Non solo a Roma, dove la commemorazione dello studente di 19 anni ucciso il 22 febbraio del 1980 si è fusa con la protesta contro il disegno di legge proposto dai ministri Crosetto, Nordio e Piantedosi, ma le manifestazioni hanno riempito le strade della maggior parte delle città italiane: da Trento a Lecce, passando per Milano, Bologna e Napoli
«Valerio è vivo e lotta insieme a noi. Le nostre idee non moriranno mai». Un grido improvviso rompe il chiacchiericcio delle centinaia di persone che si sono riunite, come ogni anno da 45, in via Monte Bianco a Roma, per ricordare Valerio Verbano, lo studente antifascista del liceo Archimede, ucciso a 19 anni, con un colpo di arma da fuoco alle spalle, dentro casa sua, il 22 febbraio 1980.
Mentre i genitori erano immobilizzati in camera da letto da tre persone che, spacciatesi come amici del figlio, l’avevano convinti ad aprire la porta dell’appartamento. Mai più trovati gli assassini così come il dossier completo che Verbano aveva realizzato sui rapporti tra estrema destra, criminalità organizzata e apparati dello Stato.
«Per me era come un figlio», sussurra un signore dai baffi folti e bianchi, come i capelli. Conosceva bene Verbano ma parla malvolentieri, non è sceso in piazza per far parlare di sé, ma per commemorare l’impegno di una giovane militante ammazzato.
Così fa capire mentre ricorda, con i compagni che gli sono accanto, i tempi in cui militavano in Lotta continua. Intanto una bambina, arriva in monopattino, sfugge alla presa della madre e posa una margherita sotto la targa già piena di fiori che, proprio sotto casa di Verbano, ricorda lo studente rimasto senza giustizia e i suoi genitori, Carla e Sardo.
«Siamo scesi in strada come ogni anno per ricordare l’impegno di Verbano, un militante comunista ucciso perché voleva costruire una società più giusta. Basata sull’uguaglianza e non sullo sfruttamento. Priva del terrore della guerra. Oggi più che mai è importante essere in piazza per ricordare Valerio e portare avanti le sue idee», spiega Daniele Agostini, segretario romano del Fronte della gioventù comunista, davanti all’enorme striscione: «Valerio Vive». Ed è mentre parla, pochi minuti dopo le 17, che arriva il grido che rompe il momento di raccoglimento.
Sono gli studenti del coordinamento del Terzo municipio di Roma che, circondanti dalla nube rossa dei fumogeni, come ogni anno anche questo 22 febbraio hanno dato il via al corteo che commemora Verbano per le strade dei quartieri Tufello e Montesacro: «Siamo qui perché crediamo ancora nel futuro. Vogliamo riportare l’umanità al primo posto. Non è bello vederci così pieni di voglia di fare?», si chiede, senza che la sua espressione lasci spazio ad alcun dubbio, Davide Costantini, del coordinamento studentesco, con il sorriso che gli illumina il viso, la bandiera dal collettivo in una mano e nell’altra il megafono.
Non appena parte il corteo, che in ogni isolato si arricchisce di nuovi partecipanti, tanto che si sente anche qualcuno vociferare «siamo diecimila», inizia anche la musica, da Bella Ciao agli Ska-p, dagli Inti-Illimani ai Los Fastidos.
Riescono a fermarla solo i flash mob, i fuochi d’artificio e gli interventi degli organizzatori che uno dopo l’altro si avvicinano alla testa della fitta massa di persone per raggiungere in microfono.
Contro il ddl sicurezza
Tra la marea di cittadini, anche il fumettista Zerocalcare, esponenti del Partito democratico, i sindacalisti della Cgil, l’Anpi, Non una di Meno, i militanti del Brancaleone, della Palestra popolare Valerio Verbano, la Rete Antisionista per la Palestina, sono centinaia le realtà che sostengono la manifestazione: «Perché ricordare Valerio oggi significa anche impegnarsi al massimo contro la svolta autoritaria in atto. Che in Italia trova la sua traduzione nell’operato del governo Meloni e nel ddl sicurezza: 38 articoli vergognosi che distruggeranno il libero dissenso nel paese», spiega a Domani Luca Blasi, assessore del III Municipio di Roma. Blasi è tra i promotori della rete No Ddl A pieno regime, che ha preso forma proprio per contestare il disegno di legge in materia di sicurezza approvato alla Camera lo scorso settembre. A marzo arriverà in Aula al Senato: «Attraverso le mobilitazioni siamo riusciti a ritardare l’iter del ddl che il governo avrebbe voluto approvare entro la fine del 2024. Per questo non abbiamo intenzione di fermarci», conclude Blasi, tornato un paio di settimane fa da Bruxelles dove è stato insieme alla Rete per denunciare all’Unione europea la minaccia ai diritti in corso in Italia.
A manifestare contro il ddl sicurezza il 22 febbraio infatti non ci sono solo i cittadini romani. Da Trento a Lecce, passando per Milano, Bologna, Napoli e non solo, sono tante le città italiane in cui i manifestanti hanno riempito piazze e strade per dire no alle «Zone rosse, sgomberi e sfratti, daspo e guerra ai poveri. Nelle nostre città e nelle nostre periferie il ddl Sicurezza è già operativo, con la repressione del dissenso e la persecuzione delle classi popolari trasformate in classi pericolose», si legge nel comunicato preparato per lanciare la giornata di protesta.
Con l’obiettivo di creare un fronte unico di resistenza, dall’antifascismo alla lotta al patriarcato, dal sostegno al popolo palestinese e quello curdo e siriano: «Costruiamo insieme un futuro libero da discriminazioni, repressione e violenza. Oggi come 45 ani fa l’invito di Valerio è a non abbassare la guardia», dice al megafono Alice del centro sociale autogestito Astra mentre il corteo prosegue verso via Monte Ruggero dove artisti come Rancore, Giancane, Gli Ultimi, sono pronti per iniziare il concerto.
Foto di Renato Ferrantini
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