Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Fausto Galmarini – presidente della EUF Federazione Europea per il Factoring – che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile di economia e finanza “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli.
Il tema dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione non è sicuramente una novità.
Il legislatore negli anni, si è sempre affannato per adeguarsi agli standard europei; ma le aziende italiane sono ben consapevoli che, quando si vantano dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione, i tempi di incasso quasi sicuramente saranno più lunghi del previsto.
Nonostante siano trascorsi 14 anni dall’emanazione della direttiva comunitaria sui ritardi di pagamento intervenuta nel 2011 che, con riguardo alla P.A., fissava in 30 giorni (o eccezionalmente in 60 giorni per le forniture al Servizio Sanitario) nessuno stato europeo pare abbia rispettato tali termini: la media è oltre i 65 giorni (con punte a 76 giorni, fonte IntrumIustitia). Il dato si riferisce peraltro ai debiti correnti e non a quelli pregressi.
In effetti, ove considerassimo il mercato italiano, i dati forniti da Assifact – Associazione Italiana per il factoring) relativamente ai crediti ceduti, il tempo medio di pagamento a fine 2024 si è collocato a 130 giorni (comunque in miglioramento rispetto ai 143 giorni del 2023). A fine 2024 risultavano scaduti più del 37% dei crediti ceduti a Factors/Banchema il 29% risultava scaduto da oltre un anno.
Con la Circolare Ministeriale n. 17 del 9.04.2024 con oggetto specifico “Riforma 1.11 del PNRR “Riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie” – ricognizione degli strumenti a disposizione degli enti locali per garantire la tempestività dei pagamenti” si è cercato di porre le basi per un miglioramento della situazione, prevedendoprecisi target da raggiungere. Per il primo trimestre 2025 (per le fatture ricevute nel 2024), con conferma entro il primo trimestre 2026 (per le fatture ricevute nel 2025) sono fissati in 30 giorni per l’indicatore del tempo medio ponderato di pagamento, con l’eccezione degli enti del Servizio sanitario nazionale il cui indicatore può arrivare fino a 60 giorni, ed in zero giorni per l’indicatore del tempio medio ponderato di ritardo.
Per rimediare e mettere un piede sull’acceleratore dei tempi di pagamento, il PNRR è ulteriormente intervenuto, ponendo a carico dei dirigenti pubblici una precisa responsabilità – l’articolo 4-bis, comma 2, del d.l. 13/2023, convertito in legge 41/2023 – proprio allo scopo di garantire il rispetto delle scadenze entro le quali le Pubbliche Amministrazioni debbono onorare i propri debiti.
Sebbene alle PMI italiane dia speranza leggere che esiste – ed è programmata in una riforma – la volontà di raggiungere obiettivi per la riduzione drastica dei tempi di incasso dei pagamenti, restiamo tutti ben ancorati alla realtà.
Si pensi che, anche in via giurisprudenziale “il ritardo nel pagamento” delle Pubbliche Amministrazioni è accettato come “prevedibile” per l’imprenditore.
La Corte di cassazione sul punto si è espressa precisando che “l’attività di impresa è per sua natura rischiosa”. L’imprenditore deve fare delle valutazioni prognostiche sui pagamenti attesi e gli oneri fiscali tali da poter saper fronteggiare all’eventuale ritardo o mancato pagamento da parte del debitore.
Tutto chiaro sul rischio di impresa, ma di certo se il ritardo nel pagamento da una parte riduce o azzera la retribuzione di risultato del dirigente della P.A., dall’altro l’imprenditore che lo subisce ne esce in ogni caso danneggiato.
Queste riflessioni impongono una domanda: “Come si può tutelare l’imprenditore”?
Sicuramente una efficace soluzione è il ricorso allo strumento del factoring.
Cedere il proprio credito ad operatori del settore specializzati riduce il rischio d’impresa e ottimizza il capitale circolante.
E’ bene però sapere che la cessione dei crediti della P.A. segue regole specifiche molto stringenti.
La Pubblica Amministrazione può infatti rifiutare e/o non aderire alla cessione, diversamente da come accade per i privati.
Gli artt. 70, comma 3, R.D. 2440/1923 e art. 9, all. E, Legge n. 2248/1865 prevedono infatti che per i crediti vantati da amministrazioni statali per i contratti ancora in corso di esecuzione, la cessione non potrà avere effetto tra le parti se la Pubblica Amministrazione non vi aderisce.
Nel “silenzio” della P.A. alla notifica della cessione (cessione che deve essere perfezionata per scrittura privata autenticata o per atto pubblico e non per corrispondenza certificata come avviene nella cessione tra imprese private), è utile sapere che per gli enti statali e territoriali vige la regola dell’”assenso” mentre per le Aziende Sanitarie il silenzio è considerato “rifiuto”.
Ne consegue che il rapporto con la P.A. è molto più burocratico rispetto a quellicon leimprese private.
Un’altra normativa di riferimento per i crediti derivanti da contratti di appalto è il comma 12 dell’art. 120 del D.Lgs. 36/2023 (codice Appalti), chedisciplina all’allegato II.14 le condizioni per l’opponibilità delle cessioni prevedendo il rifiuto delle stesse sia al cedente che al cessionario, entro il termine di 45 giorni dalla notifica.
Occorre a questo punto ritornare a quanto riferito relativamente agli interventi finalizzati a rendere più snelli i pagamenti dei crediti da parte delle P.A. nei riguardi delle imprese; per evidenziare che di recente è intervenuta una modifica del termine del rifiuto di cessione.
L’art.40 del DL 19/2024 convertito in legge, al comma 1 opera una modifica dell’allegato II.14 al Codice dei contratti pubblici, riducendo da 45 a 30 giorni dalla notifica il termine entro il quale le stazioni appaltanti possono rifiutare le cessioni dei crediti da corrispettivo di appalto, concessione e concorso di progettazione.
Il Governo, infatti, nella relazione illustrativa per l’articolo in esame ha precisato che lo stesso è stato introdotto per favorire la riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie e quindi per consentire una completa attuazione del PNRR.
La riduzione dei tempi per il rifiuto della cessione rende quindi sicuramente più veloce ed efficiente lo strumento della cessione dei crediti derivanti da transazioni commerciali vantati nei confronti delle Amministrazioni Centrali o degli Enti territoriali, che diventa efficace e opponibile una volta trascorsi 30 giorni di silenzio da parte della stazione appaltante, riducendo quindi le tempistiche e favorendo l’ingranaggio dei tempi di pagamento a favore delle imprese.
Purtroppo, la riduzione dei tempi non ha riguardato anche la cessione dei crediti verso gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale per i quali vige sempre il termine di 45 giorni, decorso il quale la cessione si considera rifiutata.
Visti gli scarsi risultati ottenuti con la Direttiva del 2011 sui ritardi di pagamento, la Commissione Europea starebbe pensando di sostituire la Direttiva con un regolamento che obblighi ad effettuare i pagamenti nelle transazioni commerciali a 30 giorni. Al di là delle problematiche che detto regolamento comporterebbe all’economia reale (si stima un fabbisogno di funding aggiuntivo per le PMI di oltre 200 miliardi di euro), la EUF ha proposto alla Commissione Europea soluzioni meno impattanti, quali ad esempio l’eliminazione nella stipula dei contratti di fornitura di beni e servizi delle c.d. “unfairpractices” ovvero il rifiuto della cessione dei crediti. Ciò consentirebbe alle aziende di smobilizzare i crediti commerciali, migliorare la liquidità e di rispettare i termini di pagamento.
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