Caso Ferrerio, per il pg fu tentato omicidio: chiesti 12 anni per l’istigatrice

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La requisitoria nel processo d’appello per il tentato omicidio Ferrerio a Crotone. Chiesta pena più alta per la presunta istigatrice


CROTONE – Riqualificazione del reato da lesioni gravissime a tentato omicidio. E condanna a 12 anni di reclusione. Sono le richieste della Procura generale di Catanzaro per Anna Perugino, presunta istigatrice della spedizione punitiva nei confronti di Davide Ferrerio, il ventenne bolognese che versa ancora in gravissime condizioni dopo il brutale pestaggio subito l’11 agosto 2022 a Crotone per un clamoroso errore di persona. Una pena, quella proposta dalla pubblica accusa, più grave rispetto a quella disposta dai giudici di primo grado. Per il Tribunale penale di Crotone non fu un tentato omicidio perché gli imputati non avevano «previsto» né «voluto» un’«evoluzione così grave della vicenda». La donna, infatti, fu condannata a 8 anni e l’accusa di concorso anomalo in tentato omicidio venne derubricata in lesioni gravissime. Il pg ha chiesto, inoltre, 4 anni e 8 mesi per il coimputato rumeno Andrej Gaju, assolto in primo grado.

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RITO ABBREVIATO

In Appello l’accusa continua a sostenere la tesi della Procura di Crotone e quindi ripropone le richieste già avanzate dal pm Pasquale Festa. Fu un tentato omicidio anche secondo il gup di Crotone, che condannò l’aggressore, Nicolò Passalacqua, a 20 anni e 4 mesi di reclusione, poi ridotti a 12 anni e 8 mesi in Appello ma sempre per tentato omicidio. Il processo prosegue l’11 marzo. Si attende l’esito del processo in Cassazione per Passalacqua, fissato il prossimo 26 febbraio. Ai giudici supremi spetta stabilire se fu tentato omicidio.

LA VICENDA

È la vicenda per cui fu arrestato, nell’immediatezza dei fatti, proprio Passalacqua, immortalato dagli impianti della videosorveglianza installati nei pressi del luogo dell’aggressione. Le indagini della Squadra Mobile della Questura avevano fatto luce anche sul ruolo degli altri due imputati. La donna, in particolare, per l’accusa avrebbe organizzato l’incontro con il titolare dell’account Instagram con le false generalità dell’ex fidanzato della figlia, minorenne all’epoca dei fatti, al fine di dare una “lezione” a un 31enne che chattava con la ragazza (giudicata separatamente, è stata affidata ai Servizi sociali dal Tribunale minorile di Catanzaro). La ragazza, leggendo ad alta voce un messaggio, avrebbe così riferito il dato della presenza del suo interlocutore a Passalacqua che, dopo aver notato il malcapitato Ferrerio con una camicia bianca, lo raggiunse, inseguendolo e colpendolo durante la corsa con un pugno al cranio e lasciando la vittima in gravissime condizioni sull’asfalto della centralissima via Vittorio Veneto.

LA PERIZIA

Il professor Francesco Introna, il consulente nominato dal presidente Edoardo d’Ambrosio, ha sostenuto che grazie a un video “migliorato” si può desumere che la vittima non fu colpita con due pugni, come si riteneva prima, di cui uno al cranio, ma soltanto con uno sferrato alla regione frontale, e che sarebbe stato l’impatto col cranio al suolo ad essere letale a causa della fragilità ossea della vittima per una osteogenesi imperfetta. La stessa consulenza è stata versata nel processo d’appello.

GLI AVVOCATI

I difensori, gli avvocati Aldo Truncè e Michele Loprete, hanno sostenuto l’estraneità dei loro assistiti al raid, individuando contraddizioni, a loro avviso, in testimonianze e intercettazioni e facendo leva sulla perizia Introna. Gli avvocati di parte civile Fabrizio Gallo e Gabriele Bordoni si sono associati alle richieste del pg. I giudici di primo grado avevano condannato l’imputata anche a una provvisionale immediatamente esecutiva di 500mila euro in favore di Davide e di altri 450mila euro in favore dei familiari, più il risarcimento da liquidare in sede civile; altri 10mila euro l’imputata è stata condannata a versarli a Comune e Provincia di Crotone.

«La difesa – ha detto l’avvocato Truncè, legale di Perugino – ha presentato alla Corte d’Appello elementi che, a nostro avviso, mettono in discussione la ricostruzione dei fatti emersa nel giudizio di primo grado. In particolare, abbiamo evidenziato come la signora Perugino non abbia avuto alcun ruolo attivo nell’aggressione, nè abbia organizzato una spedizione punitiva che ha portato all’aggressione del povero Davide. La signora Perugino – ha aggiunto – non ha mai avuto intenzione di arrecare danno al giovane Ferrerio, né ha partecipato, in alcuna forma, alla pianificazione o all’esecuzione dell’aggressione».



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