L’autonomia differenziata è progetto che allarga il divario Nord Sud: il convegno a Catanzaro

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È iniziato on un omaggio alla memoria di Vittorio Daniele, l’economista dell’Università Magna Graecia deceduto da poche settimane, il convegno dedicato a “Calabria, regione d’Europa: welfare, diritti, autonomia differenziata”, tenuto nella Sala Concerti del Palazzo municipale di Catanzaro, davanti a un numeroso pubblico, confluito al di là delle aspettative, in una domenica pomeriggio solitamente poco adatta a incontri del genere.

È stato Pasquale Tridico, europarlamentare del Movimento 5Stelle, anche lui economista, a porgere alla moglie di Daniele, Elisa Rispoli, che assisteva in platea, la vicinanza del mondo accademico e politico per una perdita improvvisa e improvvida, che ha colto il docente nel pieno della sua attività di studioso e dei sui affetti di consorte e padre. Vittorio Daniele era valente e convinto meridionalista, molto attento alle dinamiche divergenti delle due Italie che studi approfonditi e statistiche obiettive danno da tempo ormai come partecipanti a una gara falsata non solo dalla linea e dagli equipaggiamenti di partenza, ma anche dalle dotazioni e dai rispettivi pesi durante la corsa. Vittorio Daniele avrebbe senz’altro partecipato al convegno, apportando con la chiarezza delle sue idee e le convinzioni che gli derivavano dalla consuetudine critica al tema, argomenti e spunti interessanti sugli effetti dell’autonomia differenziata così come si è andata imponendo nel dibattito pubblico, dopo il parziale ripensamento imposto dalla pronuncia della Corte costituzionale, il rinnovato coro di dissenso dell’opposizione politica e sindacale, e la caparbia insistenza della maggioranza e del governo, pressoché sordi a critiche e rilievi.

Ma, come ha detto Rosanna Nisticò, in realtà il professore Daniele era comunque presente, perché molte delle cose che la docente di economia applicata all’Unical ha esposto nella sua relazione sono state con lui discusse e condivise più volte. Addivenendo a una considerazione molto lineare nella sua asciutta conclusione: questa autonomia differenziata aggraverà il divario Nord-Sud e, all’interno di questo, consegnerà sempre più la Calabria al poco invidiabile record che Eurostat le ha assegnato sul finire del 2024: essere la regione più povera d’Europa:  è la regione europea con la più alta quota di poveri-vulnerabili sulla popolazione complessiva (48,6%), a fronte di valori del 5,8% nella provincia di Bolzano e del 7,4% in Emilia-Romagna. Anche all’interno del Mezzogiorno, il gap è notevole: addirittura 24 punti in più in Calabria rispetto al Molise e oltre 21 nei confronti della Basilicata. Il picco calabrese è elevato in tutti e tre i parametri che sottendono all’indicazione di sub-povertà: il reddito familiare (41 calabresi su 100 vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore al 60% di quello mediano); la deprivazione materiale e sociale, la bassa intensità lavorativa. Sono cifre, dati, statistiche, è vero.

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Ma trasferite sul terreno della pratica quotidiana vogliono dire – ha descritto Rosanna Nisticò – che più di un quinto della popolazione regionale, tra 350 mila e 400 mila persone, è costretto a continue e continuate privazioni materiali e sociali: essere in arretrato con il pagamento di bollette, di affitti, di mutui; essere impossibilitati a spese impreviste; non potere riscaldare adeguatamente la casa, non disporre del denaro sufficiente alle esigenze personali, poter mangiare fuori una volta al mese. E in questo trend si va ad inserire una proposta di autonomia che, senza specificare compiutamente i finanziamenti per i supposti livelli essenziali delle prestazioni né indicare minimamente alcun maccanismo perequativo, va a incidere pesantemente su oltre 23 diverse materie dirimente, molte afferenti al welfare e ai diritti di cittadinanza. In parallelo, per il restante 51 per cento, siamo in presenza di un’altra Calabria, più garantita, sufficientemente benestante, pur nelle grandi gradazioni di benessere individuare che si possono intuire. Insomma, non siamo solo alle due Italie, ma anche alle due Calabrie. 

Il convegno era organizzato da Asprom, l’Associazione per la promozione del Mezzogiorno, e introdotto da Mimmo Talarico, suo presidente che ha distribuito equamente la parola agli altri relatori: il sindaco della città Nicola Fiorita, Giusy Caminiti primo cittadino di Villa San Giovanni, Pasquale Neri portavoce regionale del Forum del Terzo Settore e, come anticipato, l’europarlamentare Pasquale Tridico, ex presidente dell’Inps, principale costruttore del reddito di cittadinanza.  Sull’autonomia differenziata, Pasquale Tridico ha ricordato l’impegno da Sud a Nord per fermare il progetto del ministro Calderoli e la bocciatura della legge da parte della Corte costituzionale. “L’autonomia di Calderoli avrebbe spaccato il Paese, perché – ha detto Tridico – avrebbe messo ogni Regione una contro l’altra. Ora sarà da vedere come si muoveranno i vari parlamentari del centrodestra in merito alla revisione dell’articolato.

Poi c’è una questione del Pnrr. Siamo preoccupati: a un anno e mezzo dalla scadenza, soltanto il 33 per cento di questi fondi è stato speso. Negli anni, inoltre, le politiche di coesione sono state viste come sostitutive rispetto ai fondi ordinari, e questo l’abbiamo sempre contestato. I fondi di coesione sono aggiuntivi proprio, perché, appunto, devono porre rimedio alle disparità esistenti”.

“Bisogna rilanciare – ha sostenuto da parte sua il sindaco Nicola Fiorita – il tema della redistribuzione delle ricchezze e quello della giustizia sociale. È fondamentale per lo sviluppo del Paese, fondamentale perché la Calabria è regione d’Europa. In fondo, opporsi all’autonomia differenziata ha permesso di riprendere in mano una riflessione sul destino del Sud, che ha esigenza di investimenti, di politiche mirate che non possono essere il ponte sullo Stretto, il nuovo inganno del centrodestra che fa finta di sostenere il Mezzogiorno”.

«Il Comune di Villa San Giovanni e la Città metropolitana di Reggio Calabria – ha ribadito sul punto la sindaca Giusy Caminiti – pretendono rispetto istituzionale, che passa dall’esercizio di ogni azione utile a tutelare l’ambiente e il nostro territorio. Allora, se facciamo rete, siamo rete di speranza. Così siamo quella rete che ci porta in Europa e che ne determina le scelte. Ecco perché sono convinta della forza della battaglia che abbiamo avviato. Lo conferma l’interrogazione dei parlamentari europei progressisti sul progetto del Ponte, anche legata al ricorso presentato da Villa e Reggio».





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