Da Gucci a Prada, 170mila capi d’abbigliamento “fake” in vendita nei negozi: maxi sequestro della Finanza – Picchio News

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La Guardia di Finanza di Macerata ha portato a termine un’importante operazione contro la contraffazione denominata “Fake Dress”, culminata con il sequestro di circa 170mila articoli e accessori contraffatti in diverse regioni italiane.

L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Macerata, ha consentito di smantellare un’intera filiera illegale dedita alla produzione e alla commercializzazione di capi di abbigliamento falsificati, riportanti i loghi di prestigiosi brand internazionali come Gucci, Louis Vuitton, Prada, Moncler e molti altri. Se immessi sul mercato, questi prodotti avrebbero generato ricavi illeciti per oltre un milione di euro.

I capi di abbigliamento contraffatti, una volta ultimati, venivano spediti mediante i corrieri e posti in vendita sugli scaffali di insospettabili negozi di abbigliamento, dislocati in diverse regioni italiane, e venduti ad ignari clienti finali che pagavano per tali prodotti, spacciati per “prodotti outlet” o “provenienti da stock”, un prezzo leggermente inferiore a quello ufficiale di vendita, stabilito dalle case di moda. I finanzieri del nucleo di Macerata hanno, dunque, scoperto una vera e propria unità produttiva, “parallela” a quella ufficiale. 

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Lo schema era il seguente: si produceva i capi a 25/30 euro, la rivendita ai negozi era fissata intorno ai 60 euro, mentre la vendita finale al cliente vedeva un prezzo triplicato. 

L’attività investigativa ha preso avvio da un controllo di routine presso un outlet della moda di Morrovalle avvenuto nel novembre scorso, dove i militari hanno individuato migliaia di capi recanti marchi contraffatti. Da qui, le indagini si sono estese a livello nazionale attraverso l’analisi di tabulati telefonici, documenti fiscali ed extracontabili, oltre a sofisticate operazioni di Digital Forensics sui dispositivi elettronici degli indagati.

Questi approfondimenti hanno permesso di ricostruire i rapporti commerciali tra le imprese coinvolte e di identificare i locali destinati alla produzione e allo stoccaggio dei prodotti falsificati.

Per smantellare la rete illecita, la Guardia di Finanza ha eseguito 26 perquisizioni in sei regioni italiane, sequestrando ingenti quantità di merce contraffatta, oltre a macchinari industriali utilizzati per la stiratura, la cucitura delle etichette e la realizzazione di ricami. Sono stati rinvenuti anche presse per l’impressione dei loghi, tessuti, macchinari e strumenti impiegati nel ciclo produttivo dei capi falsificati. 

Questi i numeri: circa 170mila articoli tra capi d’abbigliamento, accessori e packaging recanti noti marchi contraffatti, 15 cliché per la riproduzione di noti marchi di alta moda, 2 immobili adibiti ad opifici, 22 macchinari industriali adibiti alla stiratura, cucitura delle etichette, realizzazione di ricami di marchi nonché presse impiegate per imprimerli sugli articoli, etichette raffiguranti loghi di marchi prestigiosi oltre a strumenti utili per l’applicazione di bottoni, un magazzino sito in provincia di Chieti, 100 metri quadrati di tessuto contraffatto, due autovetture, tre telefoni cellulari. 

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Nel corso dell’operazione, sono state iscritte nel registro degli indagati 17 persone (il principale indagato è un grossista abruzzese) per i reati di contraffazione e ricettazione, mentre sette società sono state deferite per responsabilità amministrativa dell’ente. In provincia di Macerata sono indagati tre commercianti: un 72enne di Morrovalle, una coppia di 56 e 59 anni di Potenza Picena. 

Tuttavia, nel rispetto del principio di presunzione di innocenza, la colpevolezza degli indagati sarà definitivamente accertata solo in caso di sentenza irrevocabile. Non sono da escludere ulteriori sviluppi alla vicenda. 

L’operazione “Fake Dress” dimostra l’attenzione della Guardia di Finanza verso il contrasto alle pratiche illecite che danneggiano il tessuto produttivo nazionale e compromettono la competitività delle imprese oneste.

Il fenomeno della contraffazione, infatti, non solo mina l’economia legale, ma rappresenta anche un rischio per i consumatori, spesso ignari della provenienza e della qualità dei prodotti acquistati. Il successo dell’operazione conferma l’importanza del lavoro delle autorità nel garantire la tutela del mercato e della legalità.





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