Tiziano Tosolini, Lineamenti di etica buddhista, Chisokudo, Nagoya 2024
Recensione di Mauro Cinquetti
Confrontarsi con l’altro
Il testo presenta un mondo lontanissimo da quello occidentale e cristiano e poco studiato in Italia, almeno nei tradizionali studi di etica. Il buddhismo è una sapienza antichissima, ma, si può dire, abbastanza estranea al pensiero ebraico-cristiano.
Per andare in profondità: verso un’etica universale?
Eppure, una lettura complessiva del testo permette di cogliere concordanze enormi dal punto di vista dell’etica tra il cristianesimo occidentale e il buddhismo. Forse cambiano le motivazioni, ma la considerazione etica delle diverse questioni è sorprendentemente unitaria: rispetto della vita, rifiuto della guerra e della violenza (pur con eccezioni), concezione negativa dell’aborto, valore della generosità e dell’altruismo, impegno nel combattere la povertà, rifiuto del suicidio e problematicità dell’eutanasia, rispetto dell’ambiente. Ci sono gli elementi per dire che mettendoci a confronto tra cristianesimo e buddhismo si può provare a costruire un’etica universale. Pur essendo estremamente diversi i punti di partenza su gran parte delle questioni etiche cristianesimo e buddhismo si incontrano. Hans Küng nei primi anni 2000 aveva delineato un manifesto per un’etica planetaria. Paul Ricoeur era molto interessato a questa prospettiva, ma sottolineava che l’etica planetaria non poteva essere una costruzione a tavolino, astratta, frutto di semplificazioni e di generalizzazioni, ma doveva essere il risultato di un “andare in profondità” verso un “fondamentale” comune, le religioni sono come sulla superficie di una sfera, ma se vanno in profondità a partire dalle loro tradizioni vive e dalle loro convinzioni più profonde possono trovare davvero un essenziale comune.
Antropocentrismo o olismo? La profondità oltre l’apparenza
Certamente ci sono delle differenze, ma il testo sfata alcuni miti e fa notare come le differenze, apparentemente molto forti, sono in realtà più sfumate. Sulla questione ambientale e animale forse si registra la differenza immediatamente più forte, anche se il testo stesso la rende più sfumata. Da un lato il buddismo sottolinea l’interconnessione di tutti gli esseri senzienti e l’importanza di rispettare l’armonia naturale, gli animali fanno parte del ciclo della vita e delle rinascite e quindi sono ritenuti più consimili all’uomo. Ma andando in profondità emergono aspetti più aperti: si sottolinea come il rapporto con l’ambiente del buddhismo non esclude in alcuni filoni l’importanza della civilizzazione e dell’assoggettamento della natura assimilando il Nirvana alla “città” (pp. 20ss.), inoltre anche la contestazione della civilizzazione e la vita degli eremiti nei boschi e a contatto con la natura sia in fondo finalizzato non alla bellezza in quanto tale della natura, ma al proprio progresso spirituale, per il silenzio e la solitudine che garantiscono, quindi sarebbe una forma di antropocentrismo; a ciò si aggiunga che nei testi si afferma una gerarchia tra esseri senzienti (p. 28). Il cristianesimo, dal canto suo, ha certamente una visione più antropocentrica di partenza, per la condizione privilegiata dell’uomo nella creazione e per l’incarnazione stessa di Cristo, fatto uomo. Tuttavia sappiamo come soprattutto il magistero di papa Francesco ha sottolineato che “tutto è in relazione” e ha permesso di sviluppare una concezione più sistemica e complessa del rapporto uomo/natura (Laudato si’, Laudate Deum) riscoprendo aspetti del pensiero cristiano come il francescanesimo che sono rilevanti e la consapevolezza delle derive negative dell’antropocentrismo occidentale. C’è un cammino verso la profondità che sembra avvicinare molto le religioni.
La questione del soggetto: non-sé e crisi dell’io isolato?
Indubbiamente divisiva è la concezione del soggetto. Il buddhismo mira al superamento del sé, parla di non-sé e vacuità del sé (p. 121), di vuoto di essenza propria del soggetto personale. Il Nirvana vuole essere questo risveglio dopo l’estinzione del sé e dei suoi desideri. Il cristianesimo dà una dignità grande all’essere umano come interlocutore di Dio, chiamato e amato da un Dio che è Padre e chiama a vivere da figli e che nel suo Figlio ha preso la carne umana realmente. Dal cristianesimo (ma non solo da esso e forse come deviazione e degenerazione da esso) nasce la cultura moderna del soggetto, dell’individuo e dei diritti individuali. Occorre però dire che dal Novecento anche in Occidente, nell’Occidente cristiano, si assiste a decentramento del soggetto costituente, dell’io forte, del Cogito: dall’io non più “padrone in casa propria” di Freud, allo strutturalismo, al transumanesimo, all’intelligenza artificiale si mette in discussione nettamente l’identità dell’essere umano e possiamo dire oggi che l’Occidente scopre di non sapere più esattamente cosa sia l’uomo. In questo l’Occidente attuale incontra il buddhismo: la crisi dell’io occidentale sembra ritrovare il vuoto di essenza buddhista, e forse questo può permettere, come la questione ambientale vista sopra, di riscoprire meglio potenzialità dimenticate del cristianesimo stesso.
La questione dei diritti: dal soggetto portatore al dovere verso la natura e verso tutti?
Sulla questione economica e sociale il tema interessante è quello dei diritti individuali in una società giusta. Il testo sottolinea come in prima battuta il buddhismo non sembra interessato a una società giusta. Mentre l’Occidente imbevuto di cristianesimo ha dedicato molte energie al tema della giustizia e dei diritti. Poi però il testo va ancora in profondità e nel merito e scombina le apparenze: c’è una preoccupazione del buddhismo affinché non ci siano troppi poveri e c’è un dovere altruistico verso gli altri perché questo è correlato con lo sviluppo spirituale (p. 201). C’è quindi un reale contrasto della povertà come privazione: ma è interessante ciò che viene notato dall’autore, che cioè la lotta alla povertà non è fondata nel diritto di ciascuno al benessere, ma nella pura generosità paternalistica del governante (p. 213). La cultura dei diritti suppone appunto dei soggetti portatori di diritti. Questo è più facile nell’Occidente cristiano (e anche greco e romano) che dà valore al soggetto in quanto tale, creatura di Dio e portatore di una dignità propria che si traduce in diritti individuali. Il buddhismo non avendo un sé da proteggere e difendere forse fatica a vedere i diritti individuali. Oggi l’Occidente però vede un’esplosione di rivendicazioni di diritti: forse la crisi del soggetto si esprime in una pluralizzazione di rivendicazioni. Comunque questa esplosione di rivendicazioni giuridiche (spesso anche legittime) forse dice anche all’Occidente cristiano che un ridimensionamento del soggetto e la sua collocazione più armonica all’interno della natura e della realtà nel suo insieme può evitare certe derive rivendicative che paiono talvolta eccessive per riaprire la via di un io che ha un dovere di collocarsi e sentirsi dentro una natura e una relazionalità ampia. Anche qui il buddhismo dice qualcosa al cristianesimo e alla propria autocomprensione.
Giustizia riparativa: potenziale di bene o grazia?
Il tema attuale della giustizia riparativa è attuale nel cristianesimo: il Vangelo di Cristo dice il passaggio dalla logica retributiva della punizione, alla logica del perdono e della riabilitazione. Analogamente anche il buddhismo sottolinea l’importanza di punire per correggere e riabilitare (p. 221), ma a partire da un presupposto: un potenziale intrinseco di bene che è presente in tutti (p. 217) e che fonda la rieducazione. Qui appare una differenza radicale nel giustificare la giustizia riparativa: il buddhismo indica una via puramente immanente (il potenziale di bene dell’uomo), il cristianesimo invece decentra l’uomo e accoglie il dono di grazia trascendente. Ancora una volta decentrare il soggetto assoluto fa bene al cristianesimo e fa riscoprire la grazia e il dono da accogliere. E così, paradossalmente, il decentramento dell’io operato dal cristianesimo appare ancora più radicale di quello buddhista.
A confronto con l’altro, andare in profondità
Il confronto con un altro punto di vista permette di rileggersi, rivedersi da un altro punto di vista. La lettura di questo libro è certamente stimolante per chi vuole lasciarsi interrogare dall’immersione in uno sguardo diverso e, accogliendo la sfida di andare in profondità, si possono scoprire aspetti nuovi della propria fede e vie di comunione inaspettate.
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