenziato l’importanza di ridurre drasticamente l’uso di plastica e microplastiche. Perché, a suo avviso, questa discussione è limitata prevalentemente alle generazioni più giovani? E cosa si può fare per sensibilizzare maggiormente anche il resto della popolazione?

Il legame tra inquinamento e salute è ormai evidente, ma spesso sottovalutato dai cittadini, specialmente nelle fasce di popolazione non più giovane. I giovani non si informano tramite i canali che usano adulti e anziani e credo questa sia la vera ragione per cui il problema ambientale non arriva a tutti. C’è poi ovviamente anche una ragione storica e culturale: i nostri ragazzi sentono parlare del pianeta in termini apocalittici da quando sono nati, e spesso la loro preoccupazione diventa ansia. D’altro canto, la mia generazione è cresciuta con il mito delle “magnifiche sorti e progressive”. Come trovare un giusto equilibrio? Il dialogo tra generazioni può essere una strategia potente per sensibilizzare gli anziani e indirizzare i giovani verso azioni utili e costruttive. Molti genitori e nonni si preoccupano del futuro dei loro figli e nipoti, quindi coinvolgerli in discussioni sull’impatto del cambiamento climatico sul benessere delle generazioni future può essere un modo emotivamente efficace per catturare il loro interesse. In generale, credo però che siano i governi a dover dare l’esempio, mettendo la salute del pianeta e dei suoi abitanti in cima alla lista delle priorità. Cosa che finora non è mai accaduta. Come sempre, il problema è la mancanza di lungimiranza: si insegue il tornaconto del momento senza riuscire a tenere lo sguardo verso il futuro.

È ormai evidente che l’alimentazione svolge un ruolo chiave nella prevenzione e gestione di molte malattie, eppure problemi come l’obesità e le malattie cardiovascolari continuano a crescere. Ritiene che questo sia un problema legato esclusivamente al marketing delle aziende alimentari o che sia necessaria una maggiore educazione della popolazione? Proposte concrete per affrontare questo problema?

L’obesità e le malattie cardiovascolari rappresentano sfide complesse che derivano da una combinazione di fattori genetici, comportamentali, ambientali e sociali. Sebbene il marketing aggressivo delle aziende alimentari, che promuove prodotti ad alto contenuto di zuccheri, sale e grassi, abbia un ruolo significativo, è essenziale adottare un approccio largo, che includa anche l’educazione alimentare, corsi di cucina tenuti da nutrizionisti e la promozione di stili di vita salutari sin dall’infanzia. Una delle misure che potrebbero funzionare è l’introduzione di una tassa sugli alimenti non salutari, in particolare quelli ricchi di zuccheri, grassi saturi e sale. Questa strategia ha dimostrato, in diversi contesti internazionali, di ridurre il consumo di cibi nocivi e incentivare comportamenti alimentari più sani. La tassazione può fungere da deterrente, orientando le scelte dei consumatori verso prodotti più salutari, soprattutto se i ricavi vengono reinvestiti in programmi di prevenzione e educazione alimentare. D’altro canto, è necessario che alimenti sani, come frutta, verdura, legumi e cereali integrali, siano accessibili e convenienti per tutti. Questo potrebbe essere realizzato attraverso politiche che incentivino la produzione e il consumo di cibi freschi, ad esempio con sovvenzioni per agricoltori locali e con strategie che favoriscano l’acquisto di prodotti alimentari salutari nei supermercati. Serve poi una più severa regolamentazione delle pubblicità. Il marketing diretto ai bambini, in particolare attraverso la televisione e i Social media, promuove frequentemente alimenti non salutari e questa esposizione precoce può influenzare negativamente le abitudini alimentari future. Personalmente, vieterei la pubblicità di cibo spazzatura o di bevande ad alto contenuto di zuccheri durante le fasce orarie in cui i bambini sono maggiormente esposti, oltre a vietare l’uso di personaggi dei cartoni animati o mascotte per promuovere questi prodotti.

La resistenza antimicrobica è considerata una delle principali minacce per la salute globale. Quali progressi sta facendo la ricerca immunologica per rafforzare il sistema immunitario e ridurre la dipendenza dagli antibiotici? O che cos’altro mettere in campo?

Sì, è vero, e io stessa ne parlo da oltre un decennio con grande preoccupazione. Per molto tempo ci siamo adagiati sull’efficacia di pochi antibiotici, senza investire nella ricerca di nuove molecole. E quelli che avevamo li abbiamo usati malissimo, con i risultati che conosciamo: la resistenza dei batteri. Ma da qualche anno ho iniziato a sperare che la situazione possa tornare sotto controllo e questo grazie alle enormi potenzialità dell’Intelligenza Artificiale in questo àmbito. L’uso dell’Intelligenza Artificiale nella scoperta di nuovi antibiotici rappresenta un cambio di paradigma, accelerando drasticamente i processi di scoperta e sviluppo. Attraverso tecniche avanzate di analisi dei dati, previsione delle proteine, ottimizzazione dei farmaci e scoperta di nuovi meccanismi d’azione, l’AI sta contribuendo a rispondere alla crisi globale della resistenza agli antibiotici. Anche se siamo solo agli inizi, il potenziale è enorme e potrebbe portare a una nuova generazione di antibiotici in grado di contrastare i batteri più resistenti. Ricordiamoci però che il vero problema è il mercato della medicina: gli antibiotici non generano grandi profitti e le aziende non hanno dunque interesse a investire in questo settore. Da parte nostra, come consumatori, possiamo informarci e scegliere prodotti la cui produzione non richieda l’uso di antibiotici. Per esempio, potremmo cercare allevatori locali e piccoli invece di consumare prodotti da allevamenti intensivi.

Perché le malattie autoimmuni, che crescono a doppia cifra, sono un argomento su cui lavorare? E cosa indica questo incremento della loro diffusione?

L’incremento delle malattie autoimmuni è legato a una complessa – e non ancora del tutto compresa – interazione tra genetica e ambiente. Il nostro DNA non è cambiato negli ultimi 50 anni ma l’ambiente sì. L’inquinamento e i cambiamenti nello stile di vita potrebbero dunque essere tra i fattori scatenanti delle malattie autoimmuni. L’aumento della loro diffusione, così come delle malattie su base allergica, suggerisce che il nostro sistema immunitario sta reagendo in modo errato a questi nuovi stimoli ambientali. Tra questi, ci sono anche la mancanza di sonno e i disturbi dei ritmi circadiani, l’alimentazione sbilanciata, lo stress e la sedentarietà. E naturalmente tutte le sostanze chimiche che respiriamo o ingeriamo con l’alimentazione. Questa crescita delle malattie immunologiche rende urgente comprendere meglio le cause sottostanti e sviluppare terapie mirate che modulino la risposta immunitaria senza sopprimerla completamente. I farmaci biotecnologici che prendono di mira specifiche molecole hanno rappresentato una svolta per i pazienti e oggi si sta ragionando sulla terapia con le cellule CAR-T per alcune forme di autoimmunità. Tuttavia, la ricerca deve proseguire per cercare di capire quali sono le cause scatenanti di queste patologie e fornire un valido strumento per prevenirle. Rimettere in riga il sistema immunitario è purtroppo ancora oggi una sfida complessa. Ecco perché è importante ricordare alla popolazione che uno stile di vita sano riduce il rischio di sviluppare la malattia.

Quali priorità suggerirebbe per un’agenda di politiche sanitarie da implementare subito, alla luce delle attuali sfide sanitarie globali e nazionali?

Per affrontare le sfide sanitarie del futuro, dobbiamo cambiare paradigma e mettere la prevenzione al centro delle nostre politiche sanitarie. Non possiamo più permetterci di pensare alla salute solo in termini di cure. È fondamentale promuovere stili di vita sani attraverso un approccio preventivo, che incoraggi la popolazione a prendersi cura di sé prima che si sviluppino malattie croniche. Questo richiede coraggio, lungimiranza e un impegno concreto nella diffusione di programmi educativi che insegnino fin dall’infanzia l’importanza di una dieta equilibrata, dell’attività fisica e della riduzione di comportamenti a rischio, come il fumo e l’uso abituale di alcol. E che ricordino sempre ai nostri ragazzi cos’era il mondo prima dei vaccini e quanto sia importante continuare a mantenere alta l’immunità della popolazione nei confronti di infezioni come la poliomielite o il morbillo. Inoltre, ormai sappiamo che la salute ambientale non può più essere separata dalla salute umana. L’inquinamento atmosferico, delle acque e del suolo, la deforestazione, i danni che derivano da una produzione insostenibile e i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto devastante sulla salute delle persone. E il quadro in futuro potrebbe essere ancora più catastrofico a causa delle infezioni favorite direttamente – attraverso la generazione di nuovi patogeni per l’essere umano – o indirettamente ‒ per l’antibiotico-resistenza ‒ dagli allevamenti intensivi e dal cambiamento del clima. Politiche che promuovano la sostenibilità ambientale devono diventare parte integrante della pianificazione sanitaria, anche a costo di qualche mal di pancia nei settori produttivi che inquinano maggiormente. C’è poi un tema di cui si parla troppo poco: la povertà come determinante della salute. Un’evidente priorità per il nostro Paese sono le diseguaglianze socioeconomiche, tra classi sociali e tra regioni. Nelle aree più povere del Paese, le persone vivono in media di meno e in uno stato di salute peggiore rispetto a chi vive in regioni più ricche. Le ragioni sono molteplici ma, semplificando un tema complesso, potremmo dire che vivere in povertà significa avere maggiore bisogno di assistenza sanitaria (le malattie croniche sono più diffuse, spesso a causa di una maggiore esposizione a fattori di rischio come la cattiva alimentazione e lo stress) ma disporre di meno risorse o opportunità per accedervi. Non possiamo ignorare che la salute è anche una questione di equità. Garantire che tutti abbiano accesso alle stesse opportunità di cura e prevenzione, indipendentemente dalla regione in cui si vive o dalla condizione economica, deve essere una priorità delle politiche sanitarie. Non si tratta solo di distribuire risorse in modo più equo, ma anche di affrontare le radici profonde delle disuguaglianze: povertà, istruzione, lavoro e ambiente sono tutti determinanti fondamentali della salute e devono essere parte integrante di una strategia per migliorare il benessere della popolazione. Solo riducendo questo divario possiamo sperare di migliorare la salute di tutti, non solo di chi vive in condizioni privilegiate. Il futuro della Sanità passa attraverso una visione ampia e integrata, che mette al centro la prevenzione, la sostenibilità ambientale e sociale e la lotta alle disuguaglianze; e che possa contare su una programmazione illuminata e lungimirante. Solo così potremo evitare il crollo di un meraviglioso sistema come il Servizio sanitario nazionale. È ora di fare scelte coraggiose.

Leggi anche



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link