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Gli ucraini pronti a cedere risorse naturali in cambio di aiuti militari. Il leader modera i toni ma continua a escludere Zelensky dalle trattative
«Non penso che sia importante che Zelensky partecipi ai negoziati. Fino ad ora ha fatto un pessimo lavoro nelle trattative». Parole del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ieri è tornato ad attaccare il suo omologo ucraino. Ma rispetto ai toni dei giorni scorsi, quando aveva definito «un dittatore» e ha minacciato conseguenze per lui poco piacevoli se non scenderà a più miti consigli, i suoi attacchi sono scesi di volume. Il probelam di Zelensky, ha detto Trump: «È che in mano non ha alcuna carta da giocare».
Parlando con i giornalisti, Trump ha fatto persino una sorta di passo indietro rispetto alle accuse di essere il vero responsabile del conflitto lanciate nei giorni scorsi. Chi gli attribuisce queste parole, ha detto ieri, dice una “fake news”: «Io dico soltanto che questa guerra non sarebbe mai dovuta avvenire. Zelensky e Biden sono stati attaccati da qualcuno molto più forte di loro. Sarebbe stato facile parlare alla Russia e fermare la guerra».
Trump ha anche criticato i capi di governo di Francia e Regno Unito, «anche loro non hanno fatto niente [per fermare la guerra]», ma ha detto che non è vero che sta escludendo l’Europa dai negoziati, affermando di aver parlato già due volte con il presidente francese Emmanuel Macron, che visiterà Washington lunedì, e che incontrerà il primo ministro britannico, Keir Starmer, nel corso della settimana.
Accordo vicino
A fare cambiare parzialmente rotta a Trump sarebbero stati i passi avanti compiuti sull’accordo per la cessione dei diritti di sfruttamento delle risorse presenti nel sottosuolo ucraino. Dopo una notte di trattative, Zelensky sarebbe pronto a firmare, ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, durante la convention dei conservatori in corso in queste ore in Maryland. Nei giorni scorsi, Zelensky aveva paragonato l’accordo a una «svendita del paese». Gli ucraini sono molto sensibili al tema della sovranità del paese. Una legge approvata dal governo per liberalizzare l’acquisto di terreni agricoli da parte di multinazionali estere, ad esempio, aveva prodotto critiche e proteste anche in tempo di guerra.
Ill testo del documento proposto dagli americani sarebbe cambiato negli ultimi giorni e i delegati americani avrebbero eliminato alcune delle clausole più controverse dell’accordo, ad esempio il fatto che eventuali dispute avrebbero dovuto essere risolte dal tribunale di New York. Ulteriori concessioni sarebbero state fatte nel corso della notte di trattative. Non è chiaro se il nuovo documento contiene la principale richiesta di Kiev: l’offerta di garanzie militari, come ad esempio ulteriori forniture di armi.
Ad influenzare Zelensky ci sarebbe stata anche la pressione degli alleati interni e internazionali. Secondo il sito Politico, leader repubblicani favorevoli all’Ucraina avrebbero raccomandato a Zelensky di firmare, dicendo che è l’unico modo per riparare i rapporti con Trump, precipitati al minimo storico nelle ultime ore. Un potenziale nuovo clima sottolineato anche dalle parole dell’nviato per l’Ucraina, Keith Kellog, che si trova da tre giorni nel paese e ieri ha definito «positivi» i colloqui con Zelensky che ha descritto come «un leader coraggioso».
Cosa vuole Trump
L’accordo in questione è segreto, ma secondo quanto affermato da Trump, permetterebbe agli Stati Uniti di ottenere il 50 per cento dei profitti ottenuti in Ucraina dallo sfruttamento delle risorse presenti nel suo sottosuolo. Il presidente americano afferma che grazie allo sfruttamento delle famose “terre rare”, minerali importanti nella produzione di dispositivi elettronici, gli Stati Uniti potrebbero ottenere fino a 500 miliardi di dollari.
L’origine di questa cifra, però, non è chiara. L’Ucraina, inoltre, non possiede significativi depositi di terre rare che siano pubblicamente conosciuti. Nella parte orientale del paese si trovano invece giacimenti di ferro, carbone, litio e stagno. Gran parte di queste minieri si trovano o nei territori occupati dalla Russia oppure a ridosso del fronte. La principale miniera di carbone in Ucraina, vicino alla città di Pokrovsk, è chiusa da mesi a causa della sua prossimità con la zona dei combattimenti.
Il primo a offrire agli alleati risorse minerali in cambio di aiuti militari era stato lo stesso Zelensky, nel suo piano per la vittoria presentato agli alleati alla fine della scorsa estate. Visti gli sviluppi di questi ultimi giorni, ha scritto l’agenzia Bloomberg, il piano sembra essere sfuggito dal suo controllo.
Segnali da Russia e Cina
Dalla Russia arrivano nuovi segnali di possibili concessioni. Secondo l’agenzia Reuters, tre distinte fonti vicine al governo avrebbero detto che il Cremlino è disponibile a concedere l’utilizzo di parte dei 300 miliardi di beni russi congelati in Europa per la ricostruzione dell’Ucraina, a patto che parte dei fondi venga utilizzata nei territori occupati, che ammontano circa a un quinto della superficie del paese. Questi sono in gran parte asset della banca centrale russa al momento congelati per ragioni legali. La Commissione europea utilizza gli interessi generati da questi beni per finanziare l’Ucraina, ma il grosso del denaro rimane inutilizzato per timore di controversie internazionali.
Nel frattempo, dal vertice del G20 in corso in Sudafrica, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, saluta con favore il nuovo clima tra Russia e Stati Uniti. «Il dialogo è meglio dello scontro e la pace è meglio della guerra», ha detto il ministro.
Secondo l’intelligence militare ucraina, la Russia intederebbe annunciare la vittoria nel conflitto lunedì 24 gennaio, in occasione del terzo anniversario del conflitto.
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