Lucio Corsi: «Vado all’Ariston a piedi come quando andavo in sala prove. E non voglio essere notato solo per il cerone»

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uno dei nostri inviati Andrea Laffranchi

Stasera il duetto del cantautore con Topo Gigio. «Lo fece anche Modugno»

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SANREMO Di tutte le definizioni che gli hanno appioppato solo una non lo convince. «Non mi sento un alieno: non vengo dal cielo ma dalle pozzanghere. Menestrello mi sta simpatica. Va bene anche folletto, non mi offende». Quale che sia la parola scelta, Lucio Corsi ha portato al Festival qualcosa che non si incasella. Anni di gavetta nell’indie, localini e localacci su e giù per la provincia. Un amore, musicale ma anche estetico, per il glam rock. La canzone d’autore, Paolo Conte, Lucio Dalla e Ivan Graziani, come bussola. Con due esibizioni la sua «Volevo essere un duro» si è conquistata un posto nella cinquina dei più votati sia dalla Sala Stampa che da Radio e Televoto. Scoprendo Lucio Corsi si scopre anche un modo inconsueto di essere artista: niente stylist e abiti di scena presi dal suo (eccentrico) guardaroba. Niente divismi, anzi l’altra sera è andato a teatro a piedi… «È la nostra normalità, la mia è quella di Tommaso Ottomano, il mio chitarrista, sin da ragazzini».

Sui social ha mostrato che per imbottire le spalline del costume di lunedì ha usato dei sacchetti di patatine. Era un gioco?
«No, lo faccio spesso anche in tour. Quelle spalline le uso da tempo e anche le patatine:l’aria dentro al sacchetto è perfetta per lo scopo. A volte ho usato delle magliette che funzionano, ma non così bene. Ho provato anche con dei calzini, ma sono troppo piccoli e cascano».




















































La scelta di arrivare a piedi all’Ariston?
«Quella camminata con le custodie delle chitarre in mano era la stessa che facevo da ragazzo dall’uscita di scuola alla sala prove cercando di conoscere Filippo, un ragazzo che aveva una Gibson diavoletto».

Funziona in tutte le giurie. Come se lo spiega?
«La prima serata è stata un salto nel vuoto. Ho pensato: e si ricordano solo delle spalline e del trucco bianco? Poi ho pensato che comunque fosse andata ho un una serie di canzoni che sono il mio rifugio. Credo che sia arrivata la parte dolce e romantica della canzone. E credo anche che ci abbia favorito aver suonato dal vivo. Il bello di Sanremo è che proponi una canzone per la prima volta in assoluto a un pubblico enorme facendola dal vivo, la cosa che mi ha sempre salvato».

Però ha dovuto cedere agli in-ear, gli auricolari che i musicisti usano al posto delle vecchie casse spia per sentire cosa sta suonando il resto della band…
«Non ci faccio pace… E infatti credo di non essere riuscito a cantare come si deve. La musica non si può vivere dentro a una bolla, perdi la percezione di quello che fanno gli altri, perdi il pubblico».

Topo Gigio sarà con lei questa sera e farete insieme «Nel blu dipinto di blu».
«Non è una gag. Questo duetto ha un senso musicale: Topo Gigio negli anni Sessanta cantò con Modugno e “Nel blu dipinto di blu” rappresenta la magia di Sanremo. Topo Gigio è un personaggio di fantasia, ma con un’umanità che lo rende più reale di tante persone. Gli vorrei chiedere come fa a non invecchiare mai perché io non voglio invecchiare… ma allo stesso tempo odio gli eterni giovani».

Il palco aiuta?
«Aiuta a distaccarsi dalla quotidianità, sul palco è più facile vivere, ma ammiro chi cresce maturando e non rimanendo un eterno bambino. Bisogna saper cambiare».

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Che duro avrebbe voluto essere?
«Dipende dall’accezione che si dà a quella parola. Mi piace se riferita a chi non scende a compromessi come in musica Randy Newman, Paolo Conte, Bob Dylan, Joni Mitchell o Neil Young».

Oltre al tanto amato palco, c’è anche un disco in arrivo.
«Ripeto: cambiare è importante. Ho cercato di farlo a livello testuale: prima parlavo di persone attraverso il mare, il vento, il sogno… nel disco ho provato a farlo in maniera più diretta».

14 febbraio 2025 ( modifica il 14 febbraio 2025 | 11:53)

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