BARI – La complessa vicenda dell’ex Ilva di Taranto, uno dei principali poli siderurgici italiani messo in vendita con un bando pubblico, ha raggiunto una fase cruciale. Alla mezzanotte del 14 febbraio, si è conclusa la fase di presentazione dei rilanci per l’acquisizione degli impianti di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria. Due le offerte pervenute: una dal consorzio azero composto da Baku Steel Company CJSC e Azerbaijan Investment Company OJSC, l’altra dall’indiana Jindal Steel International. Il terzo potenziale acquirente, Bedrock Industries Management Co Inc, non ha presentato alcun rilancio rispetto alla proposta iniziale.
Anche se per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso «in teoria sono in campo tutte e tre» come ha spiegato ieri commentando la vicenda da Sanremo. «Nelle prossime ore i commissari con i loro staff legali – ha aggiunto il ministro Urso -, esamineranno nel merito le diverse proposte e poi mi confronterò con loro nei prossimi giorni per capire se tra queste sia emersa con chiarezza una proposta che risponda appieno agli obiettivi della procedura e quindi alla piena decarbonizzazione degli impianti siderurgici di Taranto».
Gli obiettivi, ricorda lo stesso Urso, sono «la transizione green, la tenuta dei livelli occupazionali, agli investimenti tecnologici e finanziari necessari, e quello che serve per fare di Taranto nuovamente il più grande impianto siderurgico e il più avanzato della nostra Unione Europea. È possibile», ha concluso il ministro.
Secondo fonti vicine alla trattativa, l’offerta del consorzio azero risulterebbe più competitiva sia sul piano economico che su quello occupazionale. Baku Steel avrebbe proposto una cifra superiore ai 200 milioni di euro e garantito il mantenimento di circa 8.500 posti di lavoro. Al contrario, Jindal Steel International avrebbe avanzato un’offerta compresa tra 100 e 120 milioni di euro, con l’impegno a mantenere 7.000 dipendenti nei primi due anni, prevedendo però mille esodi incentivati.
I Commissari Straordinari di Acciaierie d’Italia e di Ilva in Amministrazione Straordinaria hanno dichiarato di riservarsi alcuni giorni per valutare attentamente le proposte ricevute e formulare il proprio parere, che sarà successivamente trasmesso al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Il futuro dell’impianto di Taranto è quindi in bilico tra le due offerte principali. La proposta azera sembra offrire maggiori garanzie sia in termini economici che occupazionali, posizionandosi attualmente in vantaggio. Tuttavia, la decisione finale spetterà alle autorità competenti, che dovranno valutare non solo gli aspetti finanziari e occupazionali, ma anche i piani industriali e ambientali presentati dai potenziali acquirenti.
Nelle ultime ore sono divenute più insistenti le indiscrezioni, anche di fonti sindacali nazionali, che indicano in Baku Steel il prossimo gestore dell’acciaieria nonostante i passi avanti pure fatti dagli altri competitor. Inoltre, non ha avuto alcun seguito concreto l’ipotesi che Baku e Jindal potessero unire le loro forze e presentare un’offerta unica, dato che i tre si sono presentati singolarmente. Anzi, già prima della chiusura dei rilanci, l’offerta degli azeri – che dalla loro hanno sia la grande disponibilità di gas che serve per la transizione dagli altiforni ai forni elettrici, sia l’alleanza con Azerbaijan Investment Company Ojsc, fondata nel 2006 dal Governo della Repubblica dell’Azerbajian che detiene il 100% del capitale – si presentava migliore rispetto a quelle di Jindal e di Bedrock.
Gli azeri, infatti, prima dell’ultimo step, avrebbero offerto un miliardo per l’azienda – 500 milioni per il magazzino e altrettanti per l’impianto – e il mantenimento di 7.800 posti di lavoro per due anni, requisito questo indicato nel bando di vendita, sui poco meno di 10mila che sono l’organico di tutta AdI a fine gennaio 2025. Questi elementi sarebbero stati adesso migliorati. Adesso, una volta determinata l’offerta migliore, partirà il confronto esclusivo con il proponente nell’ottica o di arrivare a ulteriori perfezionamenti, oppure alla stesura del contratto di vendita sulla base dell’ultima proposta presentata. Infine, non è escluso che il gruppo che acquisirà AdI possa cedere a sua volta a terzi alcuni asset specifici del gruppo se non ritenuti di suo interesse. Ma servirà capire dal piano industriale del vincitore se talune attività meno centrali rispetto agli stabilimenti di Taranto, Genova, Novi Ligure e Racconigi, hanno priorità o meno. In questo caso, l’acquirente comprerebbe comunque tutto – perché il bando ha privilegiato coloro che si sono fatti avanti per l’acquisto unitario – per cedere poi in un secondo momento le unità complementari.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link