cos’è la tassa sugli imbarchi e perché fa litigare il governo Schifani con Ryanair

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Cento rotte totali, un miliardo di euro di investimenti nell’Isola, 10 aeromobili e 7,5 milioni di passeggeri. Sono i numeri del piano operativo della compagnia aerea irlandese Ryanair per l’estate 2025 in Sicilia e nei tre principali aeroporti in cui è attiva: Catania, Palermo e Catania. La programmazione è stata ufficializzata oggi non senza polemiche. Oggetto del contendere un invito fatto dall’amministratore delegato di Ryanair, Eddie Wilson, al governo regionale guidato da Renato Schifani. «Purtroppo, l’addizionale municipale regressiva e gli inefficaci bonus voli della giunta regionale siciliana – scrive Wilson – continuano a danneggiare il traffico, i posti di lavoro e la crescita del turismo della regione». L’invito di Wilson è quello di seguire l’esempio della Calabria, dove si starebbe vivendo una «crescita spettacolare grazie all’abolizione dell’addizionale municipale».

Ma cos’è l’addizionale comunale sui voli e perché viene considerata così importante dalla compagnia aerea low cost? Si tratta di una tassa sugli imbarchi, introdotta nella legge finanziaria del 2004, che i passeggeri pagano direttamente nel biglietto e può variare da 6,5 a 9 euro, in base alla città dalla quale si parte. Quella più cara è Venezia mentre MilanoTorinoBolognaCataniaPalermoBari o Cagliari si arresta sulla quota di 6,5 euro. Inizialmente, quando la legge è stata varata, l’addizionale era pari a 1 euro per passeggero imbarcato, poi la somma nel tempo è progressivamente aumentata. A occuparsi della riscossione dalle compagnie aeree sono i gestori di servizi aeroportuali mentre le somme costituiscono fonti di finanziamento per il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale e per la Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali (GIAS). Lo Stato paga, per esempio, la sorveglianza dei vigili del fuoco e altri servizi che garantiscono la sicurezza operativa degli aeroporti. Una piccola parte di questi soldi, invece, entra anche nelle casse dei Comuni. Nel 2023 a Catania sono toccati poco più di 400mila euro mentre 286mila euro sono stati destinati al Comune di Palermo dalle tasse sull’imbarco dei passeggeri che hanno volato dal Falcone-Borsellino. Il monitoraggio complessivo è di competenza del ministero dei Trasporti al quale, entro il 15 di ogni mese, l’Enac (Ente nazionale aviazione civile, ndr) comunica il numero di passeggeri che hanno volato dai vari aeroporti. Bisogna aggiungere anche che da aprile 2025, come previsto dalla manovra economica del governo Meloni, la tassa sugli imbarchi aumenterà di 50 centesimi per i voli extra Unione europea e per i passeggeri che partiranno dai sei aeroporti italiani (c’è anche quello di Catania) con più di 10 milioni di passeggeri di traffico annuo.

Nei mesi scorsi anche Assaeroporti, l’associazione italiana gestori aeroporti, aveva preso posizione contro l’addizionale comunale, chiedendo di ridurla «perché finanzia anche misure estranee al settore». L’amministratore delegato di Ryanair a febbraio 2024 aveva chiesto al governo siciliano di abolire questa tassa, sottolineando di seguire il cosiddetto «modello Friuli Venezia Giulia». In questa Regione, grazie al suo statuto speciale, il governo locale ha deciso di abolirla dal 2024. Ryanair ha colto la palla al balzo rilanciando i propri investimenti sull’aeroporto di Trieste a discapito di quello di Venezia, dove oltre alla tassa sull’imbarco i passeggeri pagano un’imposta di 2,5 euro introdotta dal Comune. Dall’1 agosto dello scorso anno l’addizionale sugli imbarchi è stata abolita anche in Calabria.

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In Sicilia, secondo l’assessore ai Trasporti Alessandro Aricò questo genere di intervento è tuttavia difficilmente realizzabile. L’esponente del governo Schifani ha risposto all’amministratore delegato di Ryanair facendo riferimento ai mancati introiti per la Regione che comporterebbe l’eventuale abolizione della tassa sugli imbarchi. «L’Isola costituisce, di fatto, il terzo polo aereo in Italia – spiega Aricò – Con oltre 23 milioni di passeggeri, che entro la fine di quest’anno supereranno i 26 milioni, l’abolizione dell’imposta avrebbe un impatto sulle casse della Regione di circa 80 milioni di euro». Per Aricò, inoltre, l’abolizione «non inciderebbe sull’abbattimento del prezzo del volo se non per una cifra irrisoria rispetto al costo totale. I grandi sforzi del governo Schifani invece, attraverso il bonus caro voli, favoriscono i viaggiatori in modo concreto, attraverso uno sconto del 25 per cento per tutti i residenti nell’Isola, che raddoppia fino al 50 per cento per le categorie prioritarie».





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