A Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, in corso il rilascio di altri tre ostaggi israeliani: Sagui Dekel Chen, Sasha Troufanov e Iair Horn. Sul palco allestito dalle milizie islamiche al potere nell’enclave palestinese sono presenti bandiere di Hamas e della Jihad islamica, oltre a manifesti di propaganda, tra cui una foto del defunto leader di Hamas, Yahya Sinwar, che guarda la Cupola della Roccia a Gerusalemme con una didascalia in inglese, ebraico e arabo che dice “Nessuna migrazione tranne che a Gerusalemme”, in riferimento al piano del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di allontanare gli abitanti di Gaza e cedere l’enclave agli Stati Uniti per essere riqualificata. Una prospettiva che ha rischiato di far naufragare il cessate il fuoco.
Aleksandr Sasha Trufanov, cittadino russo-israeliano di 29 anni, Saguy Dekel-Hen, israelo-americano 36enne, ed il 46enne Yair Horen, erano stati presi in ostaggio il 7 ottobre 2023 nel kibbutz di Nir Oz. Dekel-Chen e Horn sono stati trattenuti da Hamas, mentre Troufanov è trattenuto dalla Jihad islamica.
Oggi sono stati consegnati alla Croce Rossa, che a sua volta li ha consegnati all’esercito israeliano all’interno di Gaza. I tre sono stati poi scortati fuori dalla Striscia dalle truppe dell’Idf verso una struttura israeliana vicino a Re’im, dove saranno sottoposti a un controllo fisico e psicologico e incontreranno le famiglie. Successivamente saranno portati negli ospedali di Sourasky e Sheba nel centro di Israele.
La Jihad aveva diffuso due video di Troufanov. Il primo, ieri notte, mostrava l’ostaggio mentre passeggia sulla spiaggia di Gaza. Nel secondo, i miliziani della Jihad islamica consegnano a Troufanov, prigioniero in un tunnel, un documento con la “decisione di rilasciarlo”. La famiglia di Troufanov ha chiesto ai media di non pubblicare i video. Hamas ha invece donato a Sagui Dekel-Chen una moneta d’oro in onore di sua figlia, nata mentre era in prigionia.
L’aspetto emaciato di tre ostaggi rilasciati la scorsa settimana e i resoconti di abusi da parte di altri ostaggi rilasciati dal 19 gennaio, quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, hanno scatenato le proteste israeliane che chiedono al governo di attenersi al cessate il fuoco e procedere con la fase successiva dell’accordo per riportare a casa tutti gli ostaggi.
In cambio dei tre ostaggi rilasciati oggi Israele rilascerà 369 prigionieri e detenuti palestinesi: tra loro Ahmed Barghouti, 48 anni, stretto collaboratore del capo di Fatah e leader terroristico della seconda intifada, Marwan Barghouti. Stava scontando 13 ergastoli per essersi reso responsabile di decine di attentati terroristici.
Il cessate il fuoco a Gaza
Il mese scorso Hamas ha accettato di consegnare 33 ostaggi israeliani, tra cui donne, bambini, malati, feriti e uomini anziani, in cambio di centinaia di prigionieri e detenuti palestinesi, durante una tregua di sei settimane durante la quale le forze israeliane si sarebbero ritirate da alcune delle loro posizioni a Gaza. Prima di oggi 16 dei 33 ostaggi israeliani sono stati restituiti, insieme a cinque thailandesi che erano stati consegnati in un rilascio non programmato. Ciò ha lasciato 76 ostaggi ancora a Gaza, di cui si pensa che solo circa la metà sia viva.
La tregua aveva lo scopo di aprire la strada a una seconda fase di negoziati per restituire gli ostaggi rimasti e completare il ritiro delle forze israeliane prima della fine definitiva della guerra e della ricostruzione di Gaza, che ora giace in gran parte in rovina, con carenza di cibo, acqua corrente ed elettricità. Secondo i gruppi umanitari internazionali le quantità di aiuti entrati a Gaza sono insufficienti per soddisfare le esigenze della popolazione.
Israele ha invaso l’enclave costiera palestinese dopo l’attacco condotto da Hamas alle comunità in Israele il 7 ottobre 2023, giorno in cui hanno trovato la morte circa 1.200 persone, mentre 251 israeliani sarebbero stati presi in ostaggio dai terroristi islamisti. La campagna militare israeliana che ne è seguita ha ucciso più di 48.000 palestinesi a Gaza, secondo i dati del ministero della Salute palestinese, distrutto molti dei suoi edifici e lasciato la maggior parte della popolazione senza casa.
L’Egitto ha comunicato che presenterà un piano per la ricostruzione di Gaza garantendo al tempo stesso la permanenza degli abitanti, in opposizione al progetto Riviera di Trump. L’Egitto si è detto pronto a collaborare con il presidente degli Stati Uniti Trump per raggiungere una pace giusta e completa nel paese.
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