IG2025: Identità Future – Giancarlo Perbellini: «Se vogliamo dare un futuro alla cuci

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Giancarlo Perbellini ha riaperto la sua Casa dei 12 Apostoli martedì sera scorso, rinfrancato da un po’ di ferie dopo 16 mesi praticamente senza tregua ma ricchi di soddisfazioni. Ricapitolando: il 5 settembre 2023 fa il primo servizio nel ristorante ora di sua proprietà, lo stesso in cui aveva cominciato la gavetta, un sogno che si realizza. Il 5 novembre 2024 l’insegna ottiene le 3 stelle Michelin, il coronamento di una carriera. Domenica 23 febbraio 2025, il cuoco veronese salirà sul palco di Identità Milano per raccontare tutto quel che di buono bolle in pentola nel vicolo Corticella San Marco di Verona.

Tanto di buono, specifichiamo noi che abbiamo appena avuto la fortuna di desinare nella sala dello chef’s table, rapiti da un plotone di cuochi disposti dietro alla L di una fiammeggiante cucina a vista, nei nuovi spazi ridefiniti da Patricia Urquiola. E prima c’era il tour nelle segrete romane dello storico indirizzo, un piccolo viaggio in cui è proprio il cuoco a fare da cicerone. Un prologo formidabile, prima di accomodarsi e godere di quella cucina di forte matrice classica, che però non smette mai di aggiornarsi, complice anche l’irrequietezza che Perbellini cela dietro a quel carattere, mite ma solo all’apparenza.

«Mi stufo in fretta», confessa il nostro cuoco, 45 anni di onorato servizio, «le ripetizioni mi stancano ed è il motivo per cui ogni due mesi cambio tutto il menu. Mi piace scoprire cose sempre nuove. Non sono un modernista sistematico ma cerco sempre di capire quali vantaggi mi può regalare una novità. Sono un classicista, tante cose le metto in punta di piedi, non esagero mai. Però le tecniche ci sono quasi tutte».

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Un Giancarlo Perbellini 18enne tra l'ex presidente della Repubblica Sandro Pertini e il suo maestro Giorgio Gioco

Un Giancarlo Perbellini 18enne tra l’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini e il suo maestro Giorgio Gioco

Alcune gemme dalla collezione di Casa Perbellini 12 Apostoli 

Alcune gemme dalla collezione di Casa Perbellini 12 Apostoli 

Può darci qualche anticipazione sulla lezione di Milano?
Porterò due insalate, un genere alimentare che non è poi così parte del mio dna. Ma da 5 anni ho cominciato ha esplorare il mondo dei vegetali, anche con un menu ad hoc. Nella prima insalata ragionerò attorno alla Salsa Bercy, una preparazione che appare già nella Guida alla Cucina di Auguste Escoffier, piuttosto classica nella sua definizione con fumetto e scalogno. L’abbiamo rivoluzionata utilizzando dell’olio di vinaccioli al posto del burro, senza per questo tradire la memoria del gusto. La seconda insalata sarà dedicata a Maria Callas, una presenza storicamente importante a Verona…

Se i suoi piatti cambiano ogni due mesi, il Wafer di branzino è incrollabile in carta da 27 anni.

Non ci penso neppure a modificarlo. È mio figlio e guai a chi me lo tocca. L’unica cosa che è cambiata è che ora ne dobbiamo farne 70/80 al giorno, mentre prima, tra Isola Rizza e la prima sede di Casa Perbellini, ne preparavamo 35 al massimo. Per questo ora mi sono fatto fare degli stampi per stenderne 16 in un colpo. Fino a pochi mesi fa il responsabile dei wafer faceva quello tutto il giorno. Ora non più.

Quant’è importante il benessere dei ragazzi?

Oggi è fondamentale. Non è più possibile pensare di far lavorare cuochi e camerieri ai ritmi di prima. Da maggio i nostri faranno 5 turni di riposo, 3 sere e 2 pranzi a casa, torneremo a chiudere il sabato sera. Questo inciderà certamente in positivo sull’umore complessivo. E quindi sull’esperienza del cliente. Ma, per il futuro della professione, penso che il tema cruciale sia un altro.

Scampo, tartufo, mela e salsa Bercy, tema della lezione di Identità Milano

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Il mio wafer: tartare di branzino, caprino, liquirizia, in carta da 27 anni

Il mio wafer: tartare di branzino, caprino, liquirizia, in carta da 27 anni

Quale?
Le scuole: se non le riformiamo del tutto, le vocazioni dei ragazzi non decolleranno mai. Oggi gli istituti alberghieri non ti trasmettono il significato di questo mestiere: la tecnica e le conoscenze teoriche sono insufficienti se non insegniamo la manualità. Dovremmo studiare più la chimica, una disciplina fondamentale, mai introdotta. Insegnare i ragazzi a scendere nel perché delle cose. Certo, occorrerebbe anche incentivare i maestri bravi a poter esercitare senza difficoltà il loro mestiere. Sennò così si chiamano scuole professionali ma danno poco alla professione. Non fanno capire cosa facciamo realmente.

Nella crisi di vocazione c’è anche un problema di stipendi?

Certo, e infatti tanti nostri ragazzi vanno a lavorare in Francia, dove un capo-partita alla fine del mese si trova in tasca 1.000 euro al mese, se non di più. Saranno probabilmente questi ragazzi a tornare da noi e far crescere la nostra cucina. Il grosso problema per gli imprenditori italiani è il costo elevato dei contributi: la percentuale del food cost è irrisoria rispetto a quella sostenuta per le risorse umane. Si lascia di più allo stato che alla busta paga del lavoratore. Ma in questo modo i ragazzi se ne vanno.



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