“La dissimulazione del proprio pensiero (e la corrispondente figura retorica) con parole che significano il contrario di ciò che si vuol dire, con tono tuttavia che lascia intendere il vero sentimento”. Questa è la definizione che il dizionario Treccani dà dell’ironia, parola chiave che i curatori Lorenzo Balbi e Caterina Molteni hanno utilizzato per ordinare la collettiva Facile ironia. L’ironia nell’arte italiana tra XX e XXI secolo, aperta al MAMbo di Bologna fino al 7 settembre 2025.
Un tema apparentemente facile, quasi banale, affrontato in questa sede con notevole serietà, attraverso la selezione di 100 opere realizzate da 70 artisti, per rileggere la storia dell’arte italiana dagli anni Cinquanta a oggi con un taglio diverso e originale, attraverso un percorso suddiviso in sette sezioni.
“Già nel mondo antico con la figura di Socrate, l’ironia è ‘l’arte di fare domande’ (…) scrivono i curatori. Tramite giochi umoristici, parodie e battute di spirito, l’ironia diventa anche antidoto, alternativa divertente e arguta per proteggere l’essere umano da ciò che lo affligge”.
L’esordio è in grande stile, affidato a uno dei capolavori di Gino De Dominicis, quella Mozzarella in Carrozza esposta nel 1970 alla galleria L’Attico, che testimonia la forza dell’ironia intesa come paradosso, esposta accanto al video di Marisa Merz La Conta, che celebra un piccolo gesto ma denso di significato per un’artista – allora poco considerata in quanto donna – vissuta all’ombra di suo marito.
Il grande salone delle Ciminiere è stato invaso da un allestimento assai discutibile in stile postmoderno, firmato da Filippo Bisagni e ispirato a una struttura dell’architetto Aldo Rossi, progettata per la ristrutturazione della Sala delle Ciminiere. Purtroppo, i timpani triangolari e le cromie squillanti, che sembrano progettati per una messa in scena teatrale, non valorizzano – ma piuttosto soffocano – molte delle opere in mostra.
Nella sala principale, la rassegna propone una serie di capolavori di artisti del calibro di Giorgio De Chirico, Antonio Donghi, Alberto Savinio, Alighiero Boetti, Luigi Ontani e Piero Manzoni, a volte inghiottiti dai colori delle pareti. Interessanti e assai calzanti le incursioni nel mondo del design, con Bruno Munari ed Enzo Mari, e così la sezione dedicata all’ironia come critica femminista alla società, ispirata da una frase di Carla Lonzi, che riteneva che la risata avesse “la forza vivificante di un non detto”.
Uno dei lavori più interessanti della mostra è la ricostruzione di Carta da parato, l’ambiente presentato da Tomaso Binga nel 1978 alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna in occasione della mostra Metafisica del quotidiano, qui accompagnato dalle provocazioni femministe di Rosa Panaro, Cinzia Ruggeri, Giosetta Fioroni, Lina Mangiacapre e Marinella Pirelli.
Una vera scoperta risultano i lavori fotografici di Aldo Spoldi della serie La Banda del Marameo (1968). Notevoli alcune opere concettuali, dove l’ironia è affidata a una componente testuale o verbale: a questo proposito si segnalano i lavori poco noti ma assai significativi di Giuseppe Chiari, Emilio Prini, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti, Luther Blisset, Nanni Balestrini, Arrigo Lora Totino, Giulia Niccolai, Adriano Spatola e Patrizia Vicinelli.
A conti fatti, si tratta comunque di una ricognizione approfondita e lodevole, coadiuvata da un catalogo ricco di contributi scientifici e pubblicato dalla Società Editrice Allemandi.
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