Olly vince a sorpresa il Festival di Sanremo 2025

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Olly vince il Festival di Sanremo 2024. La serata finale, è come sempre l’occasione per commentare il Festival, sotto diversi punti di vista.

Tutta l’Italia aspetta di sapere chi sarà il vincitore della 75° edizione del Festival di Sanremo. Tutti, compreso Gabry Ponte che apre la serata con questa tremenda tamarrata, che in pochi giorni è diventata un inno nazionale.

Una techno-tarantella dal sapore nazionalpopolare che solo il deejay torinese poteva inventare. Tutti in piedi, in teatro e a casa, a ballare con un bicchiere in mano, per festeggiare degnamente l’edizione dei record, che più dei record non si può.

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Amadeus chi?

Serata finale

Stasera presentano, insieme a un evidentemente euforico Carlo Conti, Alessia Marcuzzi e Alessandro Cattelan. Super ospite Antonello Venditti a cui verrà consegnato il premio alla carriera, dal palco di piazza Colombo Tedua e dal palco galleggiante i Planet Funk.

Come tutti gli anni, seguirò distrattamente la puntata, giusto la musica in sottofondo, anche se in certi frangenti “musica” è una parola grossa, e ogni tanto un’occhiata al maxischermo della sala stampa. Sì, perché come tutti gli anni, la serata finale ha senso solo per creare il giusto hipe, in attesa che venga annunciato il vincitore a tarda notte, tra pubblicità, marchette, super ospiti, eccetera.

Cantautori

Sicuramente questa edizione del Festival sarà tramandata ai posteri per il ritorno della musica d’autore. Era necessario? Assolutamente sì! La musica non è solo urban, reggaeton, autotune: in una parola, la monnezza che gira in radio e sulle piattaforme. La musica è anche e soprattutto canzone d’autore, quella che, al di là del ritmo e delle rime baciate più atroci, ha ancora qualche messaggio da lanciare.

Tre cantautori in particolare, meritano il giusto tributo.

Brunori sas

Questo festival ha segnato il debutto di Francesco De Gregori che finalmente dopo anni di carriera ha deciso di mettersi in gara a Sanremo con un pezzo sulla figlia. Si scherza, fino a un certo punto, e sì, Brunori Sas scimmiotta De Gregori, la canzone nella parte iniziale è praticamente uguale a “Rimmel”. Diciamo Francesco De Brunori. Ma francamente in mezzo alla monnezza di testi sentiti in queste sere non gli si può dire niente. Ha trovato tempo e modo per ricordare Paolo Benvegnù, in sala stampa e sul palco del teatro Ariston, e questo gli fa onore.

Lucio Corsi

Anche Lucio Corsi ha debuttato al Festival, sorprendendo piacevolmente, sia per il look che per la musica. Cominciamo dal look. Qualcuno si è sorpreso, soprattutto i più giovani. Chi come me, ha consumato “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” di David Bowie del 1972, sa perfettamente che il chitarrista Mick Ronson i vestiva già così. Sottolineo, nel 1972. Proseguendo con la musica: il ragazzo ha i numeri, ci sa fare, ma è un mix tra il primissimo Renato Zero, Alberto Fortis (voce a parte), il primo Alberto Camerini, con una spruzzata di Ivan Graziani, per sua stessa ammissione. Niente di così nuovo, soprattutto per i boomers, ma, e qui vale lo stesso discorso fatto per Brunori sas, visto lo squallore generale, è tanta roba.

Simone Cristicchi

Simone Cristicchi, polemiche su Amadeus a parte, polemiche sui Pooh (vecchie di anni) a parte, paraculismo del testo a parte, resta il fiore all’occhiello del Sanremo 2025. Una canzone che solo lui poteva scrivere, che solo lui poteva interpretare. Nessun altro. Nessun altro poteva descrivere i sentimenti che si provano nell’assistere un genitore affetto da quella malattia bastarda. Io ci sono passato, e so perfettamente cosa dico. Non posso che ringraziarlo per questa canzone, e come me, tutti quelli che ci si sono riconosciuti. Un poeta prestato alla musica che scrive e canta con grazia e delicatezza.

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Rapper

Quest’anno finalmente abbiamo avuto il piacere di vedere sul palco del teatro Ariston dei rapper che rappano. Rapper che non hanno rinnegato, almeno nel contesto sanremese, la propria identità, pur di partecipare al Festival. Non facciamo nomi, sapete di chi parlo.

Shablo con Guè, Joshua e Tormento hanno mantenuto fede a sé stessi, non si sono venduti per trenta denari, e per questo meritano la standing ovation. Al di là del brano, decisamente geniale: mischiare urban hip-hop, funk con un coro gospel solo un fuoriclasse come il producer e deejay argentino poteva inventarsi.

Stesso discorso per Willie Peyote. L’artista torinese ha portato a Sanremo la canzone più originale di tutta la scaletta: un mix sapiente tra Enzo Jannacci e Pino d’Angiò, originalissimo, che merita altrettanta standing ovation. Un plauso particolare per le scarpe indossate durante la prima serata: il logo del Toro sulle scarpe bianconere (assolutamente geniale), senza dimenticare le coriste vestite di granata. È diventato ancor di più l’idolo dei tifosi granata.

Nota a latere: in sala stampa c’è stato il rapper duro e crudo, non facciamo nomi, Tony Effe, quello che “ti spacco di qua, ti rompo di là, ti apro su e ti chiudo giù” che ha avuto bisogno dell’avvocato difensore (il discografico di turno) perché non ha saputo reggere il contenzioso con una collega (giornalista vera, non improvvisata).

Rapper venduto per 30 denari, pur di partecipare al Festival, peggio di Giuda Iscariota.     

Sanremo Giovani

Nota dolente da anni, sia per la qualità dei concorrenti, sia per l’età massima consentita ai partecipanti, che anno dopo anno si va sempre più assottigliando. La gestione Amadeus ha praticamente triturato sul nascere una nidiata di ragazzi (talenti è una parola grossa), totalmente impreparati al grande pubblico. Sinceramente speravo in una sterzata da parte di Carlo Conti, che invece ha ulteriormente abbassato l’età massima di iscrizione.

Nel corso degli anni abbiamo visto un trentaseienne Andrea Bocelli e un trentaduenne Francesco Gabbani, tanto per fare due nomi, vincere la sezione nuove proposte. Con le regole di quest’anno sarebbero rimasti al palo.

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Urge quindi, assolutamente, una revisione del regolamento. Mi occupo principalmente di artisti emergenti e nuove proposte, e so bene come ci siano artisti anche ultratrentenni, che meritano di giocarsi una chance.

Tutta l’Italia, tutta l’Italia, tutta l’ItaliA

La serata va avanti lungamente e stancamente come da copione collaudato, e quasi a notte fonda viene dichiarata la classifica dei top five.

Ultimissima Marcella Bella (avevo già scritto, per lei un festival da dimenticare), e via, via tutti gli altri.

I cinque classificati per il rush finale sono, secondo il televoto, la giuria delle radio e la giuria della sala stampa, Tv e web (in ordine casuale): Fedez, Simone Cristicchi, Brunori sas, Lucio Corsi e Olly (Olly???) Ne prendo atto.

Le stesse tre giurie votano nuovamente per la finalissima a cinque, e il punteggio ottenuto nelle precedenti serate viene sommato ai nuovi voti.

Sarò monotono, sarò vintage, sarò boomer, ma io continuo imperterrito a sognare le eliminazioni, come si faceva una volta. Ma tant’è.

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Saldo e stralcio

 

Il pubblico in sala rumoreggia all’esclusione di Giorgia e di Achille Lauro. Finalmente un po’ di casino.

Top five

Premio Sergio Bardotti per il miglior testo: Brunori sas

A Simone Cristicchi, è stato assegnato il Premio Sala Stampa Lucio Dalla. Il cantautore romano ha anche ricevuto il Premio per il miglior componimento musicale Giancarlo Bigazzi, votato dai professori dell’orchestra.

Il Premio TIM –  La forza delle connessioni va a Giorgia.

La classifica finale: quinto Simone Cristicchi, quarto Fedez, terzo Brunori sas, secondo Lucio Corsi.

Vince la settantacinquesima edizione del Festival di Sanremo: Olly (manageressa Marta Donà, e chi vuol capire capisca).

Il Festival è nudo, non c’è più religione.

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A questo punto forse ci rivediamo l’anno prossimo. Forse.

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Foto copertina screenshot tv.



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