Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove (Fratelli d’Italia). – ANSA
Alle cinque e mezza di sera, quando i giudici dell’ottava sezione penale del Tribunale di Roma leggono il dispositivo della sentenza che lo condanna a 8 mesi di detenzione per rivelazione di segreto d’ufficio nel caso Cospito, il volto del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove si rabbuia di colpo. «Spero ci sia un giudice a Berlino, ma non mi dimetto», è il suo primo commento per la chiusura inattesa di un processo di primo grado che aveva vissuto sin dalle prime battute come una sorta di “persecuzione”, dopo che nel luglio scorso la gip Emanuela Attura aveva disposto per lui l’imputazione coatta, non accogliendo la richiesta di archiviazione formulata in quella fase dalla procura. Insomma, Delmastro non se lo aspettava, e con lui tutto il governo, considerato che in mattinata i due pubblici ministeri, Paolo Ielo e Rosaria Affinito, avevano chiesto alla Corte la sua assoluzione, ritenendo mancante «l’elemento soggettivo del reato». Richiesta formulata alla Corte, in parallelo, dai suoi avvocati difensori, convinti che la «vicenda sarebbe dovuta restare nell’ambito politico». Un procedimento innescato dalle dichiarazioni fatte nel febbraio 2023 in Parlamento dal deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, collega di partito di Delmastro, che nell’aula della Camera riferì il contenuto di alcune conversazioni (avvenute nell’ora d’aria e ricostruite dalla polizia penitenziaria) nel carcere di Sassari tra l’anarchico Alfredo Cospito, protagonista di un lungo sciopero della fame per protestare contro la propria condizione detentiva, e alcuni detenuti per reati di camorra e di ‘ndrangheta, anche loro ristretti in regime di 41 bis. Informazioni che Donzelli avrebbe potuto avere da Delmastro, col quale coabitava a Roma, e che aveva utilizzato per un’invettiva politica, criticando alcuni esponenti del Pd per aver fatto visita a Cospito, «mentre parlava coi mafiosi».
Nordio a Palazzo Chigi, poi la blindatura di Meloni
Al fianco di Delmastro si schiera immediatamente il Guardasigilli Carlo Nordio, dichiarandosi «disorientato e addolorato per una condanna che colpisce uno dei collaboratori più cari e capaci». Nordio dice di confidare in una «radicale riforma della sentenza in sede di impugnazione» e, nel frattempo, rinnova «all’amico Andrea Delmastro la più totale ed incondizionato fiducia. Continueremo a lavorare insieme per le indispensabili ed urgenti riforme della Giustizia». Ma la grana ormai è scoppiata e non la si può liquidare senza un confronto interno al governo. Non passa neppure un’ora dalla sentenza che il ministro è già a Palazzo Chigi per un colloquio con la premier Giorgia Meloni, che a sua volta, prima dei tg delle 20, affida a una nota il proprio malumore: «Sono sconcertata per la sentenza di condanna del sottosegretario, per il quale il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione e successivamente l’assoluzione – argomenta -. Mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione». Poi liquida la questione così: «Il sottosegretario Delmastro rimane al suo posto».
Toni più accesi arrivano dalla maggioranza, in cui predomina la rabbia per una sentenza che soprattutto gli esponenti di Fdi definiscono senza mezzi termini «politica». E il cui primo effetto – al di là delle conseguenze penali per il sottosegretario che comunque ricorrerà in Appello – è quello di arroventare le braci di un clima già caldo da mesi fra l’esecutivo e la magistratura per via della riforma costituzionale sull’ordinamento giudiziario.
Le opposizioni insorgono: deve lasciare
Nel procedimento si sono costituiti parte civile i quattro parlamentari del Pd – Andrea Orlando, Silvio Lai, Debora Serracchiani e Walter Verini – criticati da Donzelli nel 2023 in Parlamento. E insieme a tutti i dem, con la segretaria Elly Schlein in testa, chiedono un passo indietro del sottosegretario. Basta con le «dichiarazioni eversive» di Fdi, incalza Schlein, «adesso Meloni lo faccia dimettere». Rincara la dose il leader di M5s, Giuseppe Conte: «Delmastro e Santanchè si sentono intoccabili. La principale colpevole di questo andazzo è Meloni, che chiedeva le dimissioni di tutti dall’opposizione e invece ora ha perso la coerenza». Lapidario è il leader di italia Viva, Matteo Renzi: «Un sottosegretario alla Giustizia che attacca i magistrati che lo condannano. E la Meloni sta con lui. Dalla Repubblica delle Banane è tutto».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link