La frittella più buona di Venezia, ultima settimana per votare la migliore sulla pagina Facebook X-Frittol

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«Secondo me il Mammalucco di Bonifacio dovrebbe essere dichiarato patrimonio dell’umanità», dice anzi, scrive Silvia. «Meglio anche di quello di Targa?» si chiede, le chiede, dubbiosa e perplessa, Francesca. E Silvia non perde tempo e chiarisce: «Per me sì, perché lo trovo più cremoso». Che sia davvero un valore aggiunto è tutto da dimostrare ma, si sa, i gusti sono gusti.


Benvenuti su “X-Frittol” (e diffidate dalle imitazioni che cominciano a diffondersi), il contest popolare che dal 2021 elegge la miglior frittella di Venezia, attraverso un gruppo Facebook privato che al momento conta quasi 1200 membri chiamati a votare (da regolamento) “la miglior frittella del Carnevale Veneziano. Si votano solo frittelle effettivamente assaggiate nel 2025, non ricordi d’infanzia o voti sulla fiducia. Si vota solo nel sondaggio ufficiale, ma sono gradite e anzi incoraggiate recensioni, riflessioni, voti e analisi nei singoli post (che tuttavia non costituiranno voto ufficiale”. Si vota, aggiungiamo noi, per tutte le tipologie di frittelle e per ciascuna ci sarà una classifica finale dedicata.

DIVERTIMENTO & RIGORE

Nato come un goliardico divertimento, X-Frittol, pur difendendo con forza la sua vocazione giocosa, è diventato una cosa seria, oltreché un modo per fare comunità, all’insegna della tradizione in una città nella quale le fritoe sono quasi una religione.
Divertimento e rigore, competenza e amore per la città sono i tratti fondamentali del fondatore, Enrico Bettinello, 53 anni, Docente di Storia del Jazz presso il Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e di Elements of Theatre and Live Art Production presso l’Università Ca’ Foscari Venezia, solo per citare un paio di incarichi e non farla troppo lunga.
Ovviamente anche peccatore di gola, papà di un gruppo che nasce «dopo che per qualche anno avevo ospitato sul mio profilo un sondaggione informale. È un gioco, ma anche un modo per mappare una città e una comunità che nonostante le fragilità si riconosce come cittadinanza e riconosce anche alle pasticcerie e ai panifici un’insostituibile funzione sociale e identitaria».

GRAN FINALE

L’avventura frittolesca parte, inesorabile, ogni 7 gennaio quando dai blocchi di partenza scattano a decine e prosegue, senza sosta, fino al martedì grasso, dunque fra otto giorni, ed è tutto uno sgomitare fra pasticcerie e panifici, vecchie glorie del settore e nuove scoperte. A Venezia, capitale della fritola, ma anche a Mestre, dove non mancano le opzioni e nemmeno i picchi di qualità.
Ognuno ha i propri beniamini e le proprie fissazioni, e c’è anche chi frustrato di fronte a troppa, ostentata discordanza rispetto alle proprie opinioni in materia – non ammette discussioni e, affranta, annuncia: «Circondata da pareri poco attenti (per esempio a che tipo di pinoli o di lievitazione), e da gente che ama fritole con ripieni, o col buco, vi saluto amici carissimi… grazie per qualche consiglio, buon carnevale». E del resto “questa è la rete, bellezza”, direbbe qualcuno.

ASSAGGIA E VOTA

Si assaggia a raffica con sprezzo del pericolo e si vota, si fotografa e si posta, ci si confronta – fra stupori, scoperte e conferme e ci si scontra (buco sì, buco no) fra entusiasmo e sconforto, si piange il pinolo scomparso (o quasi), si denuncia l’uvetta sparuta (a volte sparita) e si celebra la crema perfetta, si condanna il grasso che cola o la perduta morbidezza, si sprofonda nella delusione o si vola al settimo cielo.
Ad esempio Chiara descrive così il suo assaggio: «…la nota davvero negativa è quel bicchiere di olio servito a Il Brazorà, la focaccia tipica ampezzana reinterpretata dallo chef di Baita Piè Tofana compagnamento alla fritola, unta come neanche Carlo Conti a farsi una lampada».
Deluso anche Pierpaolo: «Grande dispiacere. Una delle migliori dello scorso anno… risulta piena di difetti. L’impasto poco lievitato porta ad una scarsa cottura dell’interno, dove uvetta ed i pinoli (pochi) si distribuiscono solo in prossimità della superficie».
E c’è chi (Massimo) si lascia prendere la mano, dall’entusiasmo, dal dialetto e dalla poesia: «Dorata fora, leggera dentro, la se rompe tra le dita come un sospiro de vento su la laguna. Tanti alveoli, segno de una pasta ben lievitada, e poche uvette e pinoli, sì, ma quel che ghe xe, par messi col pensier, senza prepotenza, giusto per regalar un toco de dolce senza pesar…»
E poi ci sono quelli che «solo la Veneziana, del resto non mi curo» che è un po’ come per la pizza che «se non è napoletana neppure mi siedo» – e chi al contrario allarga gli orizzonti, si offre a qualunque esperienza, pistacchio o ricotta, mele o nutella, chantilly o panna, perché alla gola non si comanda. Fino all’ultimo morso e all’ultimo voto. Fino alla fine. In attesa del verdetto.

LA VARIANTE CONTESA

P.S. Il Mammalucco di cui all’inizio per chi non lo sapesse – è una frittella a forma cilindrica, che prevede anche crema pasticcera e cubetti di arancia candita. A contendersene la paternità sono le pasticcerie Targa a Rialto e Bonifacio a Castello. Del resto ogni dolce che si rispetti ha una storia che si tinge di giallo e casualità, e anche il Mammalucco sarebbe nato da un errore del pasticcere muranese Sergio Lotto. La preparazione ha avuto negli ultimi anni un tale successo che da Targa la preparano anche al di fuori del canonico periodo di Carnevale, ottima notizia per i golosi impenitenti, un po’ meno per i tradizionalisti ad oltranza per il quale la frittella dopo il martedì grasso equivale al panettone estivo. Un’eresia.
 





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