Non fissano l’appuntamento dal notaio e perdono la caparra versata per l’acquisto dell’appartamento

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 


Mettono in vendita un immobile, l’acquirente versa la caparra, ma poi l’affare non si conclude e la vicenda finisce davanti al Tribunale civile di Perugia per la mancata restituzione della caparra.

I venditori, assistiti dall’avvocato Francesco Maggiolini, sono stati citati in giudizio dagli acquirenti, difesi dall’avvocato Demetrio Dongiovanni, per farsi restituire “41.000 euro a titolo di caparra confirmatoria a causa del grave inadempimento contrattuale perpetrato dai promissari venditori” oltre al risarcimento “per la mancata conclusione del contratto di compravendita… di quelli da occupazione abusiva dell’immobile e per violazione della buona fede contrattuale”.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Secondo gli acquirenti, infatti, le parti avevano stipulato un accordo sulla “futura compravendita” di un appartamento, stabilendo “l’immissione nel possesso dell’immobile” e la “possibilità di effettuare migliorie”. Fissata anche la data del rogito notarile. Per tutelarsi era stata firmata una scrittura privata “contenente da un lato la promessa di vendita e dall’altro la promessa di acquisto”, versando una caparra di 41mila euro e stabilendo il pagamento di 38 rate per coprire il resto della somma. Il tempo, però, passa e il rogito slitta sempre più avanti. Trascorso un anno dalla firma della scrittura privata, i venditori “avevano inviato una richiesta per la stipula immediata del rogito notarile e per il pagamento delle rate scadute, minacciando altrimenti la risoluzione del contratto con perdita della caparra”.

Gli acquirenti sostenevano di non aver ancora ottenuto il mutuo in quanto sull’immobile c’era una ipoteca di un terzo soggetto. Estinta la quale si poteva procedere. Cosa che i venditori facevano, chiedendo di poter procedere con l’operazione. Anche in questo caso, però, non accadeva nulla. Così i proprietari si tenevano la caparra e non vendevano più l’immobile.

Il Tribunale civile di Perugia e la Corte d’appello hanno dato ragione ai venditori, sostenendo che “la ritenzione della caparra può derivare tanto dall’effetto risolutorio scaturente dal recesso, quanto dalla diffida ad adempiere cui si congiunge l’inutile decorso del termine nel qual caso la caparra deve essere intesa quale limitazione predeterminata della richiesta di risarcimento”.

Per i giudici civili di Perugia “il gravame proposto dai promissari acquirenti secondo cui la risoluzione del contratto preliminare avrebbe dovuto essere imputata alle promittenti alienanti, dolendosi dell’accoglimento della domanda attorea e quindi dell’accertamento del diritto di parte attrice a ritenere, tra l’altro, la caparra confirmatoria”.

Il preliminare è stato inteso “risolto di diritto” a causa della “mancata ottemperanza della diffida ad adempiere” da parte dell’acquirente. In presenza dell’inadempimento della controparte è scattato “l’effetto risolutorio del contratto attraverso la diffida ad adempiere (cui si è congiunto l’inutile decorso del termine) non deve perciò perdere il diritto di ritenere la caparra (ove prevista) in funzione di liquidazione del danno”.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link