storia di un popolo conservatore

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Italo Bocchino, Direttore Editoriale del Secolo d’Italia, saggista ed ex deputato della Repubblica Italiana, torna in libreria con uno studio dal titolo dichiaratamente programmatico: Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra (ed. Solferino). Lo scritto si propone di mettere a tema le ragioni profonde che, in determinati momenti della vita sociale, storica e politica della Nazione, spinsero l’elettorato a guardare con fiducia e speranza al mondo della destra, ostacolando, o perlomeno rallentando, la realizzazione di un processo di egemonia culturale da parte della sinistra. Lo scrittore individua tre date, a suo avviso cruciali, dove questa tendenza e predilezione si sarebbe palesata in modo inconfutabile, mutando il corso degli eventi: “Le politiche del 2022 sono state le terze elezioni italiane alle quali possiamo riconoscere una portata storica. Come nel 1948 e nel 1994, gli italiani sono stati chiamati a fare una scelta radicale, a scegliere da che parte stare. E, tutte e tre le volte, si sono buttati a destra.”

Nel 1948, la scelta fu tra la Democrazia cristiana e il Fronte popolare, tra l’atlantismo anticomunista, saldato alla grande tradizione culturale cattolica del nostro Paese, e una coalizione ispirata ai principi marxisti e comunisti dell’Unione Sovietica. Nel 1994, invece, una Nazione delusa e disamorata della politica, dalle note inchieste giudiziarie di Tangentopoli, si trovò nuovamente a scegliere tra il PCI e una coalizione nuova di centrodestra, guidata da un uomo completamente estraneo alle logiche della politica, proveniente dal mondo imprenditoriale, dalle luci dello spettacolo e della comunicazione: fu l’inizio della Seconda Repubblica e della longeva epoca berlusconiana. Si giunge, infine, al 2022, alla sfida tra Giorgia Meloni ed Enrico Letta, tra l’erede naturale della destra italiana e il segretario democratico dell’epoca. Anche in questa occasione, “il popolo ha scelto sé stesso, votando Fratelli d’Italia e i partiti della coalizione di destra”. Uno scontro, secondo Bocchino, tra “popolo ed élite”, tra “la Meloni nazionalpopolare”, rappresentante e figlia di un’Italia “fiera, tosta e a testa alta”, e una sinistra tecnocratica, promotrice di una Nazione resa “appiattita, molle e incistata negli [e dagli] apparati sovranazionali”. 

Un fenomeno ricorrente e certificato che, per essere compreso nella sua complessità, necessita di un approccio problematico e scientifico, evitando di abbracciare interpretazioni frutto di simpatie e militanze. Perché la destra diviene luogo di rifugio elettorale nei momenti decisivi della storia repubblicana? L’autore, nel suo articolato e puntuale scritto, affronta in modo sistematico la questione, offrendo differenti spunti di riflessione, giungendo, infine, a un tentativo organico di risposta, senza, tuttavia, nascondere o rinnegare la sua lunga storia di uomo di destra. Un tentativo, anche critico, e per questo ancora più apprezzabile, di guardare all’evoluzione, non sempre lineare, di un movimento complesso e non omogeneo, a un mondo di uomini liberi, di idee ancora oggi da scoprire, da indagare e, soprattutto, da studiare con passione e onestà intellettuale. 

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La maggioranza degli italiani ha guardato spesso a destra in cerca di tutela e garanzia per quei valori riconosciuti come elementi decisivi del proprio vissuto: il senso di appartenenza, l’amore per la famiglia, la sicurezza, il desiderio di giustizia, la libertà di parola e di pensiero, la difesa della vita, la solidarietà e la vicinanza nelle fatiche quotidiane. Il voto a destra opera una fertile e interessante sintesi tra tendenze apparentemente inconciliabili, quali lo spirito riformista, le caratteristiche del conservatorismo europeo e internazionale, l’acquisizione non acritica e automatica di alcuni principi liberali, evitando derive eccessivamente liberiste, l’attenzione per il sociale, per le classi popolari, raggiungendo quest’ultime non mediante “slogan conculcati e vuoti”, ma intercettandole presentando un’offerta “saldamente ancorat[a] alla realtà concreta dei nostri tempi e alla consapevolezza che bisogna fare di tutto per migliorarli sempre di più”. 

Un cammino non semplice, che ha richiesto tempo e scelte, per traghettare una destra divisa e sull’orlo dell’estinzione, dopo il noto e drammatico scontro tra Fini e Berlusconi, verso una nuova identità, avviandosi a divenire “un partito conservatore di massa, che incarna i valori della tradizione e costruisce sulle rovine lasciate da tecnocrazia, globalizzazione, politicamente corretto”. E ancora: “Un partito saldamente atlantista ed europeista, che però sa distinguere l’Europa delle nazioni e delle identità dall’Europa della burocrazia e dei giochini politici fini a sé stessi.”

La destra non è chiamata a vincere, ma a convincere con buone politiche e pratiche, a incarnare “la missione storica di far nascere una Terza Repubblica”, nell’alveo di un “conservatorismo pragmatico”, memore “che il futuro è ora”, da costruirsi “quotidianamente non con i grandi proclami ma col lavoro certosino per salvare ciò che va bene e con l’ambizione, il coraggio di trasformare ciò che non va bene”. 

Una missione che, secondo il giornalista, “Giorgia Meloni ha tutte le capacità di realizzar[e]”, nella convinzione che “alla fine della traversata il suo approdo al governo non sarà un capriccio […] [ma] sarà solo storia”.

Luca Bugada