Nelle conclusioni il prof. Ernesto Diaco , direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università, ha evidenziato la necessità di collaborazione “tra l’Ufficio della scuola, dell’università e dell’insegnamento della religione che sono luoghi in cui giochiamo fuori casa, nei quali la Chiesa si trova in altri ambienti, in altri contesti e il servizio della pastorale giovanile che a volte magari viene identificato con l’attività interna della Chiesa per i giovani e con i giovani. Possiamo mostrare sempre di più come questi due approcci siano complementari e si debbano integrare per lavorare sempre di più insieme a favore del bene dei giovani”.
Mentre nel suo intervento don Giacomo Pompei aveva sottolineato che bisogna vedere i giovani ‘pieni di promesse’ con l’invito alle diocesi di ‘mettersi in movimento’ : “Serve iniziare a studiare; è fondamentale che anche nelle nostre diocesi si attivino percorsi di ricerca, lasciandosi accompagnare in attività di studio, di riflessione, senza aver paura di perdere tempo o di farsi prendere dalla frenesia dell’organizzare. Coinvolgere persone esperte che ci mettono il cuore, che si impegnano a conoscere la realtà delle nuove generazioni. Direi che forse la ricaduta più grande che possiamo prendere dall’occasione offerta è quella di attivare nelle esperienze locali dei percorsi di ricerca per accompagnare la vita dei giovani”.
Ritornando al mondo scolastico per quale motivo i vescovi affermano che l’insegnamento della religione cattolica è una possibilità importante?
La presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, come ogni anno, in occasione dell’apertura delle iscrizioni al prossimo anno scolastico, ha reso noto il messaggio rivolto a tutti gli studenti ed ai genitori in vista della scelta di avvalersi dell’Insegnamento della Religione Cattolica, da compiere esattamente all’atto d’iscrizione. Con tale messaggio è ribadita l’importanza di questa scelta in quanto tale disciplina rappresenta per tutti gli alunni, fin dalla scuola dell’infanzia, un’opportunità speciale e di approcciare temi etici e culturali con radici chiare ed appartenenti alla tradizione cristiana che ha tessuto la storia civile italiana in cui la scuola pubblica si trova vivere la sua missione di educare. Altre discipline scolastiche non hanno un mandato così specifico”.
Tema giubilare è la speranza: in quale modo il tema della speranza può ‘provocare’ la scuola?
“Alla luce di tale compito educativo, la scuola viene provocata a suscitare domande nella vita dei bambini e dei giovani alle quali poi, in rete con tutta la comunità educante formata dalle famiglie, dalle parrocchie, dagli oratori e dalle associazioni del terzo settore che lavorano sul territorio con le medesime finalità, elaboreranno risposte. Questa dinamica aggancia il tema giubilare della speranza e fa della scuola una porta della speranza nella vita degli studenti”.
Come i docenti dell’insegnamento della religione cattolica possono essere testimoni di speranza?
“A questo riguardo, il testo del messaggio afferma che ‘testimoni di speranza sono i docenti di religione, che uniscono alla competenza professionale l’attenzione ai singoli alunni e alle loro domande più profonde’. Questa cura fa della missione docente un atto di testimonianza della Speranza per la vita di molti studenti a loro affidati. Ed è la domanda di Speranza, ovvero se il futuro può non fare più paura ed apparire affidabile e se esiste qualcuno capace e credibile per operare questo dono del futuro, questa consegna di vita; la questione aperta che emerge costantemente dalla vita dei giovani rivolta agli adulti insegnati ed educatori”.
Cosa chiedono i giovani ad un insegnante di religione?
“Ad un insegnante di religione, in particolare, si chiede prossimità, accoglienza e familiarità con le domande di senso e le domande religiose che toccano la vita ei dubbi dei giovani. Queste domande sono grandi occasioni da non perdere”.
In quale modo la pastorale della scuola può creare percorsi di ricerca per i giovani?
“A partire da queste domande che possono emergere a scuola, gli insegnanti di religione cattolica, il corpo docente e la comunità scolastica tutta, possono iniziare ad interpellare il territorio e suscitare percorsi educativi condivisi su temi specifici, senza lasciare alla settorialità o semplicemente allo scorrere della vita di chi cresce il compito di educare. La scuola può essere promotrice di veri patti educativi territoriali, in cui ci si prende a cuore la vita dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, mostrando loro che non sono soli nell’apprendere l’arte della vita, in tutti i campi dell’educazione in ciascuna fase dello sviluppo”.
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