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Dal 26 gennaio 2025, un’intensa sismicità sta avvenendo nell’area a Nord-Est dell’isola greca di Santorini, una delle isole dell’arcipelago delle Cicladi, e in parte sull’isola di Santorini stessa. Quest’area è una delle più attive sismicamente della regione dell’arco vulcanico ellenico, formato dalla collisione tra la placca africana e quella euro-asiatica; gli eventi attuali avvengono lungo la zona di faglia Santorini-Amorgos, che nel 1956 ha dato origine a due terremoti molto forti, rispettivamente di magnitudo 7.1 e 6.9. La sismicità attuale, circa 13mila terremoti avvenuti finora, annovera migliaia di terremoti con magnitudo maggiore di 2, oltre un centinaio di terremoti con magnitudo maggiore di 4 e otto con magnitudo maggiore di 5; con il più forte, di magnitudo 5.3 (5.5 secondo Ingv), avvenuto il 9 febbraio.
La profondità degli eventi è compresa tra 2 e 35 km; la maggior parte di essi ha profondità di circa 10 km. La particolarità di questa sequenza sismica imponente, un tipico ‘sciame’ di terremoti che avvengono principalmente su faglie tettoniche, è che essa presenta una moltitudine di rischi geologici. Se infatti la maggior parte dei terremoti avviene su un complesso di grandi faglie tettoniche, in questa zona ci sono due vulcani: l’isola di Santorini e il vulcano sommerso Kolumbo, otto km circa a NE di Santorini. Santorini, nel 1610 a.C. circa, ha dato origine ad una delle eruzioni più forti avvenute sulla Terra negli ultimi 10mila anni; quell’eruzione fu probabilmente una delle cause maggiori del declino della civiltà minoica, allora fiorente, e per questo probabilmente all’origine del mito di Atlantide.
Santorini però ha dato luogo a molte altre eruzioni in epoca storica, dal 1570 al 1950: eruzioni leggermente esplosive, con fuoriuscita di lava viscosa che ha formato duomi e colate poco estese. Il vulcano sottomarino Kolumbo, invece, con una forte eruzione avvenuta nel 1650 seguita probabilmente da uno tsunami, uccise circa 70 persone. I dati satellitari hanno peraltro evidenziato una leggera deformazione del suolo a Santorini, in particolare un sollevamento nella parte centrale di Nea Kameni, che potrebbe indicare una riattivazione dell’attività vulcanica. Per questo, l’attuale sequenza implica non soltanto un alto rischio sismico, perché essa potrebbe preludere a terremoti molto più forti, come quelli del 1956; ma anche il rischio di una possibile eruzione vulcanica, di Santorini o del Kolumbo, nonché un alto rischio tsunami, che potrebbe essere associato sia ad un forte terremoto tettonico che ad un’eruzione di uno dei due vulcani (specialmente del Kolumbo).
Inoltre, molti fenomeni franosi sono già in atto sull’isola di Santorini a seguito delle scosse più forti, e le autorità hanno vietato l’accesso alle zone più impervie, in particolare sui bordi della caldera.
Questa zona rappresenta quindi un tipico esempio di possibile interazione di eventi catastrofici: sappiamo infatti che eventi tettonici, in particolare forti terremoti, possono destabilizzare le aree vulcaniche vicine fino a provocare eruzioni; e i movimenti di magma, specie le eruzioni, a loro volta, possono innescare terremoti sulle faglie vicine. Entrambi, terremoti o eruzioni, possono provocare frane e, se avvengono in zone marine o costiere, maremoti.
Come finirà questa sequenza sismica non possiamo saperlo, ma è chiaro che uno sciame sismico come questo, che avviene in una zona con grandi faglie tettoniche e con la presenza di vulcani esplosivi, aumenta fortemente sia la probabilità di forti terremoti, fino ad oltre magnitudo 7, sia la probabilità di eruzione dai vulcani vicini. E’ bene sottolineare questo aspetto, perché spesso leggiamo sui media affermazioni che sembrano sminuire l’allerta posta dalle sequenze sismiche di magnitudo bassa o moderata, specialmente in aree tettoniche.
Pochi giorni prima di un forte terremoto in Italia, che fece centinaia di morti, anticipato da uno sciame sismico che durava da mesi, molti media affermarono che lo scarico di energia attraverso terremoti di bassa magnitudo fosse un vantaggio, perché diminuiva la probabilità di un forte terremoto. E’ invece vero esattamente il contrario: i terremoti in natura avvengono con una distribuzione di probabilità che favorisce i terremoti più piccoli e rende meno probabili quelli più forti (legge di Gutemberg-Richter); ma, in ciascuna area, la differenza di probabilità tra terremoti di diverse magnitudo è costante, quindi se aumentano i terremoti di magnitudo minore aumenta anche, proporzionalmente, la probabilità di quelli più forti. Per capire meglio: se un terremoto di magnitudo 6 ha una probabilità di accadere 1000 volte minore di un terremoto di magnitudo 3, se oggi i terremoti di magnitudo 3 aumentano di 1000 volte rispetto al livello di sismicità usuale, dobbiamo cautelativamente pensare che un terremoto di magnitudo 6 abbia oggi la stessa probabilità di quella che aveva un terremoto di magnitudo 3 durante il periodo precedente, con sismicità normale: ossia 1000 volte maggiore di prima.
Questo dovrebbe farci capire che, in un’area con intensi sciami sismici in atto, anche se di bassa magnitudo e specialmente se è un’area in cui possono avvenire forti terremoti, la prima cosa da fare, con la massima urgenza, è verificare la resistenza degli edifici, specialmente quelli strategici (scuole, ospedali, ecc.), ed evacuare quelli fatiscenti.
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