La fattoria rigenerativa con formaggi, sidro e miele Pascoli di Amaltea a Mombarcaro

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Amaltea, nella mitologia greca, è la capra che fu nutrice di Zeus, allattandolo in una grotta sul Monte Ida. “Ci abbiamo aggiunto anche ‘pascoli’, per sottolineare la nostra vocazione”, spiega Arianna Marengo, titolare insieme al marito Alessandro Boasso di un’azienda agricola particolare in Alta Langa, Piemonte. Si chiama, appunto, Pascoli di Amaltea, e il concetto di agricoltura rigenerativa — con strategie dal minimo impatto per ottenere il meglio dal terreno e insieme restituirgli elementi e arricchirlo — qui si applica non solo su piccole colture ma anche sui pascoli. Una fattoria sostenibile, tanto per i suoi animali e terreni quanto per i suoi gestori, che produce formaggi, miele e ora anche sidro di mele. Il progetto.

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Arianna Marengo e Alessandro Boasso: agricoltori, pastori e casari Alta Langa

Nel 2007 Alessandro si è trasferito a Mombarcaro, il punto più alto delle Langhe, in provincia di Cuneo, dove ha acquistato una cascina in pietra, “di quelle in pietra, fatte a U”. Diplomato geometra, si è formato sull’agricoltura biologica e ha lavorato in un’azienda vinicola, prima di insediarsi in un territorio di maggiore altura (siamo intorno ai 700 metri) e con una diversa vocazione. “La Langa di Murazzano è sempre stata zona di allevamento ovino”, spiega la moglie Arianna, che ha studiato Economia dell’Ambiente e lavorato per Slow Food a Bra, e l’ha raggiunto nel 2013. “Sono passata dalla teoria alla pratica”, ricorda a proposito del lavoro in azienda, che al principio proseguiva sul filone tradizionale.

Arianna Marengo al mercato con i formaggi di Pascoli di Amaltea

Pecore delle Langhe — una razza autoctona a rischio sparizione — il cui latte è trasformato in tuma, “il piccolo formaggio che le signore facevano in casa. Da queste parti fino agli Anni ’50 c’erano 50mila capi, e le famiglie ne avevano tutte qualcuna per il proprio bisogno”.

Il progetto dell’azienda agricola Pascoli di Amaltea a Mombarcaro

Via via il gregge si amplia, arrivando a un totale di una 70ina di pecore e una 50ina di capre camosciate alpine. “Dopo qualche anno abbiamo creato il nostro piccolo caseificio e siamo diventati azienda agrituristica”, racconta Marengo. Per un periodo ci sono state cinque camere per l’accoglienza, prima di fare alcune scelte significative. Grossomodo al tempo del covid: “Abbiamo lasciato stare quell’attività per espandere un po’ il gregge e dedicargli tutto il nostro tempo. Ma soprattutto cominciato a fare le cose diversamente”. Fondamentale, per la coppia di pastori e casari, un webinar di agricoltura rigenerativa, che li ha fatti riflettere sulle potenzialità di certe strategie anche per l’allevamento.

I formaggi di Pascoli di Amaltea

I benefici del pascolo rigenerativo

I 15 ettari dell’azienda abbracciano un territorio di boschi e prati stabili. Di questi ultimi abbiamo parlato in occasione dell’inserimento tra i presidi Slow Food: distese erbose antiche almeno dieci anni, in cui coesistono essenze di flora spontanea – in questa azienda oltre 30 – in armonia l’una con l’altra, anche grazie all’azione degli insetti impollinatori, che beneficiano della biodiversità e la alimentano. “Mentre prima il gregge era libero di pascolare ovunque, andando a cibarsi solo delle essenze preferite, da quando adottiamo il pascolo razionale Voisin i prati sono molto più sani”. Un metodo che prevede la contingentazione degli animali entro specifiche parcelle fino a relativo ‘esaurimento’. Intanto altre aree ricrescono, e sono pronte ad accoglierli con erba matura, forte e biodiversa. “Così sfruttiamo tutta la varietà botanica, gli animali stanno meglio, danno un latte ricco, e infine stiamo meglio anche noi, che li gestiamo più facilmente”.

Alessandro e Arianna mentre lavorano le mele per il sidro di Pascoli di Amaltea

I formaggi antichi, il sidro e il miele di Pascoli di Amaltea

Il latte viene lavorato crudo, con fermenti spontanei e solo quando naturalmente disponibile, ovvero nei mesi in cui le mamme allattano. Oltre alla già citata tuma, da Pascoli di Amaltea si fa anche la versione imburnia. “Una pratica che serviva proprio per avere il formaggio anche in inverno”, spiega Marengo, “con piccole forme sistemate in vasi di vetro dove si crea un sottovuoto. In mancanza di ossigeno la consistenza si trasforma”. Poi caprini freschi, formaggi misti e forme più grandi per la stagionatura. 

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La tuma imburnia di Pascoli di Amaltea

Quando sono passati al pascolo razionale, i gestori hanno trasformato una necessità in una risorsa: “C’era bisogno di alberi per fare ombra nelle zone di pascolo, così abbiamo impiantato dei meli, con i quali faremo il sidro”. I due producono già un buon rifermentato di vecchie varietà di mele piemontesi, con metodo classico, per ora provenienti dalla Val Bronda, “così saremo pronti quando avremo le nostre”. Sempre per sostenere la vitalità di prati e fioriture, stanno inoltre aumentando gli apiari, che danno loro un millefiori, “smielato solo una volta l’anno”.

I prodotti si trovano al Mercato della Terra di Alba tutti i sabati, ma si possono anche assaggiare nel corso di degustazioni guidate direttamente in azienda. “Non siamo nella parte più battuta delle Langhe, è vero, ma in tanti ci vengono a trovare fino a qui, e non ci dispiace per niente”.

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