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Due paesi e due realtà diversi: sono quelli visti nelle strade della Serbia lo scorso weekend. Da un lato decine di migliaia di studenti e cittadini che marciano di città in città invocando lo stato di diritto, dall’altra i fedeli del presidente Vučić, trasportati in autobus e treno a spese dei contribuenti
Sabato 15 febbraio la Serbia ha celebrato lo Sretenje (la Presentazione di Gesù al Tempio), data scelta come festa della Repubblica perché ricorda due eventi importanti: lo scoppio della prima rivolta serba nel 1804 a Orašac e l’adozione della prima Costituzione serba nel 1835 a Kragujevac. Due importanti eventi storici e due volti della Serbia duecento anni dopo.
A Kragujevac si è tenuta una manifestazione organizzata dagli studenti denominata “Incontriamoci per lo Sretenje”. Contemporaneamente, a Sremska Mitrovica, in Vojvodina, il partito al governo ha organizzato un comizio con lo slogan “Ci incontriamo per lo Sretenje”, rispondendo così alla manifestazione di Kragujevac che ha riunito gli studenti di tutte le università serbe.
Le analogie finiscono qui. Le immagini giunte da Kragujevac e Sremska Mitrovica parlano di due universi in cui i cittadini della Serbia vivono ormai da un decennio.
L’incontro di Kragujevac ha riunito i quattro centri universitari più importanti del paese. Gli studenti di Novi Sad e Belgrado hanno camminato quattro giorni, percorrendo circa 140 chilometri. Allo stesso tempo, gli studenti di Niš hanno percorso quasi 150 chilometri.
A Čačak alla marcia si sono uniti anche gli studenti di Užice, Novi Pazar e Kraljevo, percorrendo poco meno di 100 chilometri in tre giorni. Da Belgrado e Novi Sad sono partiti anche studenti ciclisti, maratoneti e ultramaratoneti.
Oltre ad essere eroico di per sé, questo viaggio si è rivelato tutt’altro che insensato. Gli studenti hanno risvegliato la Serbia o, per dirla con le parole di un abitante di Lazarevac, “hanno rivitalizzato la società”.
I loro obiettivi sono chiari: decentralizzare le proteste, fare rete tra studenti e città, sfidare l’oscurità mediatica attraverso una comunicazione diretta con i cittadini, passando per città e villaggi isolati, parlando con le persone e liberandole dalla paura.
Secondo la testimonianza di una studente di Belgrado, che ha camminato anche fino a Novi Sad e il cui nome non riveliamo perché “il plenum non ha approvato”, gli studenti sono stati ovunque accolti come liberatori. La popolazione locale si è organizzata autonomamente, preparando cibo, bevande, alloggi e tutto quello di cui gli studenti in cammino avevano bisogno. In ogni città gli studenti hanno ottenuto anche l’assistenza medica in modo da poter proseguire.
Quasi nessuno studente ha rinunciato alla marcia. Sopraffatti dalla stanchezza, ma incoraggiati dal sostegno dei cittadini e consapevoli dell’importanza del loro progetto, hanno continuato il viaggio, arrivando a Kragujevac a testa alta. Gli studenti sono talmente organizzati che un domani potrebbero tranquillamente guidare il paese.
Gli scettici lo ritengono impossibile, affermando che gli studenti sono giovani, inesperti e che, dopo le proteste, qualcuno più adulto dovrebbe articolare politicamente questa ribellione. Ho potuto prendere visione dei documenti degli studenti e sono rimasta senza parole.
Ogni facoltà ha adottato le proprie regole, l’associazione ombrello che riunisce tutte le facoltà ha approvato un codice di condotta, ogni azione viene elaborata in modo dettagliato, mentre gli obiettivi, i metodi e gli strumenti sono chiaramente definiti. Naturalmente, i professori contribuiscono, ma gli studenti svolgono un ruolo fondamentale nell’organizzazione delle proteste.
Per intenderci, si tratta di un gruppo eterogeneo. Alcuni degli studenti sono di sinistra, altri di destra, alcuni sono credenti, altri atei, ci sono sia i filoeuropei che gli euroscettici. Tutti però sono accomunati dal medesimo scopo: ripristinare lo stato di diritto in Serbia, innescando cambiamenti che possano aprire la strada a elezioni eque e democratiche.
Sembra che gli studenti abbiano messo da parte tutte le differenze. Molti si sono commossi nel vedere gli studenti di Novi Pazar tra i partecipanti alla marcia verso Kragujevac. Novi Pazar è abitata perlopiù da bosgnacchi e le facoltà di questa città (sottoposte a forti pressioni) sono state tra le ultime ad aderire alla protesta.
Alla guida del corteo, composto da studenti provenienti di Čačak, Kraljevo e Užice (città a maggioranza serba), c’erano proprio i giovani bosgnacchi, sventolando la bandiera della loro città e chiedendo una società giusta e ordinata. Hanno sfilato in un corteo scandito da numerose icone ortodosse e altri simboli delle religioni “altrui”.
Gli studenti di Kragujevac hanno risposto organizzando pasti per i loro colleghi musulmani in ristoranti con certificazione halal. Nel corteo partito da Novi Sad c’erano anche studenti di nazionalità ungherese e romena.
Nella provincia di Vojvodina le proteste sono state organizzate anche nelle città abitate principalmente da membri delle minoranze nazionali. Tra i tanti aspetti positivi che caratterizzano le attuali proteste studentesche, questo mi sta particolarmente a cuore: possiamo vivere gli uni con gli altri, non gli uni accanto agli altri, possiamo condividere l’appartenenza allo stesso stato mantenendo e rispettando tutte le nostre differenze.
Lo scorso fine settimana Kragujevac assomigliava ad un alveare. Non è possibile stabilire con certezza quante persone siano passate per la città in due giorni, soprattutto il secondo giorno, durante il blocco del centro cittadino durato quindici ore.
Secondo il presidente Vučić, alla manifestazione di Kragujevac hanno partecipato sedicimila persone. Altre stime parlano di cifre ben più elevate, dai cinquantamila a oltre centomila cittadini.
Il blocco durato quindici ore si è svolto come previsto. Gli studenti hanno letto una dichiarazione in cui si afferma che a Kragujevac tutti si sono riuniti attorno alla stessa idea, quella di “profondi cambiamenti sociali basati sui valori fondamentali che tutti condividiamo”.
Hanno sottolineato che “la liberazione non giungerà con i battiti dei piedi infilati negli stivali militari e con l’equipaggiamento bellico in spalla. Arriverà col battito dei piedi di quelli che hanno una testa pensante sulle spalle. Sembra che il sogno invernale sia finito e il risveglio promette bene”.
La manifestazione si è conclusa alle 00.07 di domenica 16 febbraio e gli studenti hanno annunciato il nuovo grande raduno a Niš il prossimo primo marzo.
A Sremska Mitrovica si è assistito ad uno spettacolo completamente diverso. Poco più di ventimila persone (secondo l’Archivio delle manifestazioni pubbliche) sono arrivate in città a bordo degli autobus da tutta la Serbia e dalla Bosnia Erzegovina per sentire l’ennesimo discorso storico di Vučić e scoprire qualcosa di più sull’annunciata Dichiarazione sulla Vojvodina.
Considerando che le proteste studentesche sono incentrate su un evento avvenuto in Vojvodina, i portavoce del regime cercano di convincere i cittadini che qualcuno (non sappiamo chi) vuole organizzare la secessione della Vojvodina dalla Serbia (non è stato spiegato come) e che quindi bisogna adottare una dichiarazione per mettere in chiaro che la Vojvodina è “una parte inscindibile dell’identità nazionale politica, costituzionale e culturale della Serbia moderna” (affermazione peraltro già contenuta nella Costituzione) e che proprio come “non c’è Serbia senza Vojvodina, così la Vojvodina non può esistere al di fuori della Serbia”.
La dichiarazione è stata approvata per acclamazione dalla piazza. Ora sono previste le consultazioni con i rappresentanti dell’Unione degli ungheresi della Vojvodina (SVM) e di altri partiti delle minoranze nazionali, poi il documento dovrebbe essere adottato dal parlamento di Belgrado. Non è però chiaro chi negli ultimi tre mesi (o prima) abbia menzionato la secessione della Vojvodina.
Vučić per l’ennesima volta ha affermato che la Serbia è sotto attacco dall’interno e dall’estero, precisando che non ci sarà alcun governo di transizione, che presto (occhio che arriva) verrà formato un nuovo esecutivo e che oltre la metà dei ministri sarà sostituita (come se tale cambiamento potesse essere rilevante). Il presidente ha anche inviato un messaggio agli studenti: “Gridate pure vittoria, tutte le vostre richieste sono state esaudite, mi fido di voi più di quelli che vi hanno spinto a protestare”.
Anche questa volta i sostenitori del Partito progressista serbo (SNS) e le persone costrette a partecipare ai suoi comizi sono arrivati a bordo di autobus e treni, tutte spese che pagano i cittadini della Repubblica di Serbia. C’erano i cosiddetti “lealisti”, quelli che credono ad ogni parola pronunciata dal presidente, ma anche molti cittadini della Bosnia Erzegovina.
Oltre alle persone che hanno partecipato al comizio di Sremska Mitrovica a malincuore e sotto ricatto, molti dei presenti non sapevano nemmeno quale fosse il tema dell’incontro e perché avessero viaggiato per diverse ore, ma sapevano di dover affermare davanti alle telecamere di “amare e riporre fiducia in Vučić”.
Le persone radunate a Sremska Mitrovica hanno lasciato dietro di sé una montagna di rifiuti che la popolazione locale ha subito rimosso. Lunedì 17 febbraio i cittadini di Sremska Mitrovica hanno organizzato una grande manifestazione, a cui hanno partecipato anche i residenti dei comuni limitrofi, per “decontaminare la città”. Dopo la manifestazione durata quindici ore, a Kragujevac non era rimasta una briciola di spazzatura. Gli studenti e i cittadini avevano ripulito tutto.
Due Serbie, due realtà.
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